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l'analisi

L'Ue non può importare 750 miliardi di dollari di energia dagli Usa

Lorenzo Borga

Le richieste di Trump sull'energia sono irrealistiche e non sono sotto il diretto controllo dei governi europei. Gli acquisti americani aumenteranno, ma questo sarebbe avvenuto anche senza un accordo 

“Le persone vogliono credere di avere a che fare con qualcosa che è il più grande, il migliore, il più spettacolare nel suo campo. Io le chiamo iperboli veritiere. E’ un’esagerazione innocua, e anche molto efficace in termini promozionali”. Firmato: Donald J. Trump. Il presidente potrebbe essersi ispirato a questo passaggio dal suo libro “The art of the deal” (1987) mentre declamava gli investimenti promessi dagli europei in cambio della sua clemenza commerciale. Tra gli altri, Trump ha strappato l’impegno dell’Ue a comprare 750 miliardi di dollari in prodotti energetici americani (250 all’anno entro il 2028). Ma i numeri smentiscono le “iperboli veritiere” del presidente: gli Stati Uniti non hanno tutto il petrolio e il gas liquefatto (Gnl) che ci chiedono di acquistare. Nel 2024 infatti gli americani hanno venduto all’estero 115 miliardi di dollari di petrolio greggio, 69 di gas e 1,5 di uranio. Anche se dirottassero tutte le spedizioni verso l’Unione Europea, stralciando i contratti con il resto del mondo, non riuscirebbero a venderci tutti gli idrocarburi che ci chiedono di comprare. Pur sommando tutti i prodotti raffinati dal petrolio – come il diesel, la benzina, il jet fuel e la nafta – che gli Stati Uniti esportano nel mondo per 126 miliardi di dollari, l’impegno europeo rimane del tutto irrealistico.


Allo stesso tempo l’Europa non avrebbe modo di consumare una tale montagna di idrocarburi. La Commissione europea giustifica il piano con un nobile intento, affermando che l’energia americana servirà a sostituire fino all’ultima molecola di gas russo, che ancora fluisce nel continente attraverso il Turkstream (il gasdotto che, attraversando il Mar Nero, arriva in Grecia e Bulgaria) e, allo stato liquido, via mare. Qui l’aritmetica pone però un nuovo problema. L’Ue ha infatti comprato dalla Russia poco meno di 34 miliardi di euro di idrocarburi nel 2024: la somma promessa agli Stati Uniti è dunque sovrastimata per eccesso di oltre sette volte. Esistono ulteriori limiti tecnici al sogno di Trump di inondare l’Europa del proprio gas e petrolio. Per quanto sia la commodity per eccellenza, il greggio non è  tutto uguale. Ne esistono diverse qualità, più o meno dense e più o meno ricche di zolfo. Il West Texas Intermediate – il petrolio più comune estratto negli Stati Uniti – non è adatto per tutte le raffinerie europee, né con ogni utilizzo. Per questo motivo l’Europa, come fanno tutti i paesi, diversifica i propri fornitori anche in base alla qualità.


Per di più l’Europa con una mano promette maggiori acquisti di gas e petrolio americani, e con l’altra approva direttive e regolamenti che puntano a ridurre al più presto il consumo di questi idrocarburi. Entro la fine del decennio l’Ue è destinata a tagliare i propri consumi di gas di un quarto, e quelli di petrolio e derivati del 5 per cento. Se dovesse far posto ai prodotti americani sarebbe costretta a interrompere ogni acquisto di idrocarburi da altri partner (Norvegia, Azerbaijan, Qatar, Algeria in primis) oppure rimangiarsi i propri piani di decarbonizzazione. Trump ne sarebbe certamente felice, ma di certo queste non sono oggi opzioni credibili. Ecco perché il Commissario europeo al commercio Maros Sefcovic ha sottolineato già nelle prime ore successive all’accordo che quelli sugli acquisti di prodotti energetici non sono impegni vincolanti, bensì semplici stime ritenute plausibili. Non può che essere così, dal momento che a firmare i contratti non sono i 27 governi europei bensì le società energetiche che riforniscono il continente (e che non per forza sono europee).


Le richieste di Trump sull’energia appaiono irrealistiche e non sotto il diretto controllo dei governi europei. Gli acquisti di prodotti energetici americani verosimilmente aumenteranno, come sarebbe avvenuto anche senza un accordo. La Germania ha da poche settimane firmato un’intesa con un esportatore americano di gnl, come ha appena fatto l’Eni, assicurandosi quasi 3 miliardi di metri cubi di gas annui per vent’anni. Ma le “iperboli veritiere” del presidente americano resteranno, appunto, iperboli.

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