 
                Trump atomico. Un messaggio a Mosca e Pechino
Perché è difficile pensare a nuovi test nel Pacifico, e pure in Nevada
L’annuncio a sorpresa del presidente americano su Truth sui nuovi possibili test atomici riapre la partita della deterrenza nucleare. Mosca minaccia di uscire dal trattato del 1996, mentre a Pechino il segnale è più inquietante. Il problema dei siti e le diverse interpretazioni sugli esperimenti
La notizia di un possibile ritorno ai test nucleari dell’America deve aver sorpreso non poco la delegazione cinese mentre viaggiava verso l’aeroporto internazionale di Busan-Gimhae, dove poco dopo avrebbe dovuto incontrare la controparte americana. Secondo quanto riportato dal Washington Post, il presidente americano Donald Trump ha scritto il suo messaggio a sorpresa su Truth mentre si spostava verso il luogo dell’incontro in elicottero da Gyeongju: “Ho dato istruzione al dipartimento della Guerra di iniziare a testare le nostre armi nucleari”, ha scritto Trump.
A dire la verità, la dichiarazione del capo della Casa Bianca ha sorpreso anche molti funzionari del dipartimento della Difesa, che ora si chiama dipartimento della Guerra. Senza elaborare oltre – anche nelle ore successive, la Casa Bianca è stata piuttosto evasiva sul significato delle parole del presidente, segnale che forse non tutta la catena di comando era stata avvisata – Trump ha detto che “gli Stati Uniti possiedono più armi nucleari di qualsiasi altro paese” (un’affermazione falsa anche secondo i rilevamenti della sua intelligence, che ripete spesso che la Russia avrebbe 4.380 testate, numero superiore alle 3.748 degli Stati Uniti). Ma per il presidente americano “questo risultato”, ha scritto nello stesso messaggio, “che include anche un completo aggiornamento e una ristrutturazione delle armi già esistenti, è stato raggiunto durante il mio primo mandato alla Casa Bianca. A causa dell’enorme potere distruttivo di queste armi, ho ODIATO doverlo fare, ma non avevo scelta! La Russia è seconda, e la Cina è molto più indietro, ma ci raggiungerà entro cinque anni”, e dunque è il momento, secondo Trump, di mostrare i muscoli. Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, ha dichiarato alle agenzie russe di sperare che Trump sia stato “correttamente informato” sui test russi più recenti – domenica scorsa quello del missile da crociera nucleare Burevestnik, e l’altro ieri il missile sottomarino a propulsione e capacità nucleare Poseidon – “perché certamente non possono essere considerati test nucleari veri e propri”. Ma Peskov ha avvertito che se un paese si ritirerà di fatto dal Trattato per la messa al bando completa dei test nucleari firmato nel 1996, allora anche la Russia lo farà. Una simile escalation, ha scritto ieri il Washington Post, “potrebbe compromettere le recenti iniziative di Trump volte a consolidare la sua immagine di ‘presidente di pace’”. Ma il messaggio politico di deterrenza del capo della Casa Bianca sembra abbastanza chiaro, ed è stato recepito anche a Pechino, la potenza che negli ultimi dieci anni ha sviluppato di più e ampliato il suo sistema offensivo nucleare, e potrebbe superare le mille testate entro il 2030.
Del resto, ci sono molti dubbi sulla dichiarazione di Trump. Non è chiaro, per esempio, a quale tipo di test si riferisca esattamente, se parla di esperimenti esplosivi di testate nucleari, oppure più probabilmente di test di missili o di altri sistemi d’arma equipaggiati con armi nucleari. Il primo caso è il più complicato, e forse perfino meno utile politicamente: ieri diversi esperti in proliferazione nucleare facevano notare che per riattivare la defunta struttura sotterranea del Nevada, il Nevada National Security Site dove è stato effettuato anche l’ultimo test atomico americano il 23 settembre del 1992, ci vorrebbe almeno un anno e mezzo. Situato a un centinaio di chilometri a nord-ovest di Las Vegas, secondo diversi commentatori sarebbe un problema non solo tecnico ed economico, ma anche di opinione pubblica, perché nessuno vuole un esperimento atomico sotto ai suoi piedi. Non solo: c’è un grosso problema di testate. Solo tre giorni fa Alicia Inez Guzmán ha firmato sul New York Times una lunga inchiesta sulle ambizioni nucleari dell’Amministrazione Trump: il problema riguarda un luogo, il Los Alamos National Laboratory dove i tecnici cercano di star dietro alle richieste del dipartimento dell’Energia americano di aumentare il numero di Bombe. La National Nuclear Security Administration, che garantisce a livello federale la produzione costante di armi nucleari per gli Stati Uniti, fa parte del dipartimento dell’Energia. L’intera industria avrebbe bisogno di miglioramenti e sistemi più nuovi e sicuri, ma quando si tratta di nucleare e materiale radioattivo, scrive Guzmán, non è così facile. Dopo la chiusura nel 1992 del Rocky Flats Plant in Colorado, “che per decenni aveva prodotto i nuclei di plutonio” per le Bombe americane, “Los Alamos era una soluzione temporanea”, che più di trent’anni dopo è ancora l’unica definitiva.
 
                 
                             
                                