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Che cos'è questo nuovo coordinamento atomico fra Londra e Parigi

Giulia Pompili

Regno Unito e Francia si coordinano sul nucleare. Contro Putin e con un occhio a Trump

Ieri il primo ministro Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron a Londra hanno firmato, tra le altre cose, un documento che rafforza la loro cooperazione nel settore della Difesa e soprattutto una dichiarazione congiunta per “approfondire la cooperazione nucleare e collaborare più strettamente che mai sulla deterrenza nucleare”. E’ un nuovo tabù che crolla, in un’èra di stravolgimenti politici iniziata con l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, tre anni e mezzo fa. Non si tratta di un nuovo ombrello atomico – la dottrina della deterrenza nucleare è ben più articolata di così – ma di un passo ulteriore verso un’integrazione che serve alla prontezza in caso di minacce concrete. Nella dichiarazione, firmata durante la visita di stato di Macron a Londra, si legge che i due arsenali di Francia e Regno Unito resteranno indipendenti, ma che saranno pronti ad allinearsi: “Qualsiasi minaccia estrema all’Europa indurrebbe una risposta da entrambe le nazioni”. Fino a oggi una deterrenza credibile si basava sull’idea di programmi nucleari autonomi, strettamente legati alla sicurezza nazionale. Ma quella arrivata ieri è considerata la dichiarazione pubblica più esplicita finora sulla volontà di Parigi e Londra di coordinare la propria posizione e quindi anche una eventuale risposta nucleare. 

Francia e Regno Unito sono gli unici due paesi della regione europea dotati di arsenali atomici, e insieme agli Stati Uniti compongono i paesi Nato dotati ufficialmente di testate. Il passo compiuto ieri arriva dopo la sempre più concreta possibilità di un ridimensionamento dell’impegno della Casa Bianca di Donald Trump nei confronti della sicurezza europea, e soprattutto a seguito dell’aumento della minaccia nucleare che arriva dalla Russia di  Putin, che a  novembre del 2024 ha approvato alcune modifiche alla dottrina nucleare russa e reso più facile l’uso del proprio arsenale. 

La dottrina nucleare russa ora prevede che un attacco da parte di uno stato non nucleare, se sostenuto da una potenza nucleare, sarà considerato un attacco congiunto alla Russia. 

Da sempre Francia e Regno Unito lavorano al coordinamento del loro sistema di deterrenza. Già nel 1995, con la dichiarazione di Chequers, erano stati riconosciuti degli interessi strategici comuni dei due paesi che avevano poi portato nel 2010 ai trattati di Lancaster House, che riguardano anche la cooperazione nucleare. Quello di ieri sugli arsenali atomici è di fatto un aggiornamento dei trattati di  Lancaster House “attraverso una nuova ‘Entente Industrielle’”, si legge nella dichiarazione, “che farà della Difesa un motore di crescita”. Secondo quanto riportato dal Financial Times “un gruppo di supervisione nucleare, copresieduto dall’Eliseo e dal Cabinet Office del Regno Unito, sarà responsabile del ‘coordinamento della crescente cooperazione in materia di politiche, capacità e operazioni’”. Londra ha a disposizione circa 225 bombe con il programma Trident, la Francia circa 290, e anche sei i numeri sono in crescita sono incomparabili con la capacità di Stati Uniti e Russia. La dottrina di deterrenza nucleare prevede poi che ci sia sempre almeno un’opzione di cosiddetto “second strike”, di contrattacco sempre attiva, che sia pronta quindi a rispondere a una eventuale aggressione nucleare: i sottomarini armati con missili nucleari sono gli strumenti più efficaci da questo punto di vista, e per ora l’Europa ha a disposizione i quattro Vanguard inglesi e  quattro Le Triomphant francesi – otto in totale, spesso operativi contemporaneamente ma la cui operatività a volte si riduce fra manutenzione e costi. Diversi analisti ieri facevano notare che il Trident inglese ha poi un ulteriore limite: è fortemente dipendente dall’America per il suo funzionamento e aggiornamento, e una cooperazione più approfondita con la Francia significa eliminare tempi – ed eventuali problemi politici – con Washington. L’accordo di ieri è importante “sul piano simbolico”, dice al Foglio Riccardo Alcaro, responsabile del programma “Attori globali” dello Iai, “perché dà un segnale di una maggiore assunzione di responsabilità europea per la sicurezza e la difesa del continente. E poi è importante sul piano politico, perché segna un ulteriore rafforzamento delle relazioni fra il Regno Unito e la principale potenza militare dell’Ue”, non solo a livello Nato, ma anche nelle relazioni con l’Europa. Anche a livello operativo “può essere una misura importante perché i due arsenali sono ridotti e soprattutto faticano a essere sempre operativi”, dice Alcaro.

 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.