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la difesa europea

Perché l'Europa deve imparare dalla guerra dei droni

Oscar Giannino

Il piano annunciato da Ursula von der Leyen per opporre alla Russia "un muro di droni" è credibile solo a patto di copiare l’Ucraina. Che ha creato in tempi record un ecosistema agile, integrato e innovativo

L’attacco di droni russi alla Polonia ha aperto gli occhi ai media europei, e si spera anche ai politici. L’Europa e la Nato non sono pronte ad affrontare la minaccia di centinaia di droni, come quelli che ormai la Russia riserva all’Ucraina accompagnandoli anche a un minor numero di missili balistici e ipersonici. L’esordio degli sciami di droni russi e turchi come strumento tattico e strategico decisivo sul campo avvenne nella guerra del 2020 in cui l’Azerbaigian strappò il Nagorno-Karabakh all’Armenia. Da allora, abbiamo dormito. Un ritardo reso più drammatico dal conflitto in Ucraina, che mostra la rapidità evolutiva di questi strumenti. In oltre tre anni il successo iniziale del droni turchi Bayraktar TB2, con cui l’Ucraina polverizzò le colonne corazzate russe, ha lasciato il campo prima alla massiccia risposta russa attraverso i droni iraniani Shahed di prima e seconda generazione, poi al loro affinamento dei sistemi direzionali e di carico pagante effettuato negli stabilimenti russi, infine altrettanto è avvenuto rispetto ai vecchi modelli di droni sovietici da parte degli ingeneri ucraini. Le guerre contemporanee ad alta intensità hanno tempi rapidissimi di invecchiamento tecnologico, e l’asimmetria di costo-efficacia dei mezzi unmanned, dalle loitering munition ai droni di ricognizione fino ai i droni kamikaze, richiede una grande capacità ingegneristica ma lavorando su materiali di costo bassissimo rispetto a sistemi difesa aerea  di medio lungo raggio come i Patriot americani e i Samp-T europei. 


Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione europea di qualche giorno fa, Ursula von der Leyen ha detto che l’Europa opporrà alla Russia “un muro di droni”. Per dare credibilità a tale affermazione, bisogna ipotizzare una rivoluzione. E’ stranoto che da una parte la spesa complessiva per la Difesa dei paesi membri dell’Ue ha raggiunto i 326 miliardi di euro nel 2024, ma al momento le strategie di procurement restano prevalentemente nazionali, grandi progetti dividono le industrie dei maggiori paesi Ue sui caccia di sesta generazione, sia mezzi corazzati, sulla difesa spaziale e sulla cyber security. Oggi ogni esercito europeo sta rapidamente tentando di dotare di sistemi di difesa aerea a breve raggio tutte le sue diverse unità, ma ognuno continua a preferire sistemi diversi. Se invece vogliamo alzare lo sguardo e capire come sia possibile fare ciò che ha detto la von der Leyen, una soluzione c’è. Non a chiacchiere: sta già funzionando. Bisogna fare ciò che ha fatto l’Ucraina. Da dove nasce, la possibilità dell’Ucraina martoriata di colpire sempre più in profondità le basi russe? Nasce dall’aver capito che occorreva una rapida ma vera rivoluzione.

E’ nato così Brave1, un cluster di difesa che è sportello unico per l’innovazione, mettendo insieme militari, investitori e agenzie per realizzare prototipi da sperimentare sul campo in poche settimane. Oltre quattromila progetti sono nati così, in 18 mesi. Con team di verifica tecnica diffusi dietro le linee del fronte per modificare subito i droni seguendo direttamente i brief dei comandanti di settore. Sono nate così circa 200 piccole aziende con l’obiettivo di produrre fino a un milione di droni di diverso tipo all’anno. La Ukrainian Defense Industry ha aperto un canale di collaborazione diretta con grandi imprese europee e mondiali, e a queste aziende estere offre test diretti sul campo di battaglia delle loro tecnologie. Infine, l’Ucraina è diventato l’unico paese al mondo ad aver creato un comando centrale ad hoc dedicato ai sistemi senza equipaggio: le Unmanned Systems Forces. Con un duplice compito: sviluppare dottrina e impiego operativo di tutti i sistemi unmanned. E abilitare in tempo reale un numero crescente di medie e piccole unità militari all’utilizzo delle tecnologie di ricognizione e strike interforze che i droni consentono in tempo reale, senza passare per complicate catene gerarchiche. Sono così nate unità unmanned a integrazione delle brigate tradizionali, con ampio coinvolgimento di civili delle diverse competenze professionali necessarie. Funziona: facciamo anche noi.  

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