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Medio Oriente
L'opa dell'emiro. Il Qatar ha affondato i suoi artigli smaltati nelle economie europee
Doha ha iniziato a investire massicciamente in Italia al tempo del governo Monti. Intanto la quota delle importazioni di gas liquido nel portafoglio totale del gas dell’Ue continua a salire dopo che l’Europa ha iniziato a cercare alternative al gas russo
Quando il presidente egiziano Hosni Mubarak visitò il quartier generale di al Jazeera a Doha nel 2001, disse: “Tutto questo chiasso per una piccola scatola di fiammiferi?”. Vent’anni dopo, la “piccola scatola di fiammiferi” è ancora piccola in termini di dimensioni (come l’Umbria) e di popolazione (due milioni e di questi soltanto trecentomila sono nativi qatarioti, per il resto sono lavoratori stranieri), ma oggi il Qatar ha più proprietà a Londra della casa reale dei Windsor. Tra gli investimenti più importanti di Doha (che vanta il nono fondo sovrano più grande del mondo) in Inghilterra figurano Harrods, Canary Wharf, una partecipazione nella Borsa di Londra, il ventidue per cento di Sainsbury, il venti della Heathrow Airport Holdings e hotel di lusso come Savoy, Claridge’s, il Berkeley e il Connaught. Il Qatar è un fornitore vitale di gas liquido per il Regno Unito. Il terminale South Hook in Galles, di cui Qatar Petroleum detiene il 67,5 per cento, può soddisfare fino al 25 per cento del fabbisogno inglese di gas. L’imbarazzo europeo sullo strike israeliano a Doha si misura in numeri: il Qatar ha affondato i suoi artigli smaltati nelle economie europee.
Senza contare i legami di Doha con alcuni degli esponenti di maggiori livello dell’Amministrazione Trump, dal capo dello staff di Trump Susie Wiles al direttore dell’Fbi Kash Patel, dal consigliere di Trump Steve Witkoff al procuratore generale Pam Bondi, il Qatar ha promesso 1,2 trilioni di dollari di investimenti negli Stati Uniti. La Francia, in perenne crisi di debito, è diventata la seconda destinazione di investimento europea per il Qatar dopo il Regno Unito, compreso il colosso dei media francese Lagardère: terzo editore di libri per il grande pubblico e di libri d’istruzione in tutto il mondo (primo francese, secondo inglese, terzo spagnolo e quarto americano) e proprietario fino all’anno scorso del settimanale Paris Match, venduto a Lvmh, il gigante del lusso di cui il Qatar detiene una partecipazione. Questa estate il magazine Marianne ha titolato così un’inchiesta: “Lvmh, Balmain, Eads… Qatar, una presa discreta sull’economia francese”. Discreta ma ben salda: un anno fa, l’emiro ha promesso altri dieci miliardi di investimenti nell’economia francese. Senza contare che è già dentro Vivendi, France Telecom, Veolia e Vinci.
Il Qatar ha appena stretto un accordo con la principale agenzia di stampa tedesca, la Dpa. E l’emiro è strategico in Porsche, Volkswagen, Siemens e Bayern di Monaco, per citare solo alcuni brand tedeschi su cui Doha fatto l’opa. Il fondo d’investimento del Qatar è diventato il maggiore azionista di Rwe, il colosso energetico di Essen, nel Nord Reno-Vestfalia (e una partecipazione del 49 per cento in SolarWorld, azienda leader nella tecnologia solare). L’emiro è, tra gli altri, anche uno dei principali azionisti della compagnia di navigazione Hapag-Lloyd (12,3 per cento del capitale) e della Deutsche Bank (sei per cento). L’intreccio è tale che Juerg Zeltner, ex manager di Ubs, è entrato in Deutsche Bank per rappresentare gli interessi della famiglia reale del Qatar.
Il Qatar ha appena donato cinquanta milioni di euro al comune di Venezia “per soddisfare le pressanti esigenze della città nella gestione di un patrimonio unico ed estremamente complesso, che trascende i confini e rappresenta un tesoro per l’umanità”. In Italia, Doha ha iniziato a investire massicciamente al tempo del governo Monti in crisi di liquidità, da Porta Nuova a Milano alla Costa Smeralda fino a Valentino. Intanto la quota delle importazioni di gas liquido del Qatar nel portafoglio totale del gas dell’Ue continua a salire dopo che l’Europa ha iniziato a cercare alternative al gas russo. Nel primo trimestre del 2024, il gas del Qatar rappresentava il 9,1 per cento delle importazioni totali dell’Ue e nel primo trimestre del 2025 questa cifra è salita al 10,8 per cento. Qualche anno fa Enrico Letta in visita in Qatar auspicò la creazione di un museo islamico sul Canal Grande a Venezia. Non è stato un giro di gondola gratis.