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Investimenti cinesi. La Nuova via della seta riparte da Africa, energia e minerali critici
124 miliardi in sei mesi per progetti di varia natura. Di questo passo, tutto lascia intendere che l'Africa diventerà da qui alla fine del 2025 il principale beneficiario di iniziative legate alla Nuova via della seta, a scapito anche dell'America Latina. Il consolidamento del ruolo dominante della Cina sul fronte minerario
Finita quasi nell’ombra negli ultimi anni e vista come un progetto ormai stagnante se non addirittura controverso, nel primo semestre del 2025 la Nuova via della seta cinese è tornata prepotentemente sotto ai riflettori. Le parole chiave che aiutano a definire i contorni di questo ritorno in grande stile orchestrato da Pechino sono tre: Africa, energia e minerali critici. Le infrastrutture, cuore pulsante del progetto cinese lanciato nel 2013 per potenziare le rotte commerciali globali, sono ovviamente ancora presenti, ma hanno lasciato il palco principale ad altre dimensioni ritenute strategiche dalla leadership del presidente cinese Xi Jinping. La panoramica è stata appena fornita dall’università australiana Griffith University e dal centro di ricerca Green Finance & Development Center, basato nella capitale della Repubblica popolare cinese. Nel primo semestre del 2025, il gigante asiatico ha impiegato 124 miliardi di dollari in progetti di varia natura ma comunque sotto al cappello della Nuova via della seta. Il semestre di gran lunga più dinamico della storia per l’iniziativa, considerando ad esempio che nel corso dell’intero 2024 sono stati “solamente” 122 i miliardi fatti confluire verso progetti legati al piano. Un dato che può essere scorporato in due grandi filoni: contratti di costruzione, con un ammontare pari a 66,2 miliardi di dollari, e investimenti, per circa 57,1 miliardi di dollari.
A risaltare è innanzitutto il peso che l’Africa ha ricoperto nel periodo in oggetto. Sono stati infatti ben 39 i miliardi investiti dalla Cina nel continente da gennaio a giugno, con la Nigeria che da sola è stata in grado di attrarre 20 miliardi di dollari. Considerando i settori in cui Lagos brilla di più dal punto di vista economico, non sorprende che questo denaro sia stato destinato a finanziare un impianto industriale attivo nel settore del gas naturale nei pressi della capitale nigeriana. Di questo passo, tutto lascia intendere che l’Africa diventerà da qui alla fine del 2025 il principale beneficiario di iniziative legate alla Nuova via della seta. A scapito, anche, dell’America Latina, che ha invece visto crollare al punto più basso da dieci anni a questa parte gli impieghi di denaro da parte cinese. Poi ci sono i minerali critici, e qui entra in gioco l’Asia Centrale e soprattutto il Kazakistan, gigante economico e geografico regionale. Quest’ultimo ha attratto 23 miliardi di dollari di investimenti nel primo semestre, primo paese al mondo, principalmente in progetti legati al settore dell’estrazione e della lavorazione dell’alluminio e del rame.
Appare chiaro come la Cina stia provando a consolidare ulteriormente il proprio ruolo dominante sul fronte minerario: come riportato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia nel suo ultimo report sul tema, il mercato è sempre più concentrato. Per il rame, il litio, il nichel, il cobalto, la grafite e gli elementi delle terre rare, lo scorso anno la quota di mercato media dei primi tre produttori a livello mondiale è cresciuta fino all’86 per cento, contro l’82 per cento del 2020. Una crescita dell’offerta che va ascritta principalmente alla Cina, sempre più pervasiva da questo punto di vista. Minerali che servono anche, se non soprattutto, per il settore tecnologico. Anche questo comparto ha attratto grande attenzione da parte di Pechino: gli investimenti si sono concentrati principalmente sulle batterie e sulla produzione di veicoli elettrici e hanno riguardato anche l’Europa e, ancora una volta, l’Africa. Si prendano ad esempio l’impiego di 2,1 miliardi di dollari in uno stabilimento di batterie al litio in Portogallo oppure i 700 milioni di dollari investiti in un impianto di produzione di vetro per pannelli fotovoltaici in Egitto. Il contesto internazionale aiuta a mettere in prospettiva le mosse cinesi. Non può essere un caso, infatti, che il semestre dei record per la Nuova via della seta sia caduto proprio in un momento in cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump spinge con sempre maggiore decisione sul pedale del protezionismo e dei dazi.



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