Foto Ansa

La legge del caos

La precisa strategia dell'escalation di Putin contro l'Europa

Giulia Pompili

I droni sugli aeroporti di Copenaghen e Oslo. Mosca nega la guerra ibrida. Rutte risponde con cautela, Trump no. La Nato e l’attribution

Ieri, martedì 23 settembre il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha fatto quello che fa sempre quando la Nato accusa la Russia di condurre una guerra ibrida contro l’Alleanza: ha negato. “Francamente, ripetere continuamente accuse infondate porta solo a non essere più presi sul serio”, ha detto alla stampa. La manipolazione russa delle informazioni esiste anche perché la Nato non ha ancora capito come comunicare le azioni di guerra ibrida per fare una corretta attribution, cioè portare prove inequivocabilmente chiare sulla responsabilità di Mosca nelle azioni di provocazione sempre più vicine agli atti ostili delle ultime settimane – ma che in realtà hanno iniziato a intensificarsi sin dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia.

 

L’occasione per la Russia di smentire qualsiasi accusa è arrivata martedì mattina, dopo l’anomalo incidente che ha coinvolto quasi contemporaneamente l’aeroporto di Copenaghen e quello di Oslo. Due o tre droni di dimensioni considerevoli, con luci intermittenti e provenienti da diverse direzioni, poco prima delle otto e mezza di sera di lunedì hanno sorvolato il principale scalo della Danimarca, costringendo per oltre quattro ore alla chiusura totale dello spazio aereo del paese, con quasi 20 mila passeggeri rimasti a terra. Poco dopo la mezzanotte è stato chiuso anche l’aeroporto della Norvegia, dopo l’avvistamento di droni vicini allo scalo – che è stato riaperto solo tre ore dopo. La premier danese Mette Frederiksen, leader dei Socialdemocratici che in Europa fanno parte dei Socialisti&Democratici, è stata la prima a velatamente escludere l’ipotesi di un incidente: ha definito l’evento  “il più grave attacco alle infrastrutture critiche danesi mai registrato fino a oggi”, e ha detto che “la polizia ritiene che si tratti di un attore capace. Le indagini sono in pieno svolgimento”. La Danimarca non sta escludendo alcuna ipotesi, ma “è chiaro”, ha detto Frederiksen, che “ciò si inserisce nel contesto degli sviluppi che abbiamo potuto osservare recentemente con altri attacchi con droni, violazioni dello spazio aereo e attacchi hacker agli aeroporti europei”. 

 

Un gigantesco attacco contro alcuni software per il check in e la gestione bagagli iniziato sabato 20 settembre ha creato enormi disagi a diversi aeroporti europei, tra cui quelli di Bruxelles, Londra Heathrow e Berlino – soltanto ventiquattro ore prima tre Mig russi erano entrati nello spazio aereo estone, mentre la settimana precedente una ventina di droni russi erano entrati nel territorio polacco. Il primo ministro norvegese, Jonas Gahr Støre, ha fatto sapere martedì 23 che la Russia ha violato lo spazio aereo norvegese tre volte negli ultimi mesi, e dopo una telefonata con Frederiksen ha detto che potrebbe esserci un collegamento tra gli incidenti con i droni avvenuti la notte tra lunedì e martedì, senza elaborare oltre.

 

Il Cremlino è tra i pochi indiziati quando si configurano violazioni di questo tipo anche perché ha interesse a creare il caos in Europa, nelle infrastrutture, svelare la debolezza delle istituzioni e testare continuamente i nervi saldi della Nato. Nonostante questo, per fare una attribution corretta servono le prove, che in una fase di indagine non è possibile mostrare: è per questo che martedì l’unico ad aver accusato direttamente Mosca per le violazioni in Europa delle ultime settimane è stato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che affronta i droni russi quotidianamente, e ha scritto sui suoi social che a New York all’Assemblea Onu – e in particolare con la capa del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva, “abbiamo dedicato particolare attenzione alle violazioni da parte della Russia dello spazio aereo degli stati membri della Nato, compresa quella del 22 settembre a Copenaghen”, e poi: “Se non ci sarà una risposta decisa da parte degli alleati alle provocazioni aggressive, la Russia continuerà a perpetrare tali azioni”.  E’ su questo punto che l’Alleanza atlantica non riesce a trovare una linea comune – la Nato prende decisioni all’unanimità, e la guerra ibrida creativa e a basso costo di Putin richiede risposte altrettanto creative, soprattutto sulle linee rosse invalicabili che configurano un’azione come un atto ostile tale da richiedere una risposta militare.

 

Martedì, mentre qualcuno continuava a creare il caos negli aeroporti europei con cyberattacchi e droni, il segretario generale della Nato Mark Rutte è andato davanti alle telecamere per una conferenza stampa che avrebbe dovuto essere la risposta alla violazione dello spazio aereo estone di venerdì scorso, che c’è stata dopo il Consiglio atlantico “urgente” richiesto dall’Estonia. Rutte ha ribadito la capacità della Nato di difendersi (“Reagiremo sempre con calma e determinazione perché disponiamo di tutti i sistemi difensivi necessari per garantire la difesa di ogni centimetro del territorio alleato”)  ma ha anche detto che “questo non significa che abbatteremo sempre immediatamente un aereo”.

 

Il presidente americano Donald Trump, poche ore dopo, si è detto invece favorevole all’abbattimento dei caccia russi che violino lo spazio aereo.  Nel delicato linguaggio militare, le parole di Rutte significano che la Nato non cerca l’escalation con Putin. Ma con un nemico come il Cremlino, che finge di negoziare e lo fa aumentando sempre il livello della provocazione, c’è il rischio di apparire troppo deboli.

Di più su questi argomenti:
  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.