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in medio oriente

Il regime di Teheran caccia a forza gli afghani accusandoli di essere spie di Israele

Tatiana Boutourline

L’Iran espelle oltre 250 mila afghani in un mese, con l'accusa di essere informatori al soldo di Tel Aviv. Famiglie distrutte, donne sole abbandonate al loro destino e bambini senza patria, in una crisi umanitaria ignorata

Quando i pullman li scaricano al valico di frontiera di Islam Qala, gli afghani ripudiati da Teheran sono già esausti e disorientati, hanno affrontato un lungo viaggio, con poco da bere e ancora meno da mangiare, ore e ore in cui i bambini hanno pianto e le madri hanno implorato clemenza. “Siamo sempre stati dei buoni padroni di casa, ma la sicurezza nazionale è una priorità e naturalmente gli stranieri che sono in Iran illegalmente se ne devono andare”, ha detto la portavoce del governo iraniano Fatemeh Mohajerani. E così gli afghani accusati di essere non solo superflui, ma pericolosi e ingrati,  “spie”, “traditori”, “manovratori di droni” che avrebbero coadiuvato Israele nella guerra dei dodici giorni, si mettono in fila e avanzano oltre il confine che non avrebbero voluto attraversare, avanzano di notte e sotto il sole, con temperature che oscillano tra i quaranta e i cinquanta gradi. Alcuni trascinano valigie più e meno grandi, altri hanno infilato quello che potevano dentro sacchi di plastica, altri ancora non hanno avuto modo di prendere nulla, e camminano stringendo i figli tra le braccia.


Di tanto in tanto qualcuno stramazza a terra per il caldo e per la sete. Stando alle autorità di confine sono tredici i corpi che sono stati individuati nelle ultime due settimane lungo questo percorso e si tratta di un numero che rischia di salire. Sono più di 250 mila gli afghani espulsi dall’Iran nel solo mese di giugno, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), più di trentamila persone al giorno, una cifra talmente alta da non consentire all’agenzia di prestare aiuto a più del 10 per cento dei deportati. E anche in questo caso l’aiuto è comunque limitato e temporaneo perché l’Oim non può offrire sostegno a lungo termine. “Si stanno creando le condizioni per la tempesta perfetta”, ha messo in guardia Arafat Jamal, rappresentante dell’Unhcr per l’Afghanistan, ricordando da un lato le massicce espulsioni di afghani che, in parallelo, sta portando avanti il Pakistan, e dall’altro, la circostanza che il programma di aiuti che gestisce l’agenzia si è ridotto a soli 538 milioni di dollari (erano 3,2 miliardi tre anni fa). L’Iran sostiene di deportare soltanto afghani privi di permessi, ma la verità è che molte persone in possesso di visti più che validi sono state strappate alle loro vite senza una spiegazione. “Ci trattano come nemici, tutti quanti – ha detto Munir a Bbc Persian – Ci hanno sbattuti in un centro di detenzione, ci hanno portato via il telefono e ci hanno spinto verso il confine, non sappiamo dove andare, non abbiamo più niente”.


Per le donne sole, se possibile, è stato anche peggio.  “Sono arrivati in mezzo alla notte – ha raccontato Sahar al Guardian –  Li ho implorati di darmi due giorni per mettere insieme le mie cose, ma non mi hanno ascoltato. Ci hanno buttato fuori come spazzatura”. Sahar, vedova, cinque figli, originaria della città afghana di Baghlan, viveva in Iran da dieci anni e aveva aperto un piccolo laboratorio di sartoria grazie al quale manteneva la famiglia e coltivava il sogno di comprare una casa. La settimana scorsa è stata arrestata e rinchiusa in un centro di detenzione vicino a Shiraz. Non c’è stato verso di rimandare la deportazione. Eppure fino a pochi mesi fa era raro che le donne fossero espulse, a essere prima minacciati e poi cacciati erano soprattutto i giovani uomini. “Ed era già una situazione abbastanza critica – ha raccontato il ristoratore Batoul Akbari ad al Jazeera –  migliaia di persone cacciate dall’unica casa che abbiano mai avuto. Nascere in Iran ci fa credere di avere due patrie, i nostri genitori sono afghani, ma noi siamo cresciuti qui. Eppure non basta”. Non basta e quindi molti ragazzi si nascondono,  e chi non ci riesce come Sahar deve affrontare un destino che fa paura. Secondo le regole dei talebani, Sahar non potrà viaggiare da sola, né cercarsi un lavoro.  Le sue figlie non potranno frequentare la scuola. Le autorità afghane sostengono di offrire assistenza alle donne senza mahram (ossia senza un uomo adulto che legittimamente le accompagni), ma le testimonianze  dicono tutt’altro. E Sahar si dispera: “Ho chiesto un pezzo di terra, qualsiasi cosa per ricominciare. Mi hanno risposto: sei una donna senza mahram, non possiedi i requisiti”. 


Secondo Teheran, sono più di 2,6 milioni gli afghani che vivono illegalmente in Iran (le stime su quanti siano variano molto, c’è chi dice cinque milioni, chi otto). “Non possiamo accettare che della gente venga nel nostro paese con l’intenzione di portare avanti atti di sabotaggio”, ha detto il ministro dell’Interno Eskandar Momeni il 28 giugno. Nel frattempo il presidente del Parlamento Mohammad Bagher Qalibaf ha suggerito di costruire un muro lungo il confine con l’Afghanistan, i giornali hanno costantemente ricordato il ruolo giocato dagli afghani in due attentati avvenuti nell’ottobre e nell’aprile 2022  e sui social media sono comparsi hashtag in persiano dal titolo: “Deportare gli afghani è una richiesta nazionale”. “Nascere in Iran ci ha dato l’illusione di avere due patrie – ha spiegato Akbari – i nostri genitori sono afghani, ma noi siamo di qui. I nostri figli conoscono solo l’Iran. E invece no, per quanto spazziamo le loro strade e puliamo i loro bagni, siamo comunque non solo estranei, ma addirittura nemici”.

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