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medio oriente
“Riconoscere la Palestina è appeasement mascherato da buone intenzioni”. Parla Halevi
L'editorialista e autore di "Letters to my Palestinian neighbor" critica la scelta europea di legittimare uno stato palestinese, privo di confini e istituzioni, definendola un gesto pericoloso e ingenuo. Così si premia la violenza e si indebolisce l’intero fronte occidentale contro l’estremismo, ci dice
“E’ una combinazione di paura e naïveté mascherate da buone intenzioni e sappiamo dall’esperienza che niente di buono viene da questa pericolosa combinazione”. Così al Foglio Yossi Klein Halevi, l’intellettuale di origine americana che vive a Gerusalemme, editorialista per testate internazionali, centrista e autore di "Letters to my Palestinian neighbor”. “Gli occidentali sono suscettibili a questa combinazione e riconoscere uno stato palestinese senza confini, senza la sostanza di uno stato e senza considerazione per le conseguenze che ci saranno in Israele, farà sì che i soliti europei con le loro buone intenzioni porteranno la disastro”. Questa dichiarazione è una vittoria di Hamas, che ieri ha scritto una lettera a Donald Trump chiedendogli una tregua di sessanta giorni in cambio del rilascio di metà degli ostaggi israeliani. “Tutti lo hanno capito in medio oriente, non solo Hamas che dichiara vittoria” dice Halevi.
Prosegue Yossi Klein Halevi al Foglio: “Ho letto una cosa che ha detto Salman Rushdie, che è sempre stato a favore dello stato palestinese: ‘Se nascesse oggi, lo stato palestinese sarebbe tipo i Talebani e un proxy dell’Iran’. E’ questo che vuole l’occidente? E’ incoscienza criminale e l’Europa non ha il diritto di essere naïf. La prima conseguenza sarà rafforzare Hamas, che ha detto che il riconoscimento è il risultato del 7 ottobre. Puoi farci tutto lo spin che vuoi, ma i palestinesi vedono che Hamas sarà quello che darà loro uno stato. E come israeliano provo dolore di dover parlare come parla il governo Netanyahu, ma l’occidente non mi lascia scelta”. Il 7 ottobre 2023, Israele sembrava sul punto di disgregarsi. “La sua deterrenza militare era infranta. Abbiamo vissuto la distruzione di Israele in un microcosmo: i confini invasi, esercito e governo allo sbando, cittadini abbandonati a se stessi contro un nemico senza ritegno morale. Hamas aveva due scopi col 7 ottobre: fermare la riconciliazione fra Israele e l’Arabia saudita e trasformare Israele in uno stato paria. E ci stanno riuscendo molto bene. Sembra controintuitivo, massacrare 1.200 israeliani e ottenere la simpatia del mondo, ma è andata così”. Non c’è un David Grossman a Ramallah. “Ci sono palestinesi coraggiosi contro Hamas e l’Autorità palestinese perché corrotta, ma sono tutti in occidente” ci dice Halevi.
“E’ interessante, perché in occidente questi palestinesi sono visti come lo zio Tom palestinese. Rischiano la loro vita nel dire la verità, ci sono anche a Gaza ma Hamas li reprime e li uccide. L’occidente progressista tollera questo livello di repressione e questo mi dice tutta l’ipocrisia e la stupidità delle posizioni occidentali. I nostri amici in tutto il mondo – e non siamo senza amici, anche se spesso sembra così – capivano che una vittoria di Hamas avrebbe rafforzato il terrorismo globale. Capivano che questa non era solo la guerra di Israele, ma dell’occidente. Che Israele stava ‘facendo il lavoro sporco’, come ha detto il cancelliere tedesco Merz quando Israele ha bombardato l’infrastruttura nucleare iraniana. Queste voci sono state preziose proprio perché rare”. Halevi ha appena scritto un articolo per dire che la guerra a Gaza deve fermarsi.
“Per la prima volta la critico dopo che per due anni l’ho sostenuta. La guerra iniziata il 7 ottobre era contro l’Iran di cui Hamas è una parte. Ora dobbiamo riprendere gli ostaggi, vivi e morti, e creare un meccanismo che prevenga il ritorno al potere di Hamas a Gaza”. Ma a Gaza ancora ci sono gli islamisti: due sere fa, hanno preso tre palestinesi e li hanno uccisi davanti alla folla urlante “Allah Akbar”. “Abbiamo ogni diritto morale di distruggere Hamas e temo che la guerra non ci riesca, ogni vittoria contro Hamas si trasforma in una nostra sconfitta internazionale. Temo anche che la guerra continuerà almeno un altro anno o più e Israele sarà sempre più isolato”. Halevi guarda con commiserazione ciò che avviene dalle nostre parti. “C’è una lotta per l’anima dell’occidente” conclude. “Una delle armi del terrorismo è la coscienza indignata dell’occidente. Inizia con gli ebrei ma non finisce con gli ebrei: l’appeasement verso l’islam radicale, in patria o all’estero, indebolirà l’Europa fino al punto di una minaccia esistenziale, non verso di me, io so quello che devo fare per sopravvivere, ma verso l’Europa stessa”.