Foto LaPresse

i negoziati sulla guerra

Con l'incontro a Istanbul Zelensky “ha rischiato tutto”, dicono gli esperti. Putin cerca una scusa

Kristina Berdynskykh

L’Ue vuole che Kyiv tenga saldo il sostegno americano ed esorta il governo ucraino a essere il più costruttivo possibile con gli Stati Uniti. La Russia non è ancora pronta a fare concessioni, il rischio che i negoziati in Turchia arrivino a un nuovo vicolo cieco è sempre dietro l'angolo

Kyiv. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha alzato al massimo la posta in gioco accettando di recarsi a Istanbul il 15 maggio per partecipare a colloqui diretti con il presidente russo Vladimir Putin. “Dubito fortemente che Putin sia pronto a incontrare Zelensky personalmente”, dice al Foglio Viktor Shlynchak, direttore dell’Institute of World Policy. Secondo lui, la propaganda russa ripete da mesi la stessa tesi: l’attuale presidente dell’Ucraina è illegittimo. Se Putin decidesse di andare a Istanbul e incontrarlo, andrebbe contro la sua stessa retorica. “Zelensky ha rischiato tutto: Istanbul, sempre Istanbul”, spiega. Ciò che è accaduto nel processo di negoziazione nell’ultima settimana è un tentativo di convincere il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che una delle parti è più impegnata per la pace rispetto all’altra, è questo il motivo delle oscillazioni diplomatiche, dice Andriy Osadchuk, membro del Parlamento ucraino della fazione Golos. 

 

             

 

“C’è una lotta disperata non su un cessate il fuoco o una tregua, ma solo su chi è responsabile del fatto che non ci sia”, osserva Osadchuk. La Russia ha dichiarato unilateralmente un cessate il fuoco di tre giorni per celebrare il Giorno della vittoria, dall’8 al 10 maggio. Durante questi tre giorni non sono stati effettivamente lanciati missili o droni russi, ma sul fronte, secondo le informazioni del progetto analitico DeepState, il numero di scontri è addirittura aumentato. L’8 maggio, l’esercito russo ha effettuato 193 operazioni d’assalto, il 9 maggio 196, il 10 maggio 161. Mentre la loro attività media giornaliera ad aprile era di 155 attacchi al giorno. Durante il periodo della tregua russa sul fronte, quindi è successo il contrario: tutto è diventato più teso.

Il 9 e 10 maggio l’Ucraina, insieme ai suoi partner europei, ha nuovamente chiesto alla Russia di accettare un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni, con inizio il 12 maggio. Questo avrebbe dovuto essere il primo passo verso negoziati diretti tra i due paesi in guerra. Questa idea è stata proposta a marzo dai rappresentanti degli Stati Uniti durante i negoziati in Arabia Saudita ed è stata sostenuta dall’Ucraina e da molti leader dell’Unione europea. Il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro britannico Keir Starmer, il neoeletto cancelliere tedesco Friedrich Merz e il primo ministro polacco Donald Tusk lo hanno ribadito durante la loro visita congiunta a Kyiv il 10 maggio. Macron ha chiamato Donald Trump al telefono, nonostante a Washington fosse ancora mattina presto, per ribadire l’approccio diplomatico comune e i prossimi passi: prima un cessate il fuoco di 30 giorni, poi negoziati diretti. Ma il 12 maggio la Russia ha lanciato nuovamente i droni Shahed sull’Ucraina.

Putin ha cercato di far fallire la strategia euro-americana dichiarando che i colloqui di pace con l’Ucraina avrebbero dovuto riprendere da dove erano stati interrotti. “Proponiamo di riprenderli giovedì a Istanbul”, ha detto Putin nella tarda notte tra il 10 e l’11 maggio. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha espresso la sua disponibilità a organizzare negoziati diretti tra Russia e Ucraina sul suo territorio. E Trump ha scritto sui social media che l’Ucraina dovrebbe accettare “immediatamente” la proposta di Putin, cosa che Zelensky ha fatto, scrivendo di essere pronto a essere a Istanbul di persona il 15 maggio.

Un alto diplomatico ucraino riferisce al  Foglio che i leader europei, nonostante le dichiarazioni pubbliche di voler sostenere l’Ucraina fino a quando sarà necessario, anche se gli Stati Uniti dovessero voltare le spalle a Kyiv, stanno esortando non pubblicamente il governo ucraino a essere il meno emotivo e il più costruttivo possibile nelle sue comunicazioni con gli americani, cercando di fare tutto il possibile per mantenere il sostegno americano. L’Ucraina sta seguendo questo consiglio, il governo ha già firmato e il Parlamento ha ratificato l’accordo con gli Stati Uniti sui minerali, su cui la Casa Bianca ha insistito, Kyiv ha accettato un cessate il fuoco di 30 giorni e negoziati diretti con la Russia. “Ora la domanda è per i leader europei e gli Stati Uniti: verranno applicate sanzioni alla Russia per non aver rispettato il loro ultimatum?”, si chiede Shlynchak . Se ciò non accadrà, Putin prolungherà ancora una volta il processo negoziale il più possibile, solo per simulare il processo stesso, senza arrivare a un vero dialogo sulla pace.

 

                        

 

Il paradosso della situazione attuale è che l’intera partita diplomatica sul tema dei negoziati di pace viene condotta esclusivamente in nome di Trump, spiega il politologo Volodymyr Fesenko. E’ altamente improbabile che i negoziati tra Russia e Ucraina a Istanbul possano svolgersi senza un mediatore occidentale e immediatamente a livello dei presidenti dei due paesi. Anche se ciò accadesse, si arriverebbe a un nuovo vicolo cieco. “Se si incontreranno, si scambieranno degli ultimatum e sarà la fine”, dice. La Russia non è ancora pronta a fare concessioni.

L’incontro di Kyiv del 10 maggio era stato concepito per fare pressione su Putin, ma invece Trump ha fatto nuovamente pressione sull’Ucraina. “Non credo che nei prossimi giorni dovremmo aspettarci sanzioni contro la Russia”, prevede Fesenko. Trump aspetterà il 15 maggio a Istanbul e solo allora deciderà il da farsi. E la Russia sta cercando nuove scuse per non accettare una pace di almeno 30 giorni.