Cessate la tregua

Israele risponde con le bombe alle violazioni di Hamas

Micol Flammini

Netanyahu annuncia i bombardamenti dopo la mancata restituzione dei corpi degli ostaggi e gli attacchi dei terroristi contro i soldati israeliani. C'è un grande non detto nel piano Trump: chi si occuperà di disarmare il gruppo della Striscia? Le responsabilità che Giordania ed Egitto non vogliono

Tsahal ha bombardato nella Striscia di Gaza. Sono trascorse due settimane dallo scadere dell’ultimatum di Donald Trump per la restituzione degli ostaggi vivi e morti detenuti da Hamas e, in queste due settimane, i terroristi non hanno ancora restituito i corpi di tredici rapiti e  per due volte hanno attaccato i soldati israeliani nella zona di Rafah. Il 53 per cento della Striscia  è controllato da Tsahal. Il restante 47 per cento è controllato dai terroristi di Hamas. Secondo l’accordo che le due parti hanno raggiunto per arrivare al cessate il fuoco, di Hamas non deve rimanere traccia a Gaza. 

Sempre secondo l’accordo, se Hamas non rispetta i termini pattuiti, la ricostruzione di Gaza può intanto ripartire nella parte controllata da Israele, il restante 47 per cento rimarrebbe quindi nelle mani dei terroristi, un coltello puntato contro l’altra metà di Gaza e contro Israele. Hamas ha fatto capire dal secondo giorno del cessate il fuoco di avere intenzione di rendere l’accordo il più fragile possibile: ha ritardato la consegna dei corpi degli ostaggi morti e per due volte, i terroristi hanno usato i tunnel nella zona di Rafah, sotto il controllo di Tsahal, per effettuare attacchi contro l’esercito. Rafah si trova dentro la linea gialla, che delimita la zona in cui opera l’esercito israeliano e dalla quale Israele dovrà iniziare a ritirarsi se la seconda fase del piano elaborato dall’Amministrazione Trump dovesse mai partire. Per due volte i terroristi sono spuntati dai tunnel e hanno attaccato i soldati, la prima volta ne hanno uccisi due e  Israele ha risposto colpendo alcune postazioni di Hamas. Oggi, c’è stato il secondo attacco da parte dei terroristi che hanno sparato missili anticarro. L’assalto ha cambiato le priorità della riunione di sicurezza convocata dal primo ministro Benjamin Netanyahu per parlare della risposta alla mancata restituzione dei corpi degli ostaggi. Netanyahu aveva chiesto a Tsahal di mettere in fila una serie di risposte per fare pressione sui terroristi da condividere poi con la controparte americana. Lunedì Hamas aveva annunciato la restituzione dei resti di un rapito, ormai parlare di corpi è sempre più raro. Le famiglie di chi è ancora intrappolato a Gaza hanno atteso per tutta la notte che ne venisse annunciata l’identità: i medici hanno confermato che si trattava di un israeliano, ma dei resti di Ofir Tzarfati   in parte erano già stati  recuperati dall’esercito nel 2023. Israele ha condiviso con gli Stati Uniti le informazioni di intelligence sulla posizione dei corpi di alcuni ostaggi, è convinto che Hamas stia soltanto estendendo la prima fase del piano per non affrontare le conseguenze del suo mancato disarmo. Israele ha messo in fila le violazioni dell’accordo da parte dei terroristi e oggi ha risposto: Netanyahu dopo la riunione di  sicurezza ha ordinato “pesanti bombardamenti”, che sono stati condotti nella Striscia immediatamente dopo l’annuncio del premier. 

Almeno duecento soldati americani sono di stanza in Israele, a Kiryat Gat, in una struttura per coordinare aiuti e sicurezza dentro la Striscia, hanno supervisionato i bombardamenti, che sono avvenuti senza però che Netanyahu consultasse direttamente il presidente americano Donald Trump, che  in queste ore si trova in Asia. 

Dall’inizio dell’accordo è sempre rimasto chiaro un punto: la coalizione che Trump ha messo insieme per costruire il futuro di Gaza non ha mezzi per contenere Hamas. Non ci sono forze di polizia pronte a entrare nella Striscia e disarmare i terroristi che non hanno intenzione di cedere né le armi né il potere. Lo ha detto chiaramente il re di Giordania Abdallah, parlando con la Bbc: “Qual è il mandato delle forze di sicurezza all’interno di Gaza? Speriamo che sia il mantenimento della pace, perché se si tratta di imporre la pace, nessuno vorrà eseguirlo… Mantenere la pace significa sostenere le forze di polizia locali, i palestinesi che Giordania ed Egitto sono disposti ad addestrare in gran numero, ma questo richiede tempo”. La Giordania non vuole intervenire militarmente contro Hamas, nemmeno l’Egitto è disposto a farlo. Gli Stati Uniti hanno chiarito che non entreranno con i soldati dentro Gaza. Hamas sta eliminando gli oppositori che forse potrebbero far parte di forze di polizia palestinesi. Andando a esclusione, il non detto di tutto l’accordo sostenuto da americani e da una grande coalizione di paesi arabi è che il peso del disarmo di Hamas spetterà a Israele.    
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)