I tre fronti di Mosca in Polonia: sabotaggi, scontri e disinformazione

Micol Flammini

L’attacco alle ferrovie polacche è contro i treni che portano persone e aiuti a Kyiv. Il fatto e i precedenti

Fermare i treni polacchi, soprattutto quelli che si muovono verso est, quindi verso l’Ucraina, sarebbe stata una vasta operazione contro Kyiv e contro Varsavia, capace di destabilizzare non soltanto la Polonia, ma anche il sostegno polacco agli ucraini, che si muove proprio lungo quei binari che alcuni atti di sabotaggio hanno cercato di far saltare domenica scorsa. In un giorno, sulla tratta che da Varsavia va verso Lublino, sono state annotate almeno tre azioni ostili. Tutto è partito dalla segnalazione di un macchinista che, all’altezza del villaggio di Mika, ha visto una buca fra le rotaie: era esploso un ordigno e aveva aperto una voragine. L’esplosione è avvenuta senza incidenti, ma avrebbe potuto essere mortale se soltanto un treno fosse passato nell’istante esatto in cui l’ordigno, collegato a un lungo cavo elettrico che conduce a un parcheggio nelle vicinanze, era programmato per esplodere. Oppure, se il macchinista non avesse notato la voragine e fosse andato avanti, il treno avrebbe deragliato.

 

Lungo la stessa linea sono stati trovati altri segnali inquietanti che insieme ricostruiscono la storia di un tentato sabotaggio ai danni delle ferrovie della Polonia. Il primo a usare la parola “sabotaggio” è stato il premier polacco Donald Tusk, che è andato assieme alla polizia e ai servizi di sicurezza a visitare il luogo dell’esplosione. E’ stato sempre il primo ministro a dire che l’esplosione era destinata a far saltare in aria un treno sulla tratta Varsavia-Deblin. L’atto di sabotaggio non era isolato, secondo i resoconti di alcuni media polacchi, solitamente affidabili, un secondo atto di sabotaggio si è verificato nei pressi di Pulawy, sempre in direzione di Lublino, dove le linee sono state danneggiate e un treno ha dovuto effettuare una frenata di emergenza: a bordo viaggiavano più di quattrocento persone. Non distante, sono stati ritrovati una placca di metallo imbullonata sulla rotaia e un telefono attaccato ai binari.

 

Donald Tusk ha sottolineato che la strada che da Varsavia porta a Lublino è percorsa da molti treni che dalla Polonia portano in Ucraina, con a bordo aiuti di vario genere e passeggeri da tutto il mondo: è la tratta su cui, per esempio, si muovono i giornalisti ma anche i politici della maggior parte delle nazioni europee che vanno in visita a Kyiv.  Non si tratta del primo atto di sabotaggio che la Polonia subisce dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, ma questa volta il livello della minaccia era maggiore rispetto alle precedenti esplosioni di quadri elettrici o tagli dei cavi che anche in passato hanno paralizzato le ferrovie della Polonia. Questa volta l’attacco era destinato a causare un grande disastro, generare un profondo senso di insicurezza per i polacchi e per tutti coloro che usano la via polacca per entrare in Ucraina. 

  
Dal 2022, la Polonia si è trovata a essere a un passo dal fronte, non a caso i suoi ministri si affannano a ripetere che l’invasione di Putin va fermata, Kyiv va sostenuta, perché dopo l’Ucraina, ci sarà Varsavia, quindi l’Unione europea e la Nato. All’inizio della guerra russa, il messaggio era cristallino e condiviso da tutto lo spettro politico polacco, poi le divisioni interne hanno creato delle sbavature e infatti le reazioni della politica, anziché essere compatte, si sono perse in accuse reciproche, alla ricerca di un colpevole più concreto da inserire nell’ambito delle dinamiche  interne. L’ex partito di governo, il PiS, si è affrettato a dire che la colpa era dell’attuale maggioranza e per la prima volta un partito che lambisce il 15 per cento dei consensi, Konfederacja, ha accusato non i russi, ma gli ucraini di voler bloccare le ferrovie del paese. Non era un’accusa nata da sola, la propaganda di Mosca, infatti, si è agitata molto per vendere la storia degli attacchi ucraini, collegandola all’esplosione del gasdotto Nord Stream 2 per cui sono indagate persone interne alle Forze armate dell’Ucraina e due sospetti sono attualmente detenuti in Polonia e in Italia. 

   
La Polonia è fragile politicamente e si trova in una posizione sensibile. E’ uno snodo cruciale per il sostegno a Kyiv: se salta, gli aiuti e le comunicazioni dell’Ucraina ne risentirebbero in modo pesante. Dal 2022 sono state arrestate più di cinquanta persone con l’accusa di organizzare atti di sabotaggio contro infrastrutture critiche e militari, otto sono gli arresti soltanto nel mese di ottobre. Quattordici cittadini di Russia, Bielorussia e Ucraina sono stati condannati per spionaggio. I servizi di sicurezza interni di Varsavia (Abw) hanno tenuto d’occhio ogni minaccia, sia interna sia esterna, riuscendo a bloccare ogni tipo di attacco. La Polonia è l’unico paese dell’Ue ad avere avuto due vittime come conseguenza diretta della guerra della Russia contro l’Ucraina, quando nel novembre di tre anni  fa, due operai vennero uccisi da un missile a Przewodow: si trattava di contraerea ucraina per bloccare uno dei forti attacchi combinati di missili e droni lanciati da Mosca. I detriti delle armi russe sono più volte finiti sul territorio della Polonia, fino alla provocazione diretta, iniziata a settembre di quest’anno, quando Mosca ha  iniziato a mandare i suoi droni per  studiare  la reazione di Varsavia. I caccia polacchi si alzano in volo quasi a ogni attacco della Russia contro l’Ucraina, temendo sconfinamenti. Il confine è così lungo e così teso che la Polonia è la prima nazione a sentire la guerra con tanta forza, ma da un paio di anni i danni si incuneano in una crisi di politica interna che  ha sullo sfondo la solidarietà con Kyiv, contro la quale Mosca ha lavorato con il cesello, pazientemente, per smontare il sostegno coriaceo dei polacchi per l’Ucraina. I fronti che la Russia ha aperto contro la Polonia sono tre: i sabotaggi, gli scontri diretti e la propaganda. 

  
Non è solo Varsavia a subire le minacce di Mosca, tutta l’Europa, in modo particolare i paesi lungo il confine con l’Ucraina o con la Russia, ha visto il suo concetto di difesa stravolto. Ieri, a causa di un attacco di droni russi, una nave cisterna carica di gas ha preso fuoco sul Danubio, nella zona di Izmail, non lontano dal territorio della Nato. Il centro abitato più vicino è un villaggio romeno chiamato Plauru: è stata evacuata ogni casa, se la nave battente bandiera turca dovesse esplodere, le conseguenze sarebbero devastanti. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)