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Editoriali

Trump ci riprova con il “travel ban”

Redazione

Dopo Harvard, i dazi e le deportazioni, l’America non è mai stata così “first”. La nuova stagione trumpiana è sempre più vicina al sogno isolazionista di Steve Bannon

Dentro al mondo Maga, e in particolare dentro al circolo trumpiano, a lungo si sono fatte la guerra due anime. Da una parte quella puramente isolazionista, capitanata dalla figura dell’alt-right Steve Bannon – putiniano, evoliano, suprematista bianco. Dall’altra quella tech-libertariana, più globalista, di cui grazie a ingenti donazioni ha preso le redini il multimiliardario Elon Musk. Non è un caso che proprio dopo l’addio di Musk all’Amministrazione di Washington, Donald Trump abbia annunciato il divieto di ingresso negli Stati Uniti di cittadini di dodici nazioni (Iran, Libia, Afghanistan, Somalia, Sudan, Yemen, Guinea Equatoriale, Eritrea, Haiti, Myanmar, Ciad, Congo), e limitazioni per altri sei paesi (Cuba, Laos, Sierra Leone, Togo, Turkmenistan, Venezuela e Burundi). “Non li vogliamo!”, ha detto il presidente. Un altro segnale che l’ala bannoniana sta avendo la meglio si vede anche nella guerra della Casa Bianca contro le università.

Trump ha vietato già a maggio a Harvard di avere ricercatori e studenti stranieri. Dopo il blocco di un giudice, il presidente è tornato all’attacco chiedendo la revoca dei visti per i non americani iscritti all’università d’élite. Aggiungiamo i dazi, e quindi una politica economica antiglobalizzazione che punta alla produzione interna, e poi le deportazioni, con aerei notturni pieni di venezuelani che partono per le prigioni di El Salvador, e una presenza massiccia di agenti anti immigrazione anche nelle scuole. E infine la freddezza verso l’Ucraina, le telefonate a Vladimir Putin e le costanti critiche alla Nato. L’America di Trump sembra non volere nessuno, vuole bastare a se stessa. Nel 2017, dopo che Trump era stato eletto la prima volta, Steve Bannon diceva che la politica dello Studio ovale non era abbastanza nativista o isolazionista. Trump non era sufficientemente “islamofobo”, diceva il podcaster cospirazionista. Ora invece, passo dopo passo, si sta arrivando al sogno di Bannon. Il trumpismo non è mai stato così “America first” come adesso.

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