nel regno unito
Il governo Starmer cede con Pechino e approva la mega ambasciata
Londra si prepara ad approvare la nuova sede diplomatica cinese nella capitale, alla Royal Mint, nonostante pressioni, minacce e un crescente allarme sulla penetrazione di Pechino nel sistema politico britannico
Nel giro di un paio di settimane il governo di Keir Starmer approverà in via definitiva il controverso progetto della nuova mega ambasciata cinese a Londra. Secondo il Times, Whitehall avrebbe ricevuto il via libera dalle due principali agenzie d’intelligence del Regno Unito, l’MI5 e l’MI6, a patto che l’esecutivo imponga dei perimetri di sicurezza a Pechino. La sede diplomatica della Repubblica popolare cinese sarà ufficialmente spostata, dunque, nel compound che era della Royal Mint, di fronte alla Torre di Londra e in uno dei luoghi più sensibili dal punto di vista dei potenziali rischi: nei suoi sotterranei passa una vasta rete di cavi in fibra ottica per le telecomunicazioni verso gli istituti finanziari della City di Londra. Per molti osservatori, il via libera di Starmer è simile a una capitolazione alle richieste (e ai ricatti) di Pechino: a gennaio il primo ministro dovrebbe fare una visita di stato in Cina, la prima di un leader britannico dal 2018. E così la spaccatura fra i governi occidentali che tentano di compiacere la Cina – considerata una potenza con cui dialogare obtorto collo – e quelli che la considerano al pari della Russia di Putin si approfondisce.
Ieri, aprendo a Bruxelles il quarto Forum ministeriale tra Ue e paesi dell’Indo-Pacifico, l’Alto rappresentante Kaja Kallas ha detto che “questo teatro di guerra non è limitato all’Europa”, ma è collegato anche alla regione asiatica “in virtù delle truppe, delle armi e delle munizioni provenienti dalla Corea del nord e dirette in Russia”, ma non solo. La Cina, sebbene si dichiari neutrale, non lo è: “Le sue esportazioni di prodotti a duplice uso alimentano la guerra russa. Inoltre, Cina e Russia collaborano per riformare l’ordine economico e di sicurezza globale”. Il giorno prima, intervistata da Bloomberg, Kallas aveva detto che i legami economici dell’Ue con la Cina limitano la capacità dei paesi europei di fare pressioni su Pechino relativamente alla guerra della Russia contro l’Ucraina. Se il problema “è che non stiamo agendo uniti”, sostiene Kallas, allora la soluzione potrebbe essere “una sorta di alleanza economica basata sull’Articolo 5 (della Nato)”. Eppure il meccanismo anticoercizione, a disposizione dell’Ue, non è stato ancora mai usato.
La paura di ritorsioni economiche sarebbe anche alla base della strategia di Keir Starmer nel Regno Unito. Pechino ha acquistato l’area della Royal Mint nel 2018 per 255 milioni di sterline, ma poi il progetto di trasloco dell’ambasciata era stato più volte rimandato – l’ultima volta ad agosto, quando il governo di Londra aveva ritenuto poco trasparenti le planimetrie consegnate dai funzionari cinesi che avevano diverse aree oscurate “per ragioni di sicurezza”. Il mese scorso il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian aveva usato parole piuttosto dure, chiedendo al governo inglese di “adempiere immediatamente ai propri obblighi... altrimenti la parte britannica si assumerà tutte le conseguenze”.
Negli ultimi mesi il rapporto fra la Cina e il Regno Unito è stato oggetto di numerose critiche legate a vicende collegate fra loro: due mesi fa il processo contro Christopher Cash, un ex ricercatore parlamentare, e Christopher Berry, accusati di spionaggio per conto della Repubblica popolare in Gran Bretagna, è stato abbandonato perché agli inquirenti è mancato un “elemento critico” per sostenere il procedimento, e cioè la definizione della Cina come una minaccia alla sicurezza nazionale. E’ anche per questo che parte della politica britannica accusa l’esecutivo di prendere tempo sulla pubblicazione della maxirevisione della politica di Londra verso Pechino, un documento che è considerato cruciale per capire quanto il Regno Unito intenda davvero irrigidire la sua postura. Non solo: neanche una settimana fa l’MI5 ha fatto circolare un’allerta a Westminster. Secondo la nota, funzionari del servizio segreto cinese, noti all’intelligence, starebbero cercando di penetrare il “sistema democratico del Regno Unito” tra il Parlamento e i suoi collaboratori usando “cacciatori di teste” su LinkedIn per proporre “incarichi di ricerca” retribuiti. Gli incarichi di ricerca sarebbero in realtà informazioni “che sembrano di basso livello”, ma nella pesca a strascico dell’intelligence cinese tutto può essere utile, anche “nel tentativo di costruire un rapporto e incoraggiare il bersaglio ad accedere a informazioni sensibili non pubbliche più rilevanti”, scrive l’MI5. Il tempismo dell’allerta dei servizi, secondo i media inglesi, non è casuale, e ha a che fare con i due ricercatori che non sono stati processati e con la politica del governo Starmer con la Cina.