Ilay David parla, durante un evento a Liverpool, di suo fratello Evyatar, preso in ostaggio da Hamas (Foto di Ian Forsyth/Getty Images) 

Lo schifo di chi mette le bufale di Hamas in prima pagina e fa del dolore degli ebrei un eufemismo

Giuliano Ferrara

Il linguaggio storto della guerra a Gaza. Falsi fotografici, silenzi selettivi ed eufemismi mediatici: il dramma degli ostaggi rivela la crisi morale di un mondo che fatica a distinguere propaganda e realtà

Sono strano. Sono malato. Sono davvero strano e patologicamente afflitto dalla mia perversione. Mi inquietano le fotografie della fame a Gaza, con le ciotole e tutto. Mi inquietano i cadaveri avvolti nelle lenzuola tra le macerie. Mi inquietano i bambini e i vecchi e le donne, forse anche le altre vittime di guerra sacrificate per la causa dai terroristi. Mi inquietano le foto di un ministro di Israele, estremista biblico e scandalo del sionismo, che agisce per la deportazione di massa dei palestinesi con gli applausi di una minoranza di israeliani sempre più vasta e più terrorizzata, un ministro che non otterrà mai quel che vuole a meno che dai tunnel decidano infine di completare il genocidio della superficie. Mi inquietano perfino le foto false, ma purtroppo verosimili, di bambini malati spacciate per manifesti umanitari della ferocia annichilatrice e genocidaria di Israele e pubblicate a tutta pagina in prima come un ammonimento contro i nuovi nazisti, i nuovi carnefici, salvo ritrattazioni e scuse del New York Times, salvo sfacciate riproposizioni del falso di quei dementi e violenti vignettisti dell’orrore che agiscono in una piccola e un po’ squallida redazione italiana.

             

Invece non mi inquieta un tondino, si dice così in gergo giornalese, pubblicato a pagina tre, in basso, su Repubblica del 4 agosto, ieri. Il tondino contiene una foto imbucata da Hamas il giorno prima per continuare il suo pogrom, estendere il 7 ottobre con un soprammercato di terrore a beneficio dell’opinione israeliana e internazionale. Il tondino contiene l’immagine di un sopravvissuto di Treblinka, Auschwitz-Birkenau, Dachau (scegliete voi), un giovane di nome Evyatar David, ritratto con la sua povera pelle tirata sulle povere ossa in un “tunnel nella Striscia”, come dice il titoletto, mentre beve da una bottiglietta d’acqua e guarda rassegnato la morte a torso nudo, e credo che sia lo stesso giovane uomo che in un’altra immagine è ritratto mentre si scava da solo nel tunnel una fossa adatta a contenere il suo cadavere imminente, e non mi inquieta nemmeno la didascalia di un anonimo volenteroso carnefice redazionale della verità, che dice di lui: “In pessime condizioni”.

   
Ma che straordinario eufemismo si riesce a trovare quando si voglia usare la lingua storta del genocidio ebraico e ignorare il lager per liberare il quale combattono soldati e riservisti di Israele. Non mi inquieta perché il tutto mi sembra rivelatore, e posso solo sperare che sia inconsciamente rivelatore, di un mondo morale appeso al ministero della Sanità di Hamas e ai suoi comunicati e alle sue foto e alle sue didascalie. E questo rivelarsi della verità vera in una sequenza macabra di falsi in prima pagina, di ritrattazioni e di eufemismi in tondino, mi induce a sognare, come in un incubo bastardo che io stesso odio e dal quale vorrei svegliarmi con la pace perpetua attraverso la forza, che gli ostaggi, la natura naturante di questa guerra, come avrebbe detto l’eretico Spinoza, siano liberati vivi e morti nel corso di un’operazione eroica che porti alla polverizzazione di quel che resta del gruppo nichilista al quale si è voluta impiccare la coscienza morale di questo mondo schifoso. Schifoso. Feh, in yiddish.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.