Israele deve decidere cosa fare con i duecento di Hamas oltre la linea gialla

Micol Flammini

L'offerta è: un passaggio sicuro nell'altra parte della Striscia se il gruppo accetta il disarmo

Ieri il presidente Isaac Herzog ha partecipato alla commemorazione per la morte del primo ministro Yitzahk Rabin, ucciso trent’anni fa da uno studente estremista contrario al processo di pace con i palestinesi. Herzog ha detto “Lo stato è ancora una volta sull’orlo dell’abisso”. Pesano le divisioni interne e pesa la fragilità della situazione a Gaza.  Israele si trova in questi giorni di fronte a una scelta: oltre la linea gialla, che divide la Striscia in due, da una parte controllata da Tsahal dall’altra di Hamas, sono rimasti duecento terroristi che chiedono un passaggio sicuro per tornare nella parte di Gaza nelle mani del loro gruppo. Tra i duecento terroristi ci sono probabilmente anche i miliziani che  hanno organizzato gli attacchi contro i soldati di Israele, violando il cessate il fuoco. Il governo israeliano deve decidere se dare a Hamas la possibilità di riavere sani e salvi i suoi  combattenti, che si stanno nascondendo in parti di tunnel nella zona di Rafah. Gli Stati Uniti avevano annunciato che avrebbero aiutato i terroristi a uscire in sicurezza, ma ora la decisione spetta a Israele che è pronta ad accettare a una condizione: i miliziani avranno le garanzie di sicurezza se Hamas accetta il disarmo.  Dentro allo stato ebraico sono giorni di decisioni da prendere e di lotte interne.  Herzog ha parlato di divisioni e il caso della procuratrice dell’esercito Yifat Tomer-Yerushalmi, arrestata per aver autorizzato la diffusione di filmati in cui soldati israeliani abusavano un prigioniero palestinese nel carcere di Sde Teiman, è oggi al centro di questo strazio interno al paese. La procuratrice ha ammesso di aver autorizzato la diffusione del video  perché i princìpi di legalità e trasparenza dentro Tsahal non venissero messi in discussione. Le reazioni della politica sono state forti. 

 
Le commemorazioni per l’uccisione di Rabin in questo momento per Israele si stanno caricando di significati simbolici, continui rimandi fra il passato e il futuro della giovane storia dello stato ebraico. 

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  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)