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negli stati uniti

I Maga si dividono sempre di più sul sostegno a Israele, punto fermo dei repubblicani

Matteo Muzio

Dalle critiche di Carlson al gelo dei giovani attivisti, fino alle parole di Bannon e Greene: l’alleanza con Tel Aviv non entusiasma più. E l’America First ridefinisce i confini della politica estera repubblicana

L’ideologia dell’America First, dopo aver portato a una latente inimicizia dell’Amministrazione Trump con l’Unione europea e con l’Ucraina, ora sta dividendo la coalizione Maga   sull’alleanza con quello che finora era considerato il paese preferito dalla destra americana: Israele. La domanda che alcuni Maga si fanno è: il sostegno a Israele è coerente con i nostri princìpi? Oggi tra i giovanissimi sostenitori di Trump, ma non solo, si percepisce “stanchezza”, e rischia di diventare un problema per una ragione molto semplice: il presidente adora compiacere ed essere amato  dalla sua base. Quando non avviene, come con il caso della pubblicazione delle carte del processo al finanziere newyorchese Jeffrey Epstein, si innervosisce e non esita  a puntare il dito contro i “deboli” sostenitori. 

Fino a qualche mese fa mettere in discussione il sostegno a Israele all’interno del Partito repubblicano era un tabù, politicamente suicida. In teoria lo sarebbe ancora: se tra l’opinione pubblica, secondo un sondaggio Gallup, in generale il sostegno per le azioni di Israele a Gaza è intorno al 32 per cento, tra i repubblicani è al 71 per cento. Però le crepe in questo legame granitico, supportato anche dal pensiero “cristiano-sionista” che per anni è andato forte nelle fila degli evangelici bianchi (e che di fatto vede lo stato ebraico come alleato chiave dell’America nella lotta con l’Anticristo), si stanno allargando ormai da mesi. 

Nel maggio del 2024 nella sede del Quincy Institute, uno dei think tank più critici dello stato d’Israele dal punto di vista del realismo nelle relazioni internazionali, ha tenuto un discorso l’allora senatore dell’Ohio J. D. Vance dove difendeva sì l’alleanza con Israele, ma radicandola nell’utilitarismo dell’America First. Riconoscendo che le invocazioni a “relazioni speciali” di vecchia data, ormai, non hanno più molta presa sui sostenitori Maga. E un altro pensatoio come la Heritage Foundation, di stretta osservanza trumpiana, lo scorso marzo ha pubblicato un report dal titolo: “U.S.-Israel Strategy: dalla relazione speciale alla partnership strategica” dove si gettano le fondamenta per un nuovo rapporto di mutua utilità. 

Agli occhi della base Maga però, spesso, questa utilità non si vede. Ormai non fa più notizia il tacito sostegno all’Iran da parte di un vecchio idolo della destra trumpiana  come l’ex conduttore di Fox News Tucker Carlson, così come altre figure minori come Nick Fuentes. Ha sorpreso, invece, la dichiarazione di Donald Trump di lunedì scorso  sulle immagini provenienti dalla Striscia di  Gaza in cui diceva che “certe cose non si possono falsificare e quei bambini sembrano davvero molto affamati”. E’ questo il sintomo di  una rottura netta tra le fila del movimento Maga, di fatto generazionale. Anche l’ex stratega di Trump Steve Bannon ha detto al magazine Politico: “Israele tra gli under 30 trumpiani di fatto non ha quasi nessun sostegno”. E pure al summit di Turning Point, la principale associazione di giovani studenti trumpiani che si è tenuto a luglio, si parlava Israele come di un “punto debole”, pure costoso nel campo dei “soldi pubblici”. Come a dire che, se gli interessi delle due nazioni divergessero, gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare Israele. Anche una deputata che in genere si è sempre fatta notare per le posizioni di pura piaggeria nei confronti di Trump come Marjorie Taylor Greene ha definito quello che sta succedendo a Gaza un  “genocidio”. E  si è allineata con le posizioni della sinistra radicale che in questi giorni, su proposta del senatore Bernie Sanders, ha lanciato una risoluzione al Congresso per sospendere le forniture di armi a Israele. 

Se da un lato queste posizioni Maga testimoniano che l’antisemitismo non sia  solo un problema a sinistra (gli ammiccamenti a Hitler e alla Shoah da parte di podcaster trumpiani cominciano a diventare  sempre più frequenti), di sicuro la policy americana nei confronti di Israele non cambierà a breve. E’  però un segnale, anche su questo tema, di come la rivoluzione Maga abbia  sepolto definitivamente i valori tradizionali repubblicani.
 

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