l'insaziabile

Putin vuole tutto e non vede i rischi

Micol Flammini

Mosca ride di Trump, ma tra gli uomini d'affari russi c’è chi ha motivi seri per temere gli annunci del presidente americano e già si lamenta del Cremlino che ha perso la sua occasione per trattare il cessate il fuoco

Secondo Maksim Suchkov, direttore dell’Istituto di studi internazionali presso l’Università Mgimo di Mosca, con Donald Trump il trailer è sempre meglio del film. L’analista russo ha scritto una sua breve analisi sul quotidiano Kommersant che ieri, come gli altri giornali russi, commentava la decisione di Trump di minacciare la Russia di sanzioni se non raggiungerà un accordo con l’Ucraina entro cinquanta giorni e di dare il via libera per un sistema di acquisto di armi americane da parte degli europei per rifornire Kyiv. Suchkov prosegue il suo intervento osservando che il presidente americano ha evitato di prendere misure radicali, “come suggerito dai falchi nella sua Amministrazione”, e quindi, conclude l’analista, “ci sono ancora prospettive di dialogo con gli americani”.

 

Anche il presidente americano ha confermato, durante un’intervista alla Bbc, di essere molto deluso da Vladimir Putin, ma che il  rapporto con il capo del Cremlino non si è chiuso. Mosca finge che nulla sia accaduto, i collaboratori di Putin si mostrano entusiasti o cauti, omaggiano la decisione di Trump di volere un rapporto con la Russia. Il capo del Fondo russo per gli investimenti all’estero, Kirill Dmitriev, che gestisce il suo account su X quasi esclusivamente in inglese per mandare segnali all’Amministrazione americana, ha detto che il dialogo “costruttivo tra russi e americani” va avanti e ha accusato chi segue “le false narrazioni di Joe Biden ... di voler far sprofondare il mondo nell’inverno”: l’accusa segue le lamentele  di Trump che continua a prendere le distanze da una guerra che, ripete infinite volte, “non è la mia, è la guerra di Biden”. Dmitriev sa come parlare, sa come farsi capire dal mondo americano e ha pubblicato un video tratto dal “Trono di spade” con i personaggi della serie americana che ripetono: “Winter is coming”, l’inverno sta arrivando.

 

Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha commentato in modo attendista, dicendo che Mosca ha bisogno di tempo per giudicare le decisioni di Trump “piuttosto serie”. I propagandisti russi invece attaccano e umiliano, presentando il presidente americano come inerme di fronte al “deep state”, incapace di prendere decisioni, ridicolo e in grado di soli “ultimatum teatrali”, come ha scritto l’ex premier ed ex presidente Dmitri Medvedev, che poi non fanno che deludere “l’Europa belligerante”.  

 

La minaccia di Trump non ha spaventato la Russia, i mercati russi hanno aperto in rialzo del 4 per cento, e la politica ha avuto un argomento in più per non mostrarsi sconvolta dagli annunci del presidente americano. Il Cremlino è ormai convinto di andare avanti comunque e da quando è arrivato Donald Trump alla Casa Bianca la guerra contro l’Ucraina si è fatta ancora più martellante. Ogni volta che Trump ha provato a concludere un accordo, l’esercito russo ha esteso i suoi attacchi. Putin non crede che esista un presidente americano in grado di fermarlo, ha detto a Trump che vuole finire l’occupazione della regione di Donetsk, di cui controlla circa il 70 per cento, e l’ultimatum di cinquanta giorni del capo della Casa Bianca gli concede ancora altro tempo

 

La classe politica russa non si scompone, i suoi propagandisti deridono gli Stati Uniti sdentati e gli europei sempre delusi. Chi invece inizia a sussultare sono i membri dell’élite finanziaria russa, sempre più preoccupati per il deterioramento dell’economia, dall’inflazione dovuta alle sanzioni e anche “alla frenesia di spesa di Putin in tempo di guerra”, scrive Catherine Belton sul Washington Post. La giornalista britannica, autrice di “Gli uomini di Putin”, un libro importante per capire la rete di potere che il capo del Cremlino si è costruito attorno, scritto dopo una lunga inchiesta, racconta di un senso di frustrazione profondo che circola in alcuni ambienti in Russia, in cui soprattutto gli uomini di affari si sono convinti che Putin abbia ormai sprecato un’occasione non accettando un cessate il fuoco con Kyiv nel momento in cui la nuova Amministrazione americana sembrava pronta ad andare incontro a ogni sua pretesa. Anziché accordarsi, Putin ha continuato a colpire, sempre più forte, deludendo Trump e mettendolo nella condizione di sentirsi preso in giro. La fiducia è svanita, il momento in cui Mosca avrebbe potuto ottenere molto si è chiuso e la colpa è di Putin, ritenuto incapace di accontentarsi. “Vuole tutta l’Ucraina”, aveva detto Trump. “Vuole troppo”, aveva commentato il vicepresidente americano J. D. Vance sempre indulgente con Mosca e tra i più astiosi nei confronti di Kyiv. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)