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il rischio democratico

Il patto del male tra l'Iran e la Colombia di Petro, secondo Betancourt

Maurizio Stefanini

Anche grazie alla coalizione che lo sostiene, “il presidente vuole distrarre l’opinione pubblica per impedire che si comprenda la sua vera intenzione: instaurare una dittatura", dice la politica che fu prigioniera delle Farc per sei anni nella giungla colombiana

“Partecipo spesso alle iniziative dell’opposizione iraniana perché penso che sia importante. L’Iran sta finanziando il terrorismo in tutto il  mondo, sta trasformando il narcotraffico in una fonte di reddito per le tirannie globali, sostiene regimi corrotti come quelli di Maduro e Ortega e contribuisce alla destabilizzazione internazionale”. Così Íngrid Betancourt, la politica che fu prigioniera delle Farc per sei anni nella giungla colombiana, spiega la sua presenza alla Conferenza internazionale intitolata “Iran: no alla guerra straniera, no all’accondiscendenza, sì al cambiamento di regime da parte del popolo iraniano e della resistenza organizzata”, che si è tenuta giovedì a Roma al Palazzo dei Congressi. A quattro giorni di distanza dall’esecuzione dei prigionieri politici Behrouz Ehsani e Mehdi Hassani, ricordati tra le centinaia di foto di vittime della repressione esposte durante l’evento. Accanto a Betancourt, erano presenti figure politiche come:  Charles Michel; Matteo Renzi; Lucio Malan; Giulio Terzi di Sant’Agata; Carlo Cottarelli; Rudolph Giuliani; l’ex ministro francese degli Affari esteri, della Difesa, dell’Interno e della Giustizia Michèle Alliot-Marie; l’ex ministro britannico degli Esteri e dell’Interno  James Cleverly; l’ex ambasciatore americano per la giustizia penale internazionale e procuratore del tribunale speciale dell’Onu per la Sierra Leone Stephen Rapp.

Lo scenario iraniano, secondo Betancourt, rischia di contagiare presto anche la Colombia di Gustavo Petro. Già deputata con un record di preferenze per la sua lotta contro la corruzione, fondatrice del partito verde e  candidata presidenziale, spiega che “quando pensi alla Colombia e  a  come aiutarla, devi guardare anche qui dove inizia il male. In Colombia già si intravede la coda di quell’asse, con Gustavo Petro che è il principale artefice del cosiddetto Patto Storico, che è in realtà un patto diabolico”. Pacto Histórico Colombia Puede è il nome della coalizione  che sostiene Petro. “E’ un patto diabolico con cui  si cerca di porre fine alla democrazia colombiana,  proprio come è successo  in Iran. Petro si definisce di sinistra,  mentre  il regime iraniano ha, in teoria, un’ideologia molto diversa, di estrema destra,  tirannica e teocratica. Ma   a questi personaggi l’ideologia non interessa: che siano di destra o di sinistra, si alleano tra di loro per compiere i loro misfatti”.

Petro, visto dall’esterno, appare più come un gaffeur che come una figura  pericolosa. Ha litigato con numerosi  di suoi ministri, e del suo primo ministro degli Esteri ha persino detto di voler fare un golpe contro di lui. Ha convocato  consigli di ministri che si sono trasformati in risse. La vicepresidente Francia Márquez lo accusa di averla usata come “corpo di donna negra” per ottenere voti, salvo poi “celebrarla, strumentalizzarla, consumarla e  infine scartarla”,   emarginandola politicamente: “Da eroina sono diventata una traditrice”, ha detto. L’ultima trovata di Petro è una campagna per ottenere in dono la Statua della Libertà: in caso contrario, ha annunciato che ne farà costruire una copia. Ha anche annunciato un’uscita dalla partership con la Nato, di cui però i comandi militari sembrano non essere stati informati.“Sì, ha una immagine di inetto. Ma su certe cose è estremamente  efficiente. Utilizza le risorse statali per finanziare le sue politiche, ha arricchito la sua famiglia e  il suo entourage, ha sottratto miliardi di pesos. E tutto questo  nella più totale  impunità, così  da poter usare questi fondi come una leva per mantenersi al potere”.

Ora ha organizzato un vertice sulla Palestina a Bogotá, facendo del “genocidio” a Gaza una sua priorità. Intanto sembra aver completamente  dimenticato la questione dei verbali elettorali in Venezuela, che Maduro non ha ancora presentato a un anno dal voto. Quando Petro ha ribadito che quei documenti vanno resi pubblici per garantire la legittimità del risultato, Maduro lo ha aggredito verbalmente. Eppure i due stanno trattando per istituire una “zona binazionale”.  

“Questa è una delle decisioni che dovrebbe  provocare un’insurrezione, perché questo è tradimento. Come si può stipulare un patto con un regime  guidato da un personaggio come Maduro, accusato da più parti di essere il vero capo del Cartello dei Soli? E come si può affidare  la gestione  del nostro confine all’Eln, un’organizzazione criminale e narcotrafficante protetta da Maduro? La Palestina è una cortina fumogena. Petro vuole distrarre l’opinione pubblica per impedire che si comprenda la sua vera intenzione: instaurare una dittatura”.

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