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L'intervista

Una sintesi fra le proposte di Meloni e Macron per difendere l'Ucraina. Parla Merchet

Mauro Zanon

Per evitare gli errori del passato, la premier vorrebbe un trattato vincolante ispirato all’articolo 5 della Nato in cui i firmatari si impegnano a intervenire a livello militare, economico e logistico in caso di aggressione russa. Il presidente francese non è contrario, “dice semplicemente che non basta”. Colloquio con il giornalista dell’Opinion

Parigi. La videoconferenza di domenica della “coalizione dei volenterosi”, in vista dei colloqui che si sono svolti ieri a Washington tra l’inquilino della Casa Bianca, Donald Trump, i principali leader europei e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha mostrato un’Europa compatta sulle priorità del dossier ucraino. Un’Europa che ha ribadito il suo sostegno alla sovranità di Kyiv senza modifiche forzate dei confini e si è detta pronta a fare la propria parte, accanto agli Stati Uniti, per fornire quelle solide garanzie di sicurezza di cui l’Ucraina ha bisogno per scongiurare nuovi attacchi russi. Sull’ultimo punto, ossia su come garantire una pace stabile e duratura, sono emersi tuttavia due approcci diversi: quello di Giorgia Meloni, la premier italiana, che propone da mesi un meccanismo ispirato all’articolo 5 della Nato – mutua difesa in caso di attacco di uno dei paesi membri –, ma senza adesione formale di Kyiv all’Alleanza atlantica né contingenti di pace sul suolo ucraino, e quello del presidente francese, Emmanuel Macron, secondo cui il lodo italiano non basta, sarebbe solo “teorico”, ci vuole invece sostanza contro la Russia, e “la prima delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina è un esercito ucraino solido e robusto”.

“Per ora Macron dice: attenzione a fare qualcosa di simile al memorandum di Budapest del 1994, perché avete visto come è andata a finire. All’epoca, l’Ucraina post-sovietica aveva rinunciato al suo arsenale nucleare in cambio di una garanzia di indipendenza e sovranità. La Russia aveva firmato, si era impegnata a non aggredire l’Ucraina, ma nel 2014 ha annesso la Crimea e nel 2022 ha invaso il paese, violando i patti. Tuttavia, a differenza del memorandum di Budapest che era un accordo meramente politico, senza garanzie giuridiche e militari vincolanti, quello che propone la presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, è un meccanismo giuridicamente solido, che obbligherebbe gli alleati a difendere Kyiv, a non lasciarla esposta come trent’anni fa”, spiega al Foglio Jean-Dominique Merchet, firma dell’Opinion e tra i massimi esperti francesi di questioni militari e geostrategiche. “Il memorandum di Budapest del 1994 era una promessa vaga, una dichiarazione generica. Meloni, proprio per evitare gli errori del passato, vorrebbe un trattato vincolante ispirato all’articolo 5 della Nato – ma senza l’Ucraina nella Nato, linea rossa invalicabile per Mosca – in cui i firmatari si impegnano nero su bianco a intervenire a livello militare, economico e logistico in caso di aggressione russa”, aggiunge Merchet. 

Domenica scorsa, in un’intervista alla Cnn, l’inviato speciale del presidente americano, Steve Witkoff, ha aperto alla proposta avanzata da Meloni su un trattato parallelo, fuori dal contesto Nato, ma sul modello dell’articolo 5 dell’Alleanza atlantica. Per il giornalista dell’Opinion, Macron non è contrario all’idea meloniana, “dice semplicemente che non basta”. “La principale garanzia di sicurezza dell’Ucraina rimarrà il proprio esercito. Lo sta dimostrando dal febbraio 2022”, dice al Foglio Merchet, secondo cui il dispiegamento di truppe europee in Ucraina, come vorrebbe la Francia, è invece “un miraggio”: “Già nel 2022, l’allora ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, diceva che ‘la Russia non vuole l’Ucraina nella Nato, ma non vuole nemmeno la Nato in Ucraina’. Dal punto di vista di Mosca, la presenza di truppe di paesi membri della Nato equivale a una presenza della Nato, anche se l’organizzazione non è coinvolta in quanto tale. Non vedo come Putin possa cedere su questo punto”, dice al Foglio Merchet, prima di aggiungere: “Lo scenario più plausibile è lo schieramento di una forza di reazione rapida in prossimità dell’Ucraina, in Polonia o in Romania, che potrebbe intervenire in Ucraina in caso di una nuova aggressione russa. Questa ‘forza di rassicurazione’ dovrebbe, a sua volta, beneficiare delle garanzie americane per convincere molti paesi a partecipare, dato che gli Stati Uniti rimangono l’assicuratore di ultima istanza degli europei. Negli ultimi giorni, l’Amministrazione Trump non sembra più escludere tale ipotesi. Oltre a un dispositivo terrestre credibile, questa forza potrebbe comprendere anche mezzi navali nel Mar Nero e aerei”. Per Merchet è possibile “una sintesi” tra le posizioni macroniana e meloniana, un punto di equilibrio tra due esigenze che sono in realtà complementari: rafforzare l’Ucraina dall’interno e garantirle un sostegno politico-diplomatico stabile dall’esterno.