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Il colloquio

“Noi non possiamo permetterci le illusioni occidentali sull'Iran”. Parla Matti Fridman

Giulio Meotti

Chi ha permesso all'Iran di arrivare a questo punto deve farsi ora un esame di coscienza. "Il mondo occidentale è governato da bambini che parlano di de-escalation. Non è gente seria e l'occidente non sopravviverà con queste leadership" dice il giornalista e intellettuale canadese

“C’è una sensazione di cambiamento che non si avvertiva in questa regione da molto tempo. L’attacco all’Iran è un punto di svolta, perché a Teheran era stata data la possibilità di espandersi e diventare forte al punto di nuclearizzarsi. Hamas, Hezbollah, houthi e le milizie sciite irachene ci avevano attaccato. Questo non è un conflitto fra israeliani e palestinesi e ora lo vediamo tutti. Come l’inizio della fine del potere iraniano, anche se il regime non credo crollerà. Ma ci sono conseguenze che magari vedremo tra sei mesi”. Così al Foglio Matti Fridman, intellettuale e giornalista canadese che vive a Gerusalemme, scrive su New York Times e Atlantic, autore di libri di successo (dal “Codice di Aleppo” al “Canto del fuoco”) e che ha lasciato l’Associated Press per la sua faziosità antisraeliana. 

“Se questi attacchi riuscissero a distruggere il programma nucleare iraniano e a spezzare la morsa del regime sul suo popolo e su quello di altri paesi, allora la giornata di domenica potrebbe essere ricordata da centinaia di milioni di persone in questa regione, e da miliardi di osservatori da lontano, come un punto di svolta” prosegue Matti Fridman. Per decenni il motore più potente tra i nemici di Israele non sono stati i palestinesi, ma l’Iran. “Un paese 75 volte più grande di Israele e distante più di 1.600 chilometri. In luoghi come lo Yemen e l’Iraq, arsenali missilistici finanziati dall’Iran apparvero nelle mani di fanatici religiosi che dichiararono pubblicamente il loro desiderio non di pace, ma di morte. Migliaia di giovani uomini con il lavaggio del cervello e fasce in testa marciarono a Gaza  e Beirut, promettendo il martirio nello stile della Repubblica islamica. Israele è un posto minuscolo: la larghezza del paese è pari alla lunghezza che compie un pendolare americano. In questi confini, le testate iraniane hanno causato una distruzione di un livello mai visto prima e hanno innescato un corrispondente livello di paura. Di notte, le stazioni del treno di Tel Aviv sono piene di famiglie che vengono a dormire lì, come se questa fosse Londra durante il blitz”. 


Fridman chiede un esame di coscienza a chi ha permesso all’Iran di arrivare a questo punto. “Il mondo occidentale è governato da bambini che parlano di de-escalation, tavolo negoziale e ridurre la tensione, non è gente seria. Non penso che l’occidente sopravviverà con queste leadership. Stavolta Trump ha fatto la cosa giusta e ha dimostrato che gli americani vengono ancora da Marte e gli europei da Venere. Grazie al potere americano, gli europei hanno goduto di decenni di benessere e libertà permettendosi di dimenticare cosa significa essere democratici e liberi. La nuova generazione ha completamente perso di vista cosa significa il mondo in cui viviamo. Noi israeliani non possiamo permetterci questo lusso. Io sono molto critico di Netanyahu, ma sull’Iran ha avuto cento per cento ragione. Ora basta criticismo morale contro Israele da parte dell’occidente. Quello che ha detto il cancelliere Merz è impressionante, ‘Israele fa il lavoro sporco per tutti noi’. Non avrei mai pensato di sentirlo dire da un primo ministro tedesco. Cosa significa de-escalation quando hai a che fare con l’Iran?”. 


Da New York a Londra proseguono le manifestazioni con la bandiera iraniana, non quella di prima del 1979, ma degli ayatollah. “E’ incredibile” dice Fridman. “Anche in Vietnam c’erano i gulag e lo sapevano, ma questa passione occidentale per l’Iran come la spiego? Molti in occidente hanno deciso che l’occidente deve cadere e si sono costruiti una visione romantica della Repubblica islamica iraniana. Non gli importa cosa sia l’Iran davvero, dalle donne ai gay, una dittatura clericale e messianica, ma nei social si è costruita una visione caricaturale degli ayatollah. Vediamo marce in sostegno di Hamas, Hezbollah e ora gli ayatollah”. 


In occidente si pensa che non importerebbe se Israele venisse distrutto. “‘Se dovessero cancellare Israele non cambierebbe la nostra vita in occidente, affare di Israele e degli ebrei’, pensano in molti. Più tempo passa dalla Seconda guerra mondiale, meno le persone sono disposte a prendere sul serio la minaccia che grava su tutti noi. Ci raccontiamo storie per non interrompere la  bella vita che conduciamo in occidente. Ma è un’illusione. Ora per fortuna gli Stati Uniti hanno fatto quello che dovevano fare per fermare l’Iran. C’era questa idea che occuparsi di Iran e della sua minaccia era troppo pericoloso, come se il potere occidentale fosse impotente. Abbiamo negoziato per decenni con Teheran, come se potessimo soltanto dimostrare debolezza e un giorno avrebbero mostrato al mondo che avevano una bomba nucleare”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.