
Fumo di Budapest
Il vertice fra Trump e Putin si blocca. Il mandato di Lavrov e le differenze fra Rubio e Witkoff
L'incontro previsto a Budapest è stato rinviato, ancora non cancellato, ma i preparativi sono fermi. Il presidente russo vuole un risultato
Non ci sarà nessun vertice fra Stati Uniti e Russia, non per adesso. Il motivo, secondo gli americani, è “la mancanza di disponibilità fra le parti a negoziare”. La formula è vaga ed evita di indicare che, da quando Donald Trump ha prima parlato al telefono con Vladimir Putin e poi incontrato Volodymyr Zelensky, tutte le linee rosse sono venute unicamente da Mosca. Il vertice previsto a Budapest è stato rinviato, ancora non cancellato, ma i preparativi sono fermi. L’organizzazione ha iniziato a farsi instabile dalla telefonata fra il segretario di stato americano Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Dopo la telefonata ci sarebbe dovuto essere un incontro fra i due, che era già stato fissato per giovedì 23 ottobre, per discutere i dettagli del vertice che Trump aveva dato per imminente.
Le casualità non seguono un disegno, ma ad alcuni osservatori, fra i quali il viceministro degli Esteri ucraino Sergiy Kyslytsya, è balzata all’occhio una coincidenza: il 23 ottobre del 1956 Budapest veniva invasa dai carri armati sovietici. Fu una repressione efferata: vennero uccisi più di duemila ungheresi che chiedevano di scegliere da soli il percorso del socialismo nel proprio paese. Della rivolta e dell’invasione nell’Ungheria di Orbán non rimane nulla, ma la coincidenza sarebbe stata potente perché gli ucraini combattono da tre anni per liberarsi dall’invasione di Mosca che proprio come sessantanove anni fa vuole decidere il destino della parte di mondo che pretende per sé. L’incontro fra Lavrov e Rubio non ci sarà. E’ stato Rubio ad annullare, dopo aver sentito Lavrov ripetere che Mosca non si scosta dalle sue pretese. Il Cremlino non ha fretta di organizzare il vertice e il ministro degli Esteri russo ha un mandato: non ripetere gli errori di Anchorage. L’Alaska per Putin fu un ottimo risultato di immagine, ma il capo del Cremlino dopo il 15 agosto trascorso in terra americana non ottenne da Donald Trump tutte le concessioni a cui aspirava. Ha avuto però il prolungamento della guerra senza sanzioni e la strada da qui ai prossimi mesi potrebbe essere lastricata da una serie di vertici in cui Mosca cercherà di ottenere sempre un po’ di più. Senza correre, un incontro alla volta.
Il vertice a Budapest è stato preceduto da molte polemiche: il volo complesso di Putin per raggiungere l’Ungheria; le evocazioni che il nome Budapest suscita in Ucraina per il Memorandum del 1994 che minò la sicurezza del paese e pose le basi per la guerra di oggi; la vicinanza a Mosca dell’ospite del vertice, il premier Viktor Orbán; le risposte del tutto poco professionali della portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ai giornalisti che chiedevano chi avesse scelto la città dell’incontro. Tutto il vociare attorno a Budapest ha creato una cortina di fumo che soltanto oggi si è diradata, quando Mosca ha iniziato la giornata facendo dire al viceministro degli Esteri che un vertice del genere non può essere improvvisato, “richiede preparazione”. I russi hanno bloccato la fretta di Trump, ripetendo le stesse posizioni dell’Alaska. Lavrov ha detto che un cessate il fuoco “significherebbe soltanto che il territorio ucraino rimarrebbe sotto il dominio nazista”, ripetendo così le mire del Cremlino per un cambio di regime a Kyiv. Frasi come “le cause profonde della guerra”, che Trump si era sentito dire in Alaska, sono state ripetute da vari funzionari russi. Il Cremlino vuole arrivare al prossimo vertice con qualche concessione, con la sicurezza che i due presidenti avranno da discutere argomenti concreti. Non si accontenta più della stretta di mano con il capo della Casa Bianca o dell’immagine di Putin che mette piede in un paese membro dell’Ue. Serve tempo e con il tempo la guerra va avanti, verso l’inverno.
C’è un particolare che è sfuggito nel fumo del vertice di Budapest. Questa volta, per organizzare l’incontro, non è stato coinvolto Steve Witkoff, l’inviato americano che aveva suggerito lo scambio di territori fra ucraini e russi. Witkoff ora è impegnato in medio oriente, al suo posto c’era Rubio, che davanti alle pretese di Lavrov ha ritenuto opportuno fermare l’aereo per Budapest.


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