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Bruxelles

L'Ue sull'Ucraina ricomincia da capo: non fa abbastanza e teme Trump

David Carretta

Pronto il diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia per riportare gli Stati Uniti dalla parte di Kyiv dopo la telefonata con Putin. Ma restano altri nodi da sciogliere: dal prestito di riparazione agli aiuti militari, fino al veto che può esercitare Orban

Bruxelles. Mostrare solidarietà e sostegno a Volodymyr Zelensky, accelerare sulle nuove sanzioni contro la Russia e i prestiti finanziari per Kyiv, ma senza contraddire o irritare Donald Trump: gli alleati europei dell’Ucraina sono di nuovo costretti a un difficile esercizio di equilibrismo, nel momento in cui scoprono di essersi nuovamente illusi sul presidente americano. La telefonata di Trump con Vladimir Putin di giovedì 16 ottobre e il suo incontro con Zelensky del giorno successivo hanno portato all’esito peggiore: il presidente americano ha cambiato di nuovo campo ed è tornato a mettere la pressione su Kyiv per accettare un accordo che equivarrebbe a una capitolazione. “Penso che il presidente Trump sia sincero nel volere porre fine a questa guerra”, ma “chi non vuole porre fine alla guerra è la Russia”, ha detto ieri l’Alto rappresentante, Kaja Kallas, al termine di una riunione con i ministri degli Esteri dell’Ue.

 

Kallas ha annunciato che questa settimana sarà approvato il diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, malgrado ci sia ancora una riserva della Slovacchia, e ha promesso di iniziare a lavorare al ventesimo pacchetto. L’Alto rappresentante ha spiegato che c’è anche ampio sostegno per un “prestito di riparazione” da 140 miliardi di euro per l’Ucraina, utilizzando gli attivi sovrani russi congelati con le sanzioni. La decisione politica dovrebbe arrivare dai capi di stato e governo al Consiglio europeo di giovedì, a cui potrebbe partecipare anche Zelensky. Il giorno successivo, Keir Starmer e Emmanuel Macron dovrebbero presiedere una riunione della coalizione dei volenterosi, che ha promesso di dispiegare una forza di rassicurazione in Ucraina in caso di cessate il fuoco o accordo di pace. Il copione dell’Ue è molto simile a quello utilizzato dopo l’umiliazione subita da Zelensky alla Casa Bianca in febbraio e dopo il vertice bilaterale tra Trump e Putin a Ferragosto in Alaska. L’obiettivo è riportare Trump dalla parte dell’Ucraina, o almeno a una posizione equidistante, convincendo il presidente americano che il leader russo lo sta ingannando e mostrando che l’Europa è pronta a sostenere l’Ucraina fino in fondo.

 

Le critiche a Trump sono mascherate dietro formule diplomatiche. “Nessuno di noi dovrebbe fare pressione su Zelensky quando si tratta di concessioni territoriali”, ha detto il premier polacco, Donald Tusk: “Dovremmo fare tutti pressione sulla Russia perché cessi la sua aggressione. L’appeasement non è mai stata la via verso una pace giusta e duratura”.  Ieri il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha detto che “la posizione della Russia non cambia” sul congelamento della linea del fronte chiesto da Trump. Peskov ha anche spiegato che “ci sono ancora molti compiti a casa da fare” prima del vertice di Budapest. Tuttavia è improbabile che questo basti agli europei per riportare Trump sulla loro linea. La grande agitazione europea seguita al ritorno di Trump nelle braccia del leader russo è motivata dal pericolo di vedere interrompere un sostegno anche minimo degli Stati Uniti, come gli acquisti di armi per l’Ucraina o la fornitura dell’intelligence.

 

Ma è anche una dimostrazione di quanto tempo sia stato sprecato dagli europei puntando sulla benevolenza americana, invece di fare da soli per rafforzare la posizione di Kyiv. Per tre anni la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha rifiutato di usare gli attivi congelati russi perché la Germania era contraria. Ora che Friedrich Merz ha dato il via libera, von der Leyen ha presentato un progetto  molto difficile da realizzare sul piano politico, giuridico e finanziario. Se il “prestito di riparazione” non sarà approvato entro la fine dell’anno, l’Ucraina si troverà davanti al precipizio di un default. La Francia ha chiesto che il ventesimo pacchetto di sanzioni prenda di mira i paesi che sostengono direttamente o indirettamente lo sforzo di guerra della Russia. Sono gli stessi – dalla Cina agli Emirati Arabi Uniti – che l’Ue finora ha scelto di risparmiare nella speranza che sarebbe bastata la “moral suasion”. Anche sugli aiuti militari, gli europei sono lungi dal fare tutto quanto è necessario. Kallas ha spiegato che mancano ancora 300 mila munizioni di artiglieria per mantenere la promessa di fornire due milioni entro la fine dell’anno. Secondo il Kiel Institute, gli aiuti militari (sotto forma di armi o finanziamenti) sono crollati a luglio e agosto. Gli europei non sono nemmeno riusciti a risolvere un problema tutto interno: oltre a ospitare il vertice di Budapest, il premier ungherese, Viktor Orban, può bloccare tutte le iniziative dell’Ue a favore dell’Ucraina con il suo veto.