(foto EPA)

I sicari di Khamenei

È scappato in Iran l'uomo che in Svezia ha ucciso il rifugiato che diede fuoco al Corano

Giulio Meotti

Il pubblico ministero che si è occupato del caso parla di “pianificazione accurata”. Mentre fonti di intelligence dicono che l’ordine e la preparazione portano al Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. Non sembriamo aver imparato nulla dai tempi della fatwa a Rushdie

Nove mesi dopo che Salwan Momika, il rifugiato iracheno che aveva bruciato il Corano in Svezia, è stato ucciso nel suo appartamento a Stoccolma durante una diretta social, le autorità svedesi hanno individuato l’uomo accusato dell’omicidio. Scrive l’Expressen che Bashar Zakkour, già coinvolto in altre attività criminali, è fuggito in Iran dopo aver assassinato Momika, che era sotto tutela delle autorità svedesi. Il pubblico ministero parla di “pianificazione accurata”. Fonti di intelligence dicono che l’ordine e la preparazione portano al Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. Il premier svedese, Ulf Kristersson, a gennaio aveva subito evocato “una potenza straniera” dietro l’omicidio di Momika. L’Iran era il naturale indiziato per via dell’affaire Rushdie. Le Guardie rivoluzionarie dell’Iran avevano inviato quindicimila messaggi in svedese per chiedere la testa di Momika e il loro comandante in capo, Hossein Salami, aveva minacciato Momika: “Prima o poi la mano dei mujahed ti raggiungerà”. Poi anche Ali Mohammadi-Sirat, l’uomo dell’ayatollah Ali Khamenei all’interno delle Forza Quds, responsabili delle operazioni clandestine iraniane all’estero, aveva detto che “chiunque insulti il Corano è condannato a morte”. In un’intervista all’agenzia Tasnim, Mohammadi-Sirat aveva detto che Momika non sarebbe stato al sicuro “ovunque si trovasse”. 

 

Kamel Daoud, romanziere algerino vincitore dell’ultimo Goncourt, su Momika ha scritto: “Potrebbe trattarsi di un uomo che brucia un libro o di un vignettista, di uno scrittore o di un passante con idee iconoclaste. Il messaggio dei carnefici è potente e spaventoso: ‘Colpiremo ovunque!’”. Hadi Matar, un libanese addestrato da Hezbollah, ha cercato di adempiere alla fatwa contro Rushdie quando lo ha accoltellato quasi a morte in un teatro a New York. La Svezia ha fermato in tempo due piani iraniani per colpire Saskia Pantell, presidente della Federazione sionista di Svezia, e Aron Verständig, presidente del Consiglio delle comunità ebraiche svedesi. E Alejo Vidal-Quadras, già vicepresidente del Parlamento europeo e sostenitore dell’opposizione iraniana in esilio, tornava a casa verso l’ora di pranzo quando è stato colpito a distanza ravvicinata. Il proiettile gli ha frantumato la mascella e mancato di poco il cervello.

Quando Khomeini scagliò la fatwa contro Rushdie, il dissidente polacco Adam Michnik scrisse: “Un mondo in cui un fanatico che governa l’Iran può pagare assassini in tutto il mondo è un mondo in cui nessuno è al sicuro”. Era il 1989 e ancora sembra che non lo abbiamo capito.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.