L'Ue si interroga sulla Difesa comune, mentre la Nato cambia le regole d'ingaggio

Giulia Pompili

La Russia continua a provocare e testare le difese del fianco est, anche in Danimarca. Le discussioni a livello europeo e quelle dentro all'Alleanza atlantica in vista del vertice a Copenaghen

Domani a Copenaghen i capi di stato e di governo dell’Unione europea si riuniranno per un vertice informale che ha come primo punto all’ordine del giorno la difesa comune dell’Europa. Al secondo punto c’è il sostegno europeo all’Ucraina: due temi ormai intrinsecamente legati e interdipendenti. Il governo danese, in vista del vertice, ha vietato lo spazio aereo al volo di qualunque drone e per tutta la settimana (giovedì ci sarà il vertice della Comunità politica europea). Il ministero dei Trasporti danese ha detto che la decisione è stata presa per “semplificare il lavoro di sicurezza” delle Forze dell’ordine, perché è difficile distinguere droni civili e ludici da quelli che rappresentano una minaccia. Nella notte di sabato, le autorità danesi avevano annunciato di aver avvistato diversi droni sorvolare alcune basi militari: è stato l’ultimo episodio reso pubblico dopo gli sconfinamenti avvenuti, oltre che in Danimarca, in Polonia e in Romania e dopo che due jet russi hanno violato lo spazio aereo estone il 19 settembre scorso. Sabato a Riga, alla riunione del Comitato militare della Nato da lui presieduto, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone è stato chiaro.

 

“Questi atti sono escalation, sono sconsiderati e mettono a repentaglio vite umane”, ha detto Cavo Dragone, “e la Russia ne ha la piena responsabilità”. Ventiquattro ore dopo le sue parole, ci sono stati altri episodi: domenica l’operatore aeroportuale norvegese Avinor ha segnalato la presenza di droni sopra l’aeroporto di Bronnoysund, e ci sarebbero stati avvistamenti sospetti anche nei pressi di una base militare del paese. Nelle stesse ore a Bucarest alcuni voli venivano dirottati dopo che era stato avvistato un drone nello spazio aereo sopra l’aeroporto. Se è vero che sono ancora in corso le indagini sulle responsabilità russe nell’escalation di guerra ibrida contro l’Europa, si tratta di una questione tecnico-giudiziaria, perché alla Nato tutti conoscono i responsabili e le motivazioni che spingono le Forze armate russe a continuare le provocazioni. Cavo Dragone è stato molto chiaro: “Questo momento dovrebbe risuonare profondamente in noi oggi. Due volte nell’arco di due settimane, il Consiglio Nord Atlantico si è riunito ai sensi dell’articolo 4. Diversi alleati, tra cui Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Norvegia, Polonia e Romania, hanno subìto violazioni dello spazio aereo da parte della Russia”. Ci sono due piani da considerare, quando si parla di reazioni all’escalation provocatoria di Putin: da un lato c’è la risposta europea, che è quella più immediata perché direttamente sotto attacco. Dall’altro lato c’è la Nato, di cui quasi tutti i paesi europei fanno parte, ma l’Alleanza atlantica funziona per decisioni prese all’unanimità, e spesso particolarmente burocratiche – in una guerra ibrida è quasi sempre il piano politico a prevalere sul piano militare: è proprio nelle maglie di questo sistema che la guerra di Putin si sta inserendo, lentamente, nel tentativo di congelare il sistema. Qualche giorno fa la Cnn sintetizzava in modo efficace gli schieramenti: “Alcuni paesi, tra cui Stati Uniti, Polonia e paesi baltici, hanno segnalato che future violazioni dovrebbero essere affrontate con la forza, mentre altri, tra cui la Germania, sollecitano maggiore moderazione”. 

 


In vista dei vertici europei, ieri davanti a Copenaghen è arrivata la fregata tedesca Hamburg, che fa parte della missione Nato “Sentinella baltica”, avviata a gennaio per proteggere le infrastrutture sottomarine. Dopo le violazioni degli spazi aerei sul fianco est, la Nato ha lanciato l’operazione “Sentinella dell’est”, che rafforza il monitoraggio e la difesa dei cieli. Il problema, però, sono le cosiddette regole d’ingaggio della Nato, che sono materiale classificato e quindi non è possibile conoscerle, ma secondo diverse fonti sarebbero già cambiate, anche perché la Difesa è una prerogativa nazionale, ed è un difficile equilibrio quello fra la difficoltà di trovare una risposta chiara e che faccia da deterrente ad altre future incursioni da parte della Nato e, per esempio, una eventuale risposta polacca – la Polonia ha già fatto sapere che risponderà con l’abbattimento a qualunque altra violazione. Il test della guerra ibrida di Putin è complicato anche per la politica europea: il commissario alla Difesa Andrius Kubilius cerca consensi per la costruzione del “muro anti droni”, un’iniziativa staccata dalla Nato e forse il primo vero tentativo di una difesa comune europea. Ieri il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, al Forum sulla sicurezza di Varsavia, ha detto di apprezzare l’idea ma che non può essere concretizzata prima di tre anni: “Dobbiamo pensare e agire in base alle priorità e credo che ce ne siano altre. Abbiamo bisogno di maggiori capacità e risorse”. Gli ha risposto il suo omologo  olandese Ruben Brekelmans: “Dovremmo tutti investire in sistemi anti-drone più efficaci. E cooperare con l’Ucraina per essere molto più rapidi di quanto non siamo ora”. Domani a Copenaghen si parlerà ancora di questo. La propaganda russa intanto è già all’opera, e ha fatto sapere che la “barriera anti droni” in realtà non avrebbe natura difensiva, ma sarebbe  stata ideata “per potenziare le capacità offensive delle truppe dell’Alleanza in Ucraina”. E’ una narrazione che si sentirà parecchio in giro, soprattutto nei talk-show. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.