Foto Ansa

il bivio

L'Ue deve decidere se vuole difendere l'Ucraina anche senza Trump. I numeri del sostegno

David Carretta

Pressato da Trump verso un accordo che equivarrebbe alla capitolazione, Zelensky chiede aiuto a Macron, Merz e Starmer. L’Europa respinge il piano americano, ma dopo mesi senza una strategia autonoma rischia di trovarsi costretta a scegliere tra l’onore e la dipendenza dagli Stati Uniti: l'ultimatum scade il 27 novembre

Bruxelles. Per la quarta volta da quando è tornato alla Casa Bianca, i leader europei sono costretti a improvvisare una strategia per cercare di contenere la volontà di Donald Trump di imporre un accordo di pace che equivale a una capitolazione per l’Ucraina. Tenuti all’oscuro dei 28 punti preparati da Steve Witkoff e Kirill Dmitriev, colti di sorpresa dalla fretta di Trump, gli europei hanno mostrato la loro vicinanza a Volodymyr Zelensky e rigettato le condizioni più dure del piano. Ma, se non riusciranno a far cambiare idea a Trump, entro il 27 novembre dovranno rispondere alla domanda che cercano di evitare da febbraio: sono pronti a sostenere l’Ucraina senza gli Stati Uniti per evitare la capitolazione di Kyiv e dell’Europa?

La pressione di Trump su Zelensky è drammatica. L’Ucraina è di fronte a “uno dei momenti più difficili della nostra storia”, ha detto Zelensky. In mattinata si è consultato con Emmanuel Macron, Friedrich Merz e Keir Starmer, i leader dei tre principali paesi europei. Il loro messaggio è sempre lo stesso. “Ogni soluzione deve implicare pienamente l’Ucraina”, ha spiegato l’Eliseo. Francia, Germania e Regno Unito hanno “riaffermato che tutte le decisioni che hanno implicazioni per gli interessi dell’Europa e della Nato necessitano del sostegno congiunto e del consenso dei partner europei”. Il portavoce di Merz, Stefan Kornelius, ha detto che l’attuale linea del fronte deve essere “il punto di partenza” dei negoziati. Tradotto: “No” al ritiro ucraino dal Donbas che la Russia non ha conquistato militarmente, come imposto dal piano Witkoff-Dmitriev. “L’esercito ucraino deve rimanere in grado di difendersi da solo”, ha aggiunto il portavoce di Merz. Tradotto: “No” alla riduzione a 600 mila unità delle Forze armate di Kyiv e a limiti agli armamenti, come imposto dal piano Witkoff-Dmitriev. I leader europei che hanno l’attenzione di Trump hanno ricominciato la loro campagna di persuasione. Molti di loro sono in Sudafrica per il vertice del G20 boicottato dal presidente americano. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha promesso una telefonata con Trump. Il presidente finlandese, Alexander Stubb, e il segretario generale della Nato, Mark Rutte, si muoveranno. Gli europei stanno anche lavorando con Zelensky agli emendamenti al piano in 28 punti.

“L’Ucraina potrebbe affrontare una scelta difficilissima: o perdere la dignità o perdere un alleato chiave”, ha detto Zelensky. Lo stesso dilemma si pone agli europei. Per loro è ancor più difficile per il fatto che non hanno utilizzato il tempo per prepararsi a fare da soli sull’Ucraina. A febbraio, dopo lo scontro tra Trump e Zelensky alla Casa Bianca, i leader europei erano riusciti a limitare i danni assecondando il gioco di Trump. Hanno accettato il principio di un accordo di pace immediato, hanno acconsentito all’obiettivo del 5 per cento di spesa per la difesa nella Nato e si sono piegati a un accordo sui dazi al 15 per cento. Ad agosto, quando Trump ha steso il tappeto rosso a Vladimir Putin in Alaska, sette leader europei sono volati a Washington per proteggere Zelensky da una pace ingiusta, promettendo di pagare per le armi comprate dagli Stati Uniti. A metà ottobre, quando è stato annunciato il summit a Budapest tra Trump e Putin, a seguito di una telefonata tra i due attorno a un altro piano preparato da Witkoff e Dmitriev, gli europei sono stati salvati dall’imperizia del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che ha fatto saltare il vertice, ribadendo il “no” a un cessate il fuoco senza capitolazione.

 

In nove mesi, anziché prepararsi a fare da soli senza gli Stati Uniti, gli europei hanno speso tempo, risorse e onore per cercare di riportare Trump dalla loro parte. Ogni volta che ci sono riusciti, poi hanno immediatamente perso il senso di urgenza. Le difficoltà a concordare un prestito di riparazione per l’Ucraina da 140 miliardi di euro, finanziato con gli attivi sovrani russi congelati, dimostrano che non tutti i leader dell’Ue sono pronti a fare “tutto quanto è necessario”. Solo un gruppo di paesi – la Germania, i nordici e i baltici – si è fatto carico di gran parte del peso finanziario del sostegno all’Ucraina. La Francia ha i suoi problemi di bilancio. La Polonia è più concentrata sul rafforzamento della sua difesa di fronte alla minaccia russa che sull’aiuto all’Ucraina. Solo 13 paesi su 19 hanno deciso di usare Safe, lo strumento di prestito del piano di riarmo dell’Ue, a favore dell’Ucraina. La coalizione dei volenterosi è rimasta sulla carta. Lo scudo aereo per proteggere i cieli ucraini non si è mai concretizzato. Sono tutti segnali di mancanza di determinazione degli europei. L’ultimatum che Trump ha fissato al 27 novembre vale anche per l’Europa.

Di più su questi argomenti: