
La pace che manca
L'ingegno e l'innovazione ucraina hanno fatto passare a Trump la smania di telefonare a Putin
Il presidente americano ha iniziato a dire che bisogna colpire l’economia russa, ha riaperto la collaborazione d’intelligence sul fronte di guerra, ha dato il suo appoggio ai raid ucraini contro obiettivi militari in territorio russo. E sta valutando di inviare i missili a lungo raggio Tomahawk
Volodymyr Zelensky ha celebrato l’accordo raggiunto in medio oriente, “è importante che la prospettiva di creare una pace duratura stia diventando concreta – ha scritto il presidente ucraino – Questa cosa conta non soltanto per la regione mediorientale ma per il mondo intero”, perché “se la violenza e la guerra si fermano in una parte del mondo, la sicurezza globale aumenta per tutti”. Zelensky si augura che gli ostaggi israeliani siano riconsegnati da Hamas e che non ci siano più vittime a Gaza, ringrazia Donald Trump e gli Stati Uniti per la loro leadership e dice: “La Russia rimane la più grande fonte di guerra e terrore nel mondo, e ci aspettiamo che una pressione internazionale giusta e ferma su questo aggressore porti a una pace duratura e a garanzie di sicurezza”.
Trump pensava di poter risolvere la guerra contro l’Ucraina in breve tempo, 24 ore, tre giorni, tre mesi: era convinto che un dialogo diretto con Vladimir Putin avrebbe portato a un rapido cessate il fuoco. Le ha provate tutte: telefonate con il presidente russo, umiliazione degli ucraini, rallentamento delle forniture militari, blocco delle sanzioni, responsabilizzazione degli europei (è la vostra guerra, non la mia), e poi persino il tappeto rosso per Putin, ad Anchorage. Trump ha messo a repentaglio le alleanze occidentali e liberali e ha tollerato l’oscena escalation russa – i dati sono inappellabili: da quando Trump è tornato alla Casa Bianca, Putin ha aumentato in modo esponenziale il lancio di droni e missili contro obiettivi civili ucraini. Di recente deve aver capito che questa strategia non funziona: ha iniziato a dire che bisogna colpire l’economia russa (lo devono fare principalmente gli europei, smettendo di comprare risorse dalla Russia), ha riaperto la collaborazione d’intelligence sul fronte di guerra, ha dato il suo appoggio ai raid ucraini contro obiettivi militari in territorio russo. E sta valutando – forse ha già deciso – di inviare i missili a lungo raggio Tomahawk all’Ucraina, “l’arma decisiva” di cui aveva parlato Zelensky quando era andato all’Assemblea generale dell’Onu a New York, a settembre, e aveva avuto il più proficuo dei suoi colloqui con il presidente americano, tanto che oggi dice che farà campagna per il Nobel a Trump se questi missili arriveranno per davvero. Trump ha anche detto che gli europei dovrebbero abbattere i droni che Putin fa volare nei loro cieli – nemmeno il segretario generale della Nato, Mark Rutte, è stato tanto esplicito – e che la Russia è “una tigre di carta”.
Il Cremlino ha reagito prima con la sua ironia sprezzante – siamo orsi, non tigri – poi con le minacce, evocando anche l’arma atomica, infine dicendo che i Tomahawk sono la fine del dialogo con gli Stati Uniti e che al momento, per usare le parole del portavoce Dmitri Peskov, questo dialogo è in una “pausa seria”. In realtà la Russia non ha mai pensato di voler negoziare: lo dimostrano, se non le migliaia di droni e missili lanciati contro l’Ucraina durante questo fantomatico dialogo, se non le 150 mila truppe in più che il Cremlino dispiegherà entro l’anno in Ucraina, di certo i 15,5 trilioni di rubli (circa 190 miliardi di dollari) di spese militari nel 2025, il 3,4 per cento in più rispetto al già guerresco 2023, con una crescita prevista per il 2026 tale per cui il 40 per cento dell’intero budget russo sarà dedicato a fare la guerra. Non c’è mai stato un fatto concreto che dimostrasse una qualsivoglia volontà di negoziare da parte di Putin: c’è sempre stata soltanto l’illusione di questo negoziato e di una pace prossima (spesso né ingenua né in buona fede) alla quale Trump ha grandemente contribuito.
Non ci è dato sapere che cosa abbia fatto cambiare idea al presidente americano e non è dato nemmeno sapere se questo cambiamento sia duraturo, per ora di certo c’è solo che Trump ha smesso di dire che parlerà con Putin e risolverà tutto (non è in programma nessuna telefonata fra i due, ha confermato il Cremlino) e ha detto che l’Ucraina può vincere contro la Russia. C’è chi dice che Trump abbia finalmente guardato qualche dato economico russo e che da lì verrebbe la definizione di “tigre di carta” e che sia rimasto molto colpito dall’efficacia e dalla capacità di innovazione degli ucraini. E questa capacità è l’ultima evoluzione dello “spirito ucraino” che stupì il mondo nel 2022, la resistenza e la solidarietà civile che sono diventate anche un’industria della difesa sofisticata, con una produzione di droni e di missili (in particolare i chiacchieratissimi missili da crociera Flamingo, che possono volare per tremila chilometri) che non soltanto ha fatto sì che la linea del fronte non crollasse (il catastrofismo diffuso è una fake news: l’offensiva estiva di Putin è fallita) ma ha anche permesso di colpire le raffinerie russe, cosicché la produzione di petrolio (e la benzina) si è molto ridotta, e di distruggere la flotta russa nel Mar Nero. L’Ucraina si è offerta anche di aiutare gli europei a contrastare in modo efficiente – non con i costosissimi intercettori di produzione americana – i droni di Putin nei loro cieli, ma anche gli europei stanno ampliando il loro sostegno all’Ucraina, militare ed economico, spesso senza farsi troppo vedere.
Il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, ha scritto ieri sul New York Times che tutti i presidenti americani degli ultimi decenni sono arrivati alla Casa Bianca convinti di poter costruire un nuovo rapporto con la Russia, “ma il risultato è stato sempre lo stesso: più si offre alla Russia, più la Russia pretende”. Si può negoziare con Mosca, dice Sikorski, ma prima bisogna fare una dimostrazione di forza. Trump ha scelto come prima cosa di dialogare, gli ucraini stanno mostrando e dimostrando la loro forza: sono talmente convincenti che il dialogo è interrotto e il presidente americano dice la parola decisiva, “vincere”.

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