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Editoriali
Le auto cinesi e il patto con gli houthi
I cargo dalla Cina passano nel Mar rosso e nel Canale di Suez senza subire il pericolo degli attacchi terroristici, e i risparmi sui costi aiutano i marchi a invadere il mercato europeo. Il peso dei compromessi raggiunti da Pechino
Le auto elettriche cinesi stanno invadendo il mercato europeo, come previsto anche dalla Commissione Ue, che per mesi ha cercato una soluzione alla cosiddetta “sovraccapacità” industriale cinese imponendo l’anno scorso dazi fino al 45 per cento sui veicoli elettrici provenienti dal paese. Ma ora che l’emergenza della produzione eccessiva unita al rallentamento dei consumi è arrivata anche dentro ai confini della Repubblica popolare cinese, e con il problema dei dazi di Trump, la Cina è costretta a cercare mercati di sbocco per vendere le sue auto con soluzioni creative. Secondo un’inchiesta pubblicata ieri dal New York Times, “BYD e altre case automobilistiche cinesi hanno in parte aggirato i dazi inviando auto ibride che utilizzano principalmente motori elettrici a batteria con piccoli motori a benzina come riserva”. Ma c’è di più, perché per abbattere i prezzi di trasporto, i cargo cinesi che arrivano in Europa sono gli unici autorizzati a passare attraverso il Mar Rosso e il Canale di Suez, senza subire il pericolo degli attacchi terroristici delle milizie yemenite degli houthi.
Il viaggio consente ai cargo cinesi di risparmiare dai 14 ai 18 giorni per ogni viaggio di andata e ritorno tra Asia ed Europa, rispetto alla circumnavigazione dell’Africa che sono costrette a sostenere le compagnie automobilistiche per esempio giapponesi o sudcoreane. La maggior parte degli analisti del settore marittimo “presume che il governo cinese abbia raggiunto un accordo con l’Iran o gli houthi per non danneggiare le navi porta-auto provenienti dalla Cina”. Il risparmio del costo di trasporto aiuta le marche cinesi come BYD a contenere il prezzo finale delle auto per i consumatori. Il libero mercato come lo conoscevamo un tempo non esiste più: ogni singolo prodotto acquistato è il frutto di una negoziazione politica e di compromessi, e quando si tratta della Cina i compromessi rischiano di essere sempre più alti e soprattutto legati a situazioni geopolitiche particolarmente sensibili. Il problema non è del consumatore finale, ma anche e soprattutto politico.