I nuovi che avanzano
Cos'è JA21, il partito più a destra di Wilders che rischia di fare da ago della bilancia in Olanda
Nei Pesi Bassi una delle sorprese elettorali è quest’ennesimo contenitore di sovranismo, visto con inconsueta curiosità anche dai partiti liberali che dovranno formare il prossimo governo
È il fascino dell’estremo. I Paesi Bassi stanno uscendo dall’esecutivo più a destra della loro storia, formato e nel giro di un anno affossato attorno alla figura di Geert Wilders. Alle elezioni del 29 ottobre, il suo Pvv infatti ha perso consenso. Chi gliel’ha rosicchiato è soprattutto un’altra formazione politica, ancora più a destra, che in questi ultimi mesi è cresciuta a vista d’occhio. Si chiama JA21 – acronimo di Juiste Antwoord 2021, “risposta corretta” –, nei suoi pochi anni di vita ha avuto risultati da zero virgola e mercoledì scorso invece ha sfiorato il 6 per cento. Diventando così un potenziale ago della bilancia in fase di successive alleanze e consultazioni – da sempre questione lunga e intricata nella cosa pubblica olandese.
Il messaggio agli elettori di JA21 è facile da capire: “Noi siamo l’unica vera destra, Wilders non sa mantenere le promesse e ha sprecato la sua grande occasione”, da regista di un governo fragile e immobilista. Nel microcosmo ultraconservatore, JA21 era nato staccandosi dal Forum per la Democrazia di Thierry Baudet – altro santone del sovranismo olandese – e va martellando sui consueti cavalli di battaglia: pugno di ferro sull’immigrazione, tagli sull’assistenza sociale, contrasto all’ideologia woke, emancipazione da Bruxelles, comprovato supporto a Israele in politica estera. Il suo leader è il 54enne Joost Eerdmans, cresciuto sotto l’ala di Pim Fortuyn – profilo dalle posizioni polarizzanti, assassinato nel 2002 in una buia pagina di storia olandese – del quale si considera “il solo erede in Parlamento”. E attraverso queste rivendicazioni di unicità, JA21 sta cavalcando così l’ondata di delusione che persiste fra i cittadini dopo i mancati traguardi dell’esecutivo Schoof – e che più di qualcuno, anche a destra, imputa a Wilders.
Il paradosso? Ultimamente JA21 è visto con inusuale interesse anche dai partiti centristi e liberali, che urne alla mano saranno incaricati di formare una coalizione di governo. Perché in fatto di politica fiscale e austerità sulla spesa pubblica denota una certa convergenza. E rispetto al fanatismo del Pvv, alle sue battaglie anti-islamiche, Eerdmans e i suoi optano per toni più miti nel dibattito nazionale: anche la presentabilità conta. È curiosa in questo senso l’apertura che Rob Jetten, il gran vincitore di questa tornata, aveva considerato alla vigilia del voto: “Un’alleanza con JA21? Mai dire mai. Escludiamo categoricamente soltanto Wilders e Baudet: ciò che ho trovato interessante di Eerdmans negli ultimi anni è il suo entusiasmo nella lotta contro l’aumento dell’Iva e i tagli all’istruzione”. Se non una mano tesa, poco ci manca. E arriva da uno dei partiti più europeisti e istituzionali della Tweede Kamer, con Jetten pronto a raccogliere l’eredità di Rutte e con la responsabilità di trovare i numeri per arrivare alla maggioranza. Da solo infatti, il blocco moderato – D66, Cda e Vvd – non basta. Serve necessariamente una quarta gamba: e se non saranno i socialdemocratici – prospettiva invisa soprattutto a Dilan Yesilgoz –, guardandosi attorno non restano molte altre alternative.
Così succede che JA21 si ritrova all’improvviso con l’immagine dell’interlocutore credibile. Certo non il partner di coalizione ideale, ma quello con cui si può scendere a patti. I nove seggi conquistati alle urne sono un record, e soprattutto un ghiotto bottino che conferisce all’ormai sesto partito del paese un notevole potere contrattuale. Eerdmans, in precario equilibrio fra rabbia sociale e liberalismo economico, sa di aver sottratto voti anche ai centristi. Non chiude loro la porta e ora aspetta una chiamata. Potrebbe anche non arrivare mai, ma prima di escluderlo Jetten dovrà pensarci a fondo. E già questa, per l’alter ego di Wilders, è una vittoria mica da poco.