
Foto ANSA
lo scontro ideologico
L'equilibrio difficile della California, tra Trump e gli scontri. Intervista
Da una parte le famiglie di latinos che protestano pacificamente, dall'altra gli uomini a volto coperto che lanciano i sassi ai poliziotti. Benjamin Fritz, giornalista del Wsj: “I violenti sono diventati la maggioranza. C’è molta ansia e rabbia in città”
Lo scontro ideologico sul tema al centro delle ultime presidenziali – l’immigrazione – sta avendo il suo momento tra le strade di Los Angeles. Da una parte i manifestanti, di ogni tipo, contrari alle politiche di deportazione della Casa Bianca, e i politici democratici locali. Dall’altra il presidente Donald Trump, che invia in California la Guardia nazionale e ora i Marine. Dopo gli incendi dell’inverno, Los Angeles è di nuovo al centro del paese, ma invece degli eucalipti di Pacific Palisades bruciano le auto a guida autonoma sull’asfalto. “C’è molta ansia e rabbia in città”, dice al Foglio Benjamin Fritz, giornalista del Wall Street Journal che sta seguendo le manifestazioni a Los Angeles.
“Le proteste sono concentrate soprattutto in un quartiere: downtown. Ma tutti qui ne sentono gli effetti, e ne parlano. A Los Angeles ci sono molti immigrati, e figli di immigrati, quindi si tende ad avere un’opinione forte sulle politiche migratorie. E, come la maggior parte degli americani, si hanno opinioni sul presidente Trump, in generale più negative che positive, essendo questa una città che tende a sinistra”. Los Angeles è tendenzialmente “friendly” verso gli immigrati, avendo anche una grande popolazione ispanica: “Le proteste sono iniziate perché molti si sono arrabbiati per le tattiche aggressive in stile militare usate venerdì”, quando l’agenzia che si occupa di immigrazione, l’Ice, ha fatto dei blizt in varie parti della città.
Le immagini che arrivano dalle proteste sono di due tipi: ci sono quelle delle famiglie di latinos che protestano pacificamente con i cartelli contro l’Ice e poi quelle degli uomini a volto coperto che lanciano i sassi ai poliziotti. Ce lo racconta Fritz, dicendoci che ha visto migliaia di persone domenica a protestare, “ed erano di ogni tipologia immaginabile. La maggior parte esprimeva il proprio sostegno verso gli immigrati, contro gli agenti anti immigrazione e contro Trump. Questa era la vasta maggioranza. Poi, come succede a quasi tutte le proteste statunitensi, c’era un piccolo ma rumoroso gruppo di persone che appoggiava cause di sinistra, come i diritti dei palestinesi. Durante la giornata le cose si sono fatte sempre più intense, soprattutto tra poliziotti e persone che bloccavano l’autostrada, e c’era gente violenta che lanciava sassi ai poliziotti, o monopattini giù dai cavalcavia e sopra le macchine delle forze dell’ordine, e robotaxi Waymo dati alle fiamme”. Fritz ci dice che se nel primo pomeriggio i violenti che cercavano uno scontro erano la minoranza, di sera, con il buio, i manifestanti pacifici se ne sono andati quasi tutti e “i violenti sono diventati la maggioranza”. La città e lo stato, entrambi a guida democratica, sono “sul filo del rasoio. Da un lato condannano l’Amministrazione Trump per le sue azioni di attuazione delle politiche migratorie che definiscono crudeli e provocatorie, oltre ad attaccare l’invio della Guardia nazionale, contro i desideri del governatore Gavin Newsom. Dall’altra però chiedono manifestazioni pacifiche e condannano la violenza sulle strade”.
Secondo i democratici (ma anche molti conservatori la pensano così), la Guardia nazionale non era necessaria, e non ha fatto altro che intensificare gli scontri. Ma Fritz ci dice di averne visti pochi di soldati mandati da Trump, giusto qualche decina a difesa di una prigione del centro di Los Angeles, mentre “la maggior parte delle forze dell’ordine erano composte dalla polizia statale e locale”.
Newsom è il primo democratico a emergere dal novembre come energica opposizione al mondo Maga. E non si nascondono le due ambizioni presidenziali. “Newsom”, ci dice Fritz, “si sta posizionando come la voce di punta contro le attuazioni trumpiane delle politiche migratorie. Ha attaccato il segretario alla Difesa dandogli di ‘pazzoide’ dopo che aveva minacciato di inviare l’esercito a Los Angeles. Non si sa quale sarà il suo futuro politico, ma quello che sta succedendo sicuramente sta facendo conoscere il governatore a livello nazionale e internazionale”. Con l’invio di settecento marine e altri duemila membri della Guardia nazionale, ieri, Newsom ha parlato di “lampante abuso di potere” da parte della presidenza.
La California è di nuovo al centro, e non solo per i manifestanti, che Trump ha definito “insurrezionalisti, gente cattiva che dovrebbe essere in prigione”. Lo stesso Trump che ha graziato i manifestanti violenti dell’attacco al Campidoglio del 6 gennaio che volevano impiccare il suo vice. La California è al centro anche perché dopo lo scontro tra Elon Musk e Trump, dice Fritz, “ci sarà un impatto sull’industria tech dello stato. Qui chi lavora nel tech è tendenzialmente liberal, ma molti hanno appoggiato Trump nel ’24. Ora potrebbero riconsiderare la loro posizione”.


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