Tutto quel che Trump e l'Ue devono ancora definire sui dazi

David Carretta

Numeri e incognite. Ecco dove l’accordo tra America e Unione europea fa più male. Il “sollievo immediato” e il dopo

Bruxelles. L’accordo con il presidente americano, Donald Trump, sui dazi del 15 per cento e oltre sui prodotti europei è “il meglio che potevamo ottenere”, ha detto domenica la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Criticata da responsabili politici ed economisti,  l’intesa con gli Stati Uniti “garantisce la continuità degli scambi commerciali”, ha spiegato ieri il commissario al Commercio, Maros Sefcovic. “Fermiamoci un attimo e consideriamo l’alternativa. Una guerra commerciale può sembrare allettante ad alcuni, ma comporta gravi conseguenze. Con un dazio di almeno il 30 per cento, il nostro commercio transatlantico di fatto si arresterebbe”. La prospettiva era reale. La scadenza del primo agosto, quando sarebbero entrati in vigore i dazi di Trump al 30 per cento, era vicinissima. “Le nostre imprese ci hanno inviato un messaggio unanime: evitare l’escalation e lavorare per una soluzione che offra un sollievo immediato”, ha spiegato Sefcovic. Questa era anche la richiesta dei principali stati membri che esportano negli Stati Uniti: Germania, Italia e Irlanda. Prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca, von der Leyen e la sua Commissione si erano preparate alla guerra commerciale, a dazi di ritorsione e a usare il “bazooka” dello strumento anticoercizione. Sei mesi dopo, gli interessi economici di breve periodo di alcuni stati membri e quelli geostrategici di lungo periodo dell’Ue hanno preso il sopravvento. Il prezzo da pagare è di quasi 60 miliardi di euro di dazi su 380 miliardi di euro di esportazioni (quasi dieci volte di più di prima del ritorno di Trump) e la rinuncia a difendere il commercio internazionale basato sulle regole. Il rischio è che “la stabilità e la prevedibilità” promesse da von der Leyen siano solo illusioni.

 
L’accordo per ora è solo un impegno verbale. Nei prossimi giorni, la Commissione e l’Amministrazione americana negozieranno i dettagli di una “dichiarazione congiunta”, che delineerà gli impegni di ciascuno. Un accordo bilaterale classico tra l’Ue e gli Stati Uniti dovrà essere negoziato e concluso in seguito per mettere in pratica alcune delle concessioni fatte dagli europei. L’accordo raggiunto nel resort del Golf Club di Turnberry, in Scozia, prevede che gli Stati Uniti dal primo agosto impongano dazi del 15 per cento su gran parte dei prodotti europei. Per i colossi dell’automobile tedesca è un sollievo immediato, rispetto ai dazi del 27,5 per cento che stanno pagando dallo scorso marzo. Per l’alluminio e l’acciaio non ci saranno sconti immediati: von der Leyen ha assicurato che ci sarà una quota a dazio ridotto, ma per il momento l’aliquota rimane al 50 per cento. L’Ue si è impegnata ad acquistare prodotti energetici (petrolio, gas e combustibile nucleare) per 750 miliardi di euro in tre anni, a fare investimenti per 600 miliardi di euro negli Stati Uniti e a comprare armi americane. Sono tutti impegni che sono nelle mani delle imprese private o dei governi nazionali. Più concretamente, la Commissione ha accettato di azzerare i dazi su gran parte delle esportazioni americane, comprese le automobili, i macchinari e alcuni prodotti chimici, malgrado il rischio che i produttori europei decidano di spostare gli impianti di produzione negli Stati Uniti. L’Ue applicherà dazi zero anche ad alcuni prodotti agricoli, tra cui formaggi, noci e pesce. Gli Stati Uniti applicheranno dazi zero solo sui prodotti europei da cui dipendono: gli aerei, alcuni dispositivi medici e farmaci generici, le risorse naturali non disponibili come il sughero.

 

Il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e la premier italiana, Giorgia Meloni, avevano spinto per una strategia negoziale remissiva per limitare i danni. E’ stata evitata “un’inutile escalation nelle relazioni commerciali transatlantiche”, ha detto Merz. Per Meloni, il dazio al 15 per cento “è sostenibile”. Il premier ungherese, Viktor Orbán, si è felicitato perché “Donald Trump si è mangiato Ursula von der Leyen a colazione”. La reazione più virulenta è arrivata dalla Francia di Emmanuel Macron. “E’ un giorno buio quando un’alleanza di popoli liberi, uniti per affermare i propri valori e difendere i propri interessi, decide di sottomettersi”, ha scritto su X il primo ministro, François Bayrou. Il ministro per gli Affari europei, Benjamin Haddad, ha chiesto di attivare lo strumento anticoercizione per tassare i servizi digitali o escludere le imprese americane dagli appalti pubblici. Dopo l’accordo “è ancora più urgente”, ha detto Haddad. Eppure la Francia ha contribuito a disarmare la Commissione durante i negoziati, quando si è opposta ad applicare una ritorsione sul bourbon americano per il timore che Trump potesse rispondere con dazi del 200 per cento sullo champagne e sul vino. È stato da quel momento che von der Leyen ha scelto di  ricercare un accordo a qualsiasi costo. “Erano tutti contenti di aver lasciato i negoziati alla Commissione, di criticarla o di fare dichiarazioni belligeranti in pubblico, salvo chiedere un trattamento privilegiato per proteggere i propri interessi e settori nazionali in privato”, spiega un funzionario europeo.

 
La forza o la debolezza dell’Ue dipende dai suoi stati membri. La dipendenza degli europei dagli Stati Uniti per la loro sicurezza ha avuto un peso significativo, come ha detto anche Sefcovic: “Non si tratta solo di commercio, si tratta di sicurezza, di Ucraina, della volatilità dell’attuale situazione geopolitica. Non posso andare nei dettagli, ma posso assicurarvi che non c’entra solo il commercio”. Il pericolo ora è che Trump continui a sfruttare le debolezze europee. L’accordo di Turnberry rimane  ambiguo e l’Amministrazione americana minaccia già di imporre dazi più alti del 15 per cento in altri settori strategici per l’Ue. La  lista dei prodotti europei a cui gli Stati Uniti non imporranno dazi è quasi tutta da scrivere. Ci saranno il vino e gli alcolici? Von der Leyen ha assicurato che ci sarà una quota a dazio ridotto per l’alluminio e l’acciaio, ma Trump ha escluso di scendere sotto il 50 per cento.  L’Amministrazione sta finalizzando le indagini per imporre dazi su farmaceutica, semiconduttori e legno con la scusa della sicurezza nazionale. Saranno del 15 per cento o più alti? “Gli Stati Uniti ritengono di avere mani libere”, ma per la Commissione, i dazi americani sui farmaci e i semiconduttori “dovranno essere del 15 per cento”, spiega un funzionario. Von der Leyen ha avvertito Trump che l’Ue “non supererà la linea del 15 per cento in altri settori”, aggiunge il funzionario. Se Trump non rispetterà l’accordo di Turnberry, la Commissione potrebbe usare le misure di ritorsione per 93 miliardi preparate in caso di mancato accordo. Ma i governi dovrebbero essere pronti a sostenere un’escalation.

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