
La trattativa
Hamas pensa di mantenere il potere a Gaza. Le fasi dei negoziati a Sharm el Sheikh
Il primo incontro di ieri tra Israele, Hamas e i mediatori di Egitto, Qatar e Turchia è stato tecnico, Trump ha detto che vuole “entro giorni” un risultato. Il ruolo di Kushner e Witkoff nella seconda fase per riformulare il piano
Donald Trump vuole l’accordo e l’accordo deve essere concluso. Il presidente americano ha messo in campo tutto, anche il genero Jared Kushner, uno dei negoziatori degli Accordi di Abramo, con grandi e profondi legami con i leader arabi e affari personali in medio oriente. Il primo incontro di ieri tra Israele, Hamas e i mediatori di Egitto, Qatar e Turchia è stato tecnico e i giornali israeliani erano lievemente impensieriti da una coincidenza: l’inizio dei negoziati ha coinciso con il cinquantaduesimo anniversario della guerra del Kippur, giorno in cui l’Egitto celebra l’attacco a Israele del 1973. L’incontro è iniziato nel pomeriggio per discutere i dettagli tecnici e cominciare a misurare la distanza tra il piano di Trump e le richieste che Hamas continua a avanzare. Kushner e l’inviato speciale per il medio oriente Steve Witkoff saranno coinvolti in un secondo momento. Saranno probabilmente loro a riformulare il piano: a quel punto sarà un aut aut. O si firma o la guerra andrà avanti e, anche se sembra impossibile, potrà essere ancora più devastante. La posizione di Israele è chiara, Trump ha avuto la parola del premier Benjamin Netanyahu. Gli israeliani sostengono il piano, vogliono il ritorno degli ostaggi e le famiglie dei rapiti hanno anche inviato una lettera alla commissione per il Premio Nobel per la Pace per chiedere di insignire il presidente americano. Trump ha detto che vuole “entro giorni” un risultato sulla prima fase, in cui dovrebbe essere definito il ritiro dell’esercito israeliano e il ritorno degli ostaggi.
Ci si aspetta che Hamas chiederà di scambiare i rapiti con ergastolani di peso come Marwan Barghouti, Ahmad Saadat, Ibrahim Hamed e Abbas al Sayed, tutti organizzatori di attentati e omicidi. Nomi forti e simbolici con cui Hamas vuole dimostrare la sua forza di ricatto anche agli altri gruppi di miliziani. Alcuni funzionari egiziani, che hanno preferito rimanere anonimi, hanno riferito al quotidiano libanese al Akhbar che il rilascio dei rapiti non avverrà entro settantadue ore, come richiesto dal presidente americano, ma in più fasi e senza la cerimonia a cui Hamas ha costretto i rapiti durante l’ultimo cessate il fuoco. Israele ha dato istruzioni a Hamas, tramite i mediatori, di non iniziare a sovralimentare gli ostaggi: molti tra gli ultimi liberati avevano presentato dei problemi legati all’assunzione improvvisa di maggiori quantità di cibo a cui Hamas li aveva sottoposti prima di liberarli. In Israele sono già pronte le squadre di medici e di psicologici per accogliere chi tornerà da oltre due anni di prigionia, molti costretti per la maggior parte del tempo in tunnel umidi, senza la luce naturale. Hamas può accettare di cedere gli ostaggi, la pressione americana e araba ha sbloccato una parte fondamentale del piano per arrivare alla fine della guerra. Rimane la seconda parte del piano e riguarda le armi che al gruppo servono per minacciare Israele e continuare a esercitare il potere.


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