negli stati uniti

Trump ottiene la sua legge “big and beautiful”. Musk minaccia di fare un suo partito

Giulio Silvano

Il Senato approva il pacchetto legislativo che definisce l'agenda politica ed economica del presidente con qualche defezione tra i repubblicani. Ma il più furioso di tutti è il più grande donatore del Partito: il fondatore di Tesla 

Martedì mattina all’alba i senatori americani erano già lì, dopo una notte di voti e discussioni, per l’ultima fase di approvazione del “big beautiful bill”, la legge voluta dal presidente Donald Trump, che definisce la sua agenda politica ed economica. Se alla Camera il pacchetto di quasi mille pagine era passato senza troppi intoppi – i deputati sono ormai quasi tutti fedelissimi Maga – al Senato la cosa non è stata semplice. Tre giorni e nottate passati a votare emendamenti e a cercare di capire se la maggioranza ci fosse o no (i senatori repubblicani sono 53 su 100), aggiungendo le modifiche a penna. La maratona di sessioni di voto ha superato il record precedente del 2008. Alla fine, tre repubblicani – Susan Collins, Thom Tillis e Rand Paul – hanno votato contro, cioè assieme ai democratici, e per rompere la parità di 50-50 e passare la legge è servito il voto del vicepresidente J. D. Vance, che è anche presidente del Senato. Ora i senatori possono andare in vacanza con sollievo, visto che hanno votato il “big beautiful bill” entro la scadenza imposta dal presidente. Il testo dovrà ripassare dalla Camera, viste le modifiche apportate, e poi ci sarà la firma di Trump. 

Nella legge ci sono varie misure che non piacevano a molti legislatori e i trumpiani hanno dovuto convincere i colleghi fino all’ultimo. I due temi più spinosi sono i tagli agli aiuti alimentari (di cui beneficiano soprattutto cittadini di stati repubblicani) e quelli al sistema sanitario, il Medicaid. Dall’altra parte si protestava per l’aumento del tetto del debito federale a 5 triliardi di dollari e per le spese eccessive. Trump è riuscito a far innervosire sia i legislatori libertari, che non vogliono aumentare la spesa pubblica, sia quelli che credono in un welfare system almeno per quanto riguarda la sanità e l’alimentazione. Ci sono anche spese massicce per il piano di deportazioni dei migranti, più spese militari (il Golden dome simile a quello israeliano) e tagli alle tasse dei ricchi. Un’analisi dell’ufficio di bilancio del Congresso ha stimato che la legge trumpiana aumenterebbe il debito nazionale di 3,3 triliardi nei prossimi dieci anni. Ed entro il 2034 quasi 12 milioni di americani perderebbero l’assicurazione sanitaria. 

I ritardi sul voto e la necessità di coinvolgere Vance ha dimostrato che esiste ancora una piccola frangia di ribelli dentro il Partito repubblicano. Uno dei senatori che ha votato contro, Thillis, ha detto che finito il suo mandato andrà in pensione, una pratica ormai comune a chi ha deciso di non obbedire ciecamente al mondo Maga, come già aveva fatto l’ex candidato presidenziale Mitt Romney. Il New York Times l’ha definita “l’autodeportazione da Washington”. La stessa via d’uscita è stata scelta da alcuni deputati che si sono opposti alla legge, come Don Bacon che a giugno aveva detto: “Vorrei combattere per l’anima del partito. Non voglio essere uno di quelli che segue il pifferaio giù per il burrone. E penso stia succedendo esattamente questo”. 

Il Senato è rimasto appeso alla scelta della senatrice centrista dell’Alaska Lisa Murkowski, che aveva seri dubbi per via delle politiche energetiche del suo stato, ma alla fine è stata convinta. Murkowski ha parlato di recente della paura della vendetta trumpiana che si sente a Capitol Hill quando si va contro la Casa Bianca. 

Ma il più furioso di tutti per il passaggio del “big beautiful bill” è il più grande donatore del Partito repubblicano: Elon Musk. Finita la bromance con il presidente, il miliardario del tech aveva detto che, se fosse passata la legge, lui avrebbe fondato un nuovo partito, l’American Party. “Al nostro paese serve un’alternativa all’unico partito democratico-repubblicano in modo che il popolo abbia una VOCE”, ha scritto su X. 

Musk detesta la legge trumpiana non soltanto perché va contro la sua idea di stato leggero, ma anche perché dentro ci sono tagli importanti alle sovvenzioni per l’energia pulita, e potenzialmente nuove tasse sui progetti eolici e solari. “Si sta facendo un errore strategico gigantesco”, ha detto Musk, “che lascerà l’America estremamente vulnerabile in futuro”, lasciando scoperta la produzione di energia necessaria per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Altri esperti hanno detto che così la guerra dell’IA la vincerà la Cina. Trump in risposta ha detto che senza le sovvenzioni statali Musk non avrebbe un centesimo, e che potrebbe attivarsi per deportarlo Sud Africa. 

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