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Una lezione di storia dal terremoto in Kamchatka

Micol Flammini

La terra nell'estremo oriente della Russia ieri sembrava seguire le dinamiche mondiali, ma dopo la scossa russa sull'Ucraina ancora non sappiamo dominare gli tsunami

Non è raro che la Kamchatka tremi. E’ una penisola grande, quasi un paese, se non fosse parte della Russia. E’ innevata e gelata per la maggior parte dell’anno, è puntellata da centossessanta vulcani, alcuni ancora fumanti. Ospita circa trecentomila persone, che hanno abbastanza spazio in cui vivere su un territorio di duecentosettantamila chilometri quadrati. Il terremoto che ha scosso la penisola quando ieri in Europa erano le prime ore del nuovo giorno è stato di magnitudo 8.8, il più forte dal 1952, hanno detto i sismologi russi. La penisola ha un fuso orario di dieci ore avanti rispetto all’Italia, era nel pieno delle sue attività quando i medici hanno visto i letti in sala operatoria tremare, le persone hanno osservato le macchine nei parcheggi ondulare e tutto, tranne la terra, si è fermato. Non è una regione ospitale quella dell’estremo oriente russo, infatti nella storia è stata usata come zona di confino, come la maggior parte delle zone inospitali da cui Mosca aveva la pretesa di estrarre ricchezze a un prezzo altissimo per le vite umane tra quelle reputate irrilevanti. Anton Cechov decise di andare a conoscere questa Russia poco esplorata, tornò con addosso “un sentimento che, forse, ha già provato Odisseo mentre navigava per mari sconosciuti”, disse che l’esperienza era stata “un viaggio all’inferno” e scrisse un libro dedicato all’isola di Sakhalin, che ieri ha tremato assieme alla Kamchatka e alle isole Kurili, investendo una vasta zona con il rischio imminente di uno tsunami per cui sono stati allertati il Giappone e le Hawaii. Durante il giorno il rischio è rientrato, l’arrivo degli tsunami è stato contenuto, ma ieri l’estremo oriente russo sembrava seguire l’andamento delle vicende mondiali. Il terremoto in Kamchatka come un colpo alla storia. La Russia ha sconvolto il mondo con la guerra di aggressione all’Ucraina, ha riscritto le alleanze, ha sdoganato aggressioni, generato infiniti conflitti proprio come tsunami pronti a raggiungere coste a 5.100 chilometri di distanza in linea d’aria. Tutto sembra parallelo, scritto, una sincronia tra storia e terra. Il terremoto è stato a una profondità di venti chilometri, il Giappone, le Hawaii, il Cile e la Polinesia  hanno atteso le conseguenze, con preparazione e prontezza, imparando dal passato e in questo, purtroppo, non c’è corrispondenza tra storia e terra. La Kamchatka trema perché si trova nel punto di contatto tra due placche, quella continentale nordamericana e quella oceanica del Pacifico, e ogni evento sismico è preceduto da avvisaglie: questa  volta erano stati cinquanta terremoti di magnitudo 5 ad avvisare che qualcosa di più grande sarebbe potuto accadere ed è accaduto portando  conseguenze in tutta la zona, frastornando fino alla morte anche un gruppo di balene, andate a spiaggiarsi sulle coste giapponesi. 

Vladimir Putin ha un’ambizione: vuole costruire un ponte che colleghi l’isola di Sakhalin alla terraferma. Prima di lui   già Stalin, dopo aver invaso le isole Kurili, aveva smosso architetti e ingegneri per costruire l’impossibile in un zona sempre in movimento. Ma Stalin voleva anche il ponte che legasse la Crimea alla regione russa di Krasnodar e non ci riuscì. Putin invece festeggiò l’opera dopo aver occupato la Crimea e prima della sua guerra  di invasione totale dell’Ucraina. Anche allora ci furono prima le avvisaglie, piccoli  terremoti al largo dalla costa. Poi ci fu il grande terremoto. Oggi gli tsunami non sono ancora finiti. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)