Getty

Editoriali

L'altro lato della transizione spagnola

Redazione

Il primo report del governo sul blackout mostra gli errori compiuti con le rinnovabili ma c'è già chi lo contesta. Il giudizio generale è che il paese ha sottovalutato le esigenze di sicurezza della rete in una fase di trasformazione del sistema elettrico

Il governo spagnolo ha pubblicato il primo rapporto sul blackout del 28 aprile. È un documento lungo e complesso a cui, probabilmente, ne faranno seguito altri, anche perché c’è già chi lo contesta. Tuttavia, esso aiuta a fare chiarezza. Secondo la ministra dell’Energia, Sara Aagesen, “il sistema non aveva sufficiente capacità di controllo della tensione”. Si possono individuare tre grandi fattori di fragilità. Il primo – quello singolarmente più importante – sta nella gestione da parte di Red Eléctrica de España (Ree, equivalente alla nostra Terna). Il giorno precedente, il 27 aprile, Ree aveva richiesto dieci centrali elettriche sincrone (cioè in grado di dettare la frequenza alla rete), un numero già striminzito, ma una di esse si è resa indisponibile per un problema tecnico. Ree ha deciso di procedere comunque con nove impianti, accettando il rischio. Quando poi – alle 12,26 del 28 – si è resa conto che la rete ballava, ha allertato un’ulteriore centrale dando novanta minuti di tempo.

Troppo tardi: alle 12,33, appena sette minuti dopo, è iniziato “el gran apagòn”. Ree si difende scaricando la responsabilità sugli operatori del mercato. I loro apparenti errori e mancanze – non avrebbero risposto correttamente alle richieste di Ree – sono, secondo il governo, un secondo elemento; ma l’associazione di categoria, Aelec, si difende e nega questo addebito. Infine, neppure gli impianti rinnovabili avrebbero fatto la propria parte; anzi, il 22 per cento di quelli in servizio al momento del collasso non avrebbero rispettato i criteri tecnici. L’indagine aggiunge elementi alla comprensione dei fatti, ma non muta il giudizio generale: la Spagna ha sottovalutato le esigenze di sicurezza della rete in una fase di trasformazione del sistema elettrico. Addirittura, il ruolo delle fonti rinnovabili nella regolazione di tensione è disciplinato da una norma del 2000, che di fatto ne vincola il comportamento, indebolendo il sistema. La transizione ha molti benefici ma impone anche costi e cambiamenti comportamentali: fingere che questa seconda parte non esiste rischia di far prendere il mal spagnolo.

Di più su questi argomenti: