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l'attacco
Sei morti nell'attentato sul bus a Gerusalemme. Il dilemma su Gaza City
L'offensiva ha colpito duramente la popolazione civile israeliana, aumentando l’allerta sulla sicurezza interna. Nel frattempo, Israele valuta come agire strategicamente nel cuore della Striscia per indebolire Hamas
Sei civili israeliani, tra cui tre rabbini, sono stati uccisi oggi in un attacco terroristico nel quartiere di Ramot a Gerusalemme. I terroristi sono arrivati da un villaggio vicino Ramallah, sede dell’Autorità nazionale palestinese, sono saliti sull’autobus 62 e hanno aperto il fuoco contro i passeggeri israeliani. Almeno undici persone sono rimaste gravemente ferite. L’ultimo grande attentato a Gerusalemme era avvenuto sei settimane dopo lo scoppio della guerra in seguito al pogrom del 7 ottobre, quando i terroristi avevano aperto il fuoco a una fermata dell’autobus a Givat Shaul, uccidendo un rabbino e due donne. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu oggi è andato sulla scena dell’attentato: “Siamo impegnati in una guerra al terrore su più fronti”. Il senso di vulnerabilità dato anche dal fatto che l’esercito deve capire come abbiano fatto i due terroristi a superare il “fence”, la barriera antiterrorismo costruita durante la Seconda Intifada e che separa Israele dai territori palestinesi che non sono sotto il controllo israeliano. Nei giorni scorsi, le previsioni del capo uscente per la Cisgiordania e la regione di Gerusalemme del servizio segreto interno, lo Shin Bet, non erano state incoraggianti. L’uomo, il cui nome non è pubblico, è stato intervistato all’Israel Intelligence Heritage and Commemoration Center.
Un’ondata di violenza in Cisgiordania “non è una questione di se, ma di quando”, ha detto l’ufficiale dello Shin Bet, a fronte della “gazaficazione” della Cisgiordania. Mentre Donald Trump continua a promettere “un accordo molto presto” fra Hamas e Israele e che per Hamas significa il rilascio degli ostaggi in cambio della fine della guerra e della permanenza dei terroristi al potere a Gaza, il ministro della Difesa di Gerusalemme, Israel Katz, ha esortato Hamas a rilasciare gli ostaggi e deporre le armi o di prepararsi ad affrontare la distruzione di Gaza e il suo stesso annientamento. “Questo è un ultimo avvertimento agli assassini e agli stupratori di Hamas a Gaza e negli hotel di lusso all’estero: rilasciate gli ostaggi e deponete le armi, altrimenti Gaza sarà distrutta e voi sarete annientati”. Ha detto ancora Katz: “Un uragano devastante si abbatterà sui cieli di Gaza City e i tetti delle torri terroristiche tremeranno”. L’esercito israeliano sta proseguendo le sue operazioni e a espandere le sue manovre per conquistare Gaza City (sessantamila riservisti sono stati mobilitati la scorsa settimana, con un costo stimato di ottocento milioni di dollari al mese, senza considerare gli altri costi militari dell’operazione). Uno degli obiettivi di “Carri di Gideone II” è l’attuale leader di Hamas a Gaza City, Izz al Din al Haddad. La sua base operativa si trova in una rete di tunnel nella parte occidentale di Gaza City ed è tra i pochi comandanti di Hamas di alto rango ancora in vita. Hamas detiene anche una delle sue risorse più strategiche all’interno di Gaza City: tra gli otto e i dieci ostaggi israeliani ancora vivi dei cinquanta in totale (cifra che comprende i corpi di quelli uccisi il 7 ottobre).
Venerdì scorso, l’ufficio pubbliche relazioni di Hamas, orfano del suo leader Abu Obeida ucciso da Israele, ha diffuso un video che mostra due degli ostaggi, Guy Gilboa-Dalal e Alon Ohel, trasferiti dalla Striscia centrale a Gaza City nell’ambito del tentativo dell’organizzazione di dissuadere Israele dal prendere il controllo della città. Durante una sessione a porte chiuse della commissione Affari esteri e difesa della Knesset, un rappresentante dell’esercito ha dichiarato che non è certo che la conquista della città di Gaza possa far cedere Hamas. Il deputato del Likud Amit Halevi gli ha chiesto: “Perché l’occupazione di Gaza City dovrebbe indurre Hamas a cedere?”. “Non ho detto che avrebbe indotto Hamas a cedere, non è affatto certo”, ha dichiarato il rappresentante militare. Lo stato maggiore israeliano è preoccupato che non ci siano ancora abbastanza residenti in fuga dalla città in vista dell’imminente operazione (centomila il numero di quelli che hanno lasciato la città). Secondo stime preliminari, si ritiene che meno del dieci per cento della popolazione di un milione di abitanti di Gaza City abbia infatti lasciato la città, incitati da Hamas a rimanere dove sono e spingendo Israele a mettere in pericolo le loro vite.
Basta ricordare cosa è successo a Rafah un anno fa. L’operazione di terra in sé fu condotta molto lentamente, nella speranza che Hamas rimuovesse gli ostaggi dalla zona di combattimento. Solo una divisione si addentrò nel territorio e ci vollero più di tre mesi perché le forze israeliane catturassero il quartiere di Tel Sultan, relativamente lontano dal confine. Israele non disponeva di informazioni precise sulla posizione di sei ostaggi trattenuti in un tunnel nell’area. Mentre le forze di Tsahal si avvicinavano al luogo in cui erano tenuti prigionieri dal 7 ottobre, Hamas uccise i sei israeliani, che i terroristi avevano precedentemente usato come scudi umani attorno al loro leader, Yahya Sinwar. Per Hamas, questa guerra non deve essere vinta in senso classe, deve soltanto sopravvivergli finché non si sarà fermata.

l'editoriale dell'elefantino