(foto EPA)

in argentina

La condanna rilancia Cristina Kirchner a capo del fronte anti Milei

Paolo Rizzo

Nonostante l'evidenza delle prove, il pronunciamento della Corte costituzionale nei confronti dell'ex presidente ha spaccato il paese. Rischiando adesso di logorare la stabilità del sistema istituzionale argentino

La condanna per corruzione della Corte Costituzionale e l’arresto di Cristina Kirchner rischiano di logorare la stabilità istituzionale in Argentina. E’ un esito paradossale per una nazione che sembrava aver voltato pagina e archiviato definitivamente la stagione del kirchnerismo.  Eppure, nonostante l’evidenza delle prove, la condanna confermata in più gradi di giudizio in un processo che è andato avanti anche durante la vicepresidenza della stessa Kirchner tra il 2019 e il 2023, la sentenza ha spaccato il paese. Ma soprattutto ha resuscitato la  polarizzazione tra kirchneristi e anti-kirchneristi. Secondo i sondaggisti di Trespuntozero, nei giorni successivi alla condanna l’immagine positiva di Kirchner è migliorata. A maggio il 60 per cento degli argentini dichiarava che non avrebbe mai votato per l’ex presidente. Dopo la sentenza la percentuale è scesa al 53 per cento. Solo il 55 per cento degli argentini la ritiene colpevole, mentre per il 38 per cento è innocente. 

 

Il tutto mentre  la cura di Javier Milei continua a ottenere innegabili successi economici. L’inflazione  accumulata nei primi sei mesi (39,4 per cento) è la più bassa degli ultimi cinque anni. Mentre il pil, dopo una  contrazione dell’1,3 per cento nel 2024, registra una crescita superiore al 5 per cento. La povertà è diminuito. E il bilancio dello stato continua a essere in surplus.  L’anno e mezzo di presidenza Milei sembra aver capovolto l’Argentina. Al posto della tradizionale schizofrenia economica del paese c’è un’apparente stabilità, mentre la tipica solidità istituzionale  inizia a vacillare. Il peronismo kirchnerista, esperto in organizzazione di storiche proteste di massa capaci di far vacillare i governi, potrebbe aver così trovato la chiave di volta contro la presidenza Milei. Finora, le grandi manifestazioni si sono rivelate un flop. Difficile d’altronde riuscire a riempire le piazze dopo aver consegnato a Milei un paese in recessione e sull’orlo dell’iperinflazione. Ancor più difficile dopo lo storico processo di disinflazione che in soli 18 mesi ha portato l’inflazione mensile al livello più basso degli ultimi 7 anni, quarantena Covid esclusa. In più Milei ha revocato la gestione dei sussidi alle organizzazioni sindacali riducendone il potere ricattatorio sugli iscritti. 
Molto più facile, invece, è alimentare la protesta per un presunto “colpo di stato giudiziario” contro un simbolo della politica argentina. Da  anni Cristina Kirchner sostiene la tesi del lawfare, ossia dell’uso politico della giustizia da parte della magistratura. Ai suoi occhi, la condanna è la conferma di un presunto piano dell’élite argentina per eliminarla come avversario politico.  Eppure i termini della condanna  le garantiscono una centralità politica che stava svanendo. Kirchner sta scontando la pena presso il suo domicilio di Buenos Aires. Può ricevere visite, ha libero accesso ai social media e, soprattutto, al balcone di casa sua da cui saluta i militanti. Sono benefici di cui può godere in quanto ultrasettantenne e perché già vittima di un poco chiaro tentativo di omicidio nel 2022. 
Da navigata  politica, Kirchner vede già il lato positivo della sentenza. Crede che la condanna a sei anni di reclusione e l’inibizione perpetua dagli uffici pubblici la riabiliteranno politicamente così come fu con Lula. Non è un caso che i due si siano già incontrati nell’appartamento dove Kirchner sconta la sua condanna.  A differenza di Lula Kirchner non potrà  candidarsi (a meno di un, a ora, improbabile indulto), ma la  ritrovata centralità politica le permetterà decidere il prossimo candidato presidente del peronismo. Dopo aver scelto Daniel Scioli nel 2015, Alberto Fernández nel 2019 e Sergio Massa nel 2023, toccherà di nuovo a lei indicare il frontman nel 2027. 
Difficile capire se sarà di nuovo Massa o il delfino ribelle Axel Kicillof. Oppure lo stesso figlio di Cristina, Máximo Kirchner. Di certo un eventuale presidente  peronista dovrà arrivare alla Casa Rosada  con l’appoggio di Cristina e, in cambio, dovrà concederle l’indulto. Non tanto per riacquistare la libertà ma per assolverla davanti alla storia.  La condanna di Cristina  diventa quindi la raison d’etre dell’opposizione. Impossibile, almeno per ora, contestare i risultati economici di Milei. Più semplice denunciare la presunta deriva autoritaria. E’ su questo tema che si muoverà la politica  argentina nei prossimi mesi, in vista delle elezioni provinciali di Buenos Aires a settembre  e legislative a ottobre.

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