
(foto EPA)
editoriali
Gli arresti indisturbati di Erdogan
La repressione del presidente turco ha svuotato la piazza e l’opposizione
Con l’ultima ondata di arresti, il numero di sindaci del Chp, il principale partito di opposizione in Turchia, sospesi dalle loro attività è salito a undici. L’operazione è iniziata a marzo con l’incarcerazione del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, principale rivale elettorale del presidente Recep Tayyip Erdogan e ha portato all’arresto di più di cento esponenti del partito a vari livelli. Anche Ozgur Ozel, segretario del Chp e volto pubblico delle proteste che per settimane hanno portato in strada migliaia di persone per denunciare la deriva autoritaria del paese, è stato formalmente indagato per l’accusa di aver insultato un pubblico ufficiale. Il 30 giugno poi, un tribunale si esprimerà sulla possibilità di invalidare il congresso che nel 2023 ha consegnato il Chp proprio a Imamoglu e Ozel, con la procura che afferma che vi siano state irregolarità nel processo elettivo. Se il tribunale dovesse accogliere questa teoria, si spalancherebbero le porte al ritorno di Kemal Kilicdaroglu, l’uomo che in tredici anni alla guida del partito contro Erdogan ha sempre perso.
Il Chp, che con Imamoglu era riuscito a trasformarsi in una forza di speranza e alternativa al potere costituito, si trova dunque a dover combattere contro il tentativo di azzeramento dei propri organi e strutture. Gli arresti e la repressione delle manifestazioni hanno anche svuotato le proteste. Della più grande contestazione di massa contro Erdogan da Gezi Park a oggi, partecipata in larga misura da studenti liceali e universitari, rimane la disillusione. Questa generazione, che nella vita non ha conosciuto altro al di fuori di Erdogan, costituisce quasi un quarto dell’elettorato e, secondo i sondaggi, nove volte su dieci dichiara di non sostenere il governo. Il tutto nel silenzio della comunità internazionale, che per ragioni diverse vede nella Turchia un partner imprescindibile e che ha in Erdogan un interlocutore privilegiato per la gestione di molte questioni regionali.