Cosa si muove dietro al Summit sulla "remigrazione" di Milano

Tetyana Bezruchenko

Ideologia, propaganda, un disegno del Cremlino che le destre estreme abbracciano e non solo 

Il Summit sulla ‘’Remigrazione’’ che si terrà a Milano il 17 maggio 2025 non è un marginale raduno di estremisti. E' la celebrazione pubblica di un progetto politico che il Cremlino coltiva da oltre trent’anni: distruggere l’Europa dall’interno, trasformando la paura del diverso in un’arma per rilanciare una nuova forma di totalitarismo. Il Summit é, infatti, il frutto di un percorso complesso, sapientemente orchestrato dal Cremlino che, attraverso la manipolazione dei concetti di “antifascismo”, “multipolarità” e “difesa delle identità”, nasconde il suo disegno autoritario dietro una proposta culturale legittima. Così il nuovo fascismo si presenta con un volto rinnovato, apparentemente rispettabile, ma ancora più pericoloso.

 

Nel cuore della strategia ideologica che collega la nuova destra europea al Cremlino c’è Aleksandr Dugin, figura chiave del pensiero russo contemporaneo. Negli anni ’90, dopo il crollo dell’Unione sovietica, Dugin emerge come uno dei teorici più influenti del revanscismo russo, grazie alla pubblicazione del libro Fondamenti di Geopolitica (1997). In quest’opera Dugin propone una visione chiara: la Russia deve riconquistare il suo ruolo di potenza imperiale, contrapponendosi all’influenza americana e al modello liberal-democratico occidentale. “Fondamenti di Geopolitica” è stato adottato come testo di riferimento nelle accademie militari russe, in particolare all’Accademia dello Stato Maggiore delle Forze Armate della Federazione Russa. Dagli anni ’90, Aleksandr Dugin intreccia relazioni con Alain de Benoist e la Nouvelle Droite francese, costruendo un ponte tra il tradizionalismo europeo e il neo-imperialismo russo. Dugin, profondamente influenzato dal pensiero di Julius Evola rilancia una visione del mondo fondata sulla gerarchia delle civiltà e sulla negazione dei valori liberali. La sua teoria politica — che rifiuta liberalismo, comunismo e fascismo tradizionale per proporre una sintesi autoritaria e identitaria — diventa la base ideologica del “multipolarismo” russo, sostenuto dalle strutture culturali e mediatiche filocremlinesi diffuse in Europa. Per la prima volta nel suo discorso alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco del 10 febbraio 2007, Putin usa il concetto di “mondo multipolare” in cui “diverse 'civiltà' possono coesistere su basi di sovranità”, critica apertamente gli Stati Uniti e principi occidentali. Quel discorso rappresenta un punto di svolta nella politica estera della Federazione russa.

 

Dugin ha lanciato così una “nuova destra multipolare”: un movimento che predica la “difesa delle culture” ma pratica l’odio sistemico, spacciandolo per “resistenza all’imperialismo occidentale”. Il concetto stesso di “Eurasia”, ripreso da Dugin, non è altro che l’eredità imperialista sovietica riverniciata: un sogno di dominio territoriale e spirituale, che mira a sottomettere l’Europa a una gerarchia illiberale delle civiltà. Attraverso case editrici come Geopolitica ru, Arktos Media, canali come EuroSiberia e fondazioni “culturali” come il Suworow Institut, il Cremlino ha poi costruito un ecosistema mediatico e culturale che, sotto le spoglie del “pensiero critico”, ha infiltrato le società europee, aggirando le sanzioni e le difese democratiche. Negli anni 2000, l’estrema destra europea cambia volto: abbandona i simboli neonazisti più espliciti e adotta il linguaggio dell’etnopluralismo, fingendo di difendere le identità culturali. Non si parla più di razze superiori, ma di “separazione delle culture” per preservarne la “purezza”. Una strategia sottile, che nasconde il rifiuto del pluralismo democratico e il razzismo in una falsa forma di rispetto per le differenze. Nascono così Génération Identitaire in Francia e l’Identitäre Bewegung Österreich (IBÖ) in Austria, fondata da Martin Sellner e Alexander Markovics. La loro azione si concentra su un obiettivo: respingere l’immigrazione, difendere un’identità etnoculturale immaginaria, erodere il consenso al pluralismo democratico, in accordo con la visione “multipolare” di Aleksandr Dugin.

 

L’annessione della Crimea nel 2014 imprime una svolta decisiva: la retorica di destra identitaria si salda apertamente con l'ideologia filorussa. Nel 2014, Patrick Poppel, ex membro del Partito della Libertà Austriaco (FPÖ) e già attivo nei movimenti nazionalisti giovanili, fonda a Vienna il Suworow Institut. Ufficialmente nato per promuovere il “dialogo austro-russo”, il Suworow Institut si rivela subito una piattaforma dichiaratamente “multipolare”, cioè orientata a demolire l’ordine internazionale liberale e a sostituirlo con una gerarchia di “grandi spazi” dominati da potenze autoritarie come la Federazione russa. Il multipolarismo, nella visione duginiana promossa dal Suworow Institut, non è cooperazione tra pari: è negazione dell’universalismo democratico e accettazione della forza come principio di legittimità. Poppel, ancora prima di fondare e dirigere il Suworow Institut, diventa protagonista delle “missioni di osservazione” filorusse in Georgia, Crimea, Donbas e Siria: viaggia come finto osservatore internazionale per legittimare referendum e occupazioni illegali, dichiarandoli “liberi e democratici” sotto la supervisione russa.

 

Nel maggio 2015, settant’anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale - chiamata nella Federazione Russa, come nell’epoca sovietica, ‘’La Grande Guerra Patriottica’’ - , e poco più di un anno dall’annessione della Crimea, un corteo di motociclisti ultranazionalisti russi attraversa l’Europa centrale, diretto a Berlino.

Sventolano bandiere rosse dell’Unione sovietica, portano ritratti di Stalin, ostentano lo slogan “На Берлин” – “Su Berlino” –, lo stesso che accompagnava i carri armati sovietici durante l’assalto finale contro il nazismo. Non era una semplice commemorazione: era un’operazione simbolica e politica, orchestrata dal Cremlino per capovolgere il significato storico dell’antifascismo e promuoverlo in Europa.  A guidarla sono i Night Wolves -I lupi Notturni-, famigerato gruppo motociclistico ultranazionalista fondato da Aleksandr Zaldostanov, detto “Il Chirurgo”, fedelissimo di Vladimir Putin. Non è un’alleanza solo ideologica: secondo un’inchiesta del 2015 di Alexei Navalny ripresa dal Guardian, i Night Wolves hanno ricevuto oltre 56 milioni di rubli (circa 730.000 euro) di finanziamenti statali in soli 18 mesi, per sostenere attività culturali e “patriottiche”. Putin stesso ha partecipato più volte ai loro raduni, li ha ricevuti al Cremlino e li ha elevati a simbolo del “nuovo patriottismo russo”. Per Zaldostanov, Putin è “l’erede spirituale di Stalin”, e la Grande Guerra Patriottica non è mai finita: oggi si combatte contro la NATO, l’Unione europea e i “traditori interni”.

 

Durante il motoprobeg del 2015, il supporto diplomatico delle ambasciate russe e logistico delle chiese ortodosse del patriarcato di Mosca ha trasformato quella che sarebbe potuta sembrare un’azione quasi folkloristica in una dimostrazione di potenza ideologica. Sotto la copertura della “memoria storica”, il Cremlino ha rilanciato la propria narrazione imperiale direttamente nel cuore dell’Europa. E in prima fila, al fianco dei “lupi notturni”, si schierano attivisti dell’estrema destra europea: austriaci, tedeschi, francesi, serbi. Tra loro figurano Alexander Markovics, fondatore e portavoce del movimento identitario austriaco, divenuto in seguito segretario generale e portavoce del Suworow Institut di Vienna all’inizio del 2019, e Patrick Poppel, fondatore dello stesso Suworow Institut, entrambi coinvolti nella costruzione della nuova alleanza di destra europea identitaria filorussa.

 

Il messaggio è chiaro: la Federazione Russa si propone come l’unico vero baluardo “antifascista”, nonostante lo promuova attraverso l’ideologia di estrema destra ma riscrive l’antifascismo stesso, svuotandolo dei suoi valori democratici e pluralisti. In questa nuova narrazione: l’antifascismo non è più resistenza contro il totalitarismo, ma fedeltà a un ordine autoritario e adesione a una presunta “gerarchia delle civiltà”.  Il fascismo non è più identificato con l’oppressione, ma con il liberalismo, la democrazia, i diritti umani. È il capovolgimento perfetto: sotto la bandiera dell’antifascismo, si promuove il fascismo imperiale. Con il motoprobeg dei Night Wolves, il Cremlino svela apertamente la sua strategia “culturale”: distruggere l’Europa dall’interno, normalizzando l’autoritarismo e la violenza ideologica sotto il segno della memoria storica manipolata. In questo modo Mosca si assicura il sostegno sia dell’estrema destra che di parte della sinistra, riunendoli contro un nemico comune: la democrazia e i valori fondanti dell’Europa e dell’Occidente.

 

Il 2014 segna il punto di non ritorno. Con l’annessione della Crimea, la Federazione Russa rompe il diritto internazionale e riporta la logica imperiale nel cuore dell’Europa. Ma l’occidente, convinto che la sua forza risiedesse nella stabilità delle istituzioni democratiche, risponde con esitazione: sanzioni economiche parziali, condanne diplomatiche, nessuna vera controffensiva politica. Il Cremlino capisce immediatamente che, allora in Crimea come oggi in tutta l'Ucraina, la vera battaglia si gioca nella mente dei cittadini europei, e non al fronte. Così, dal 2014–2015, si sviluppano e si consolidano strumenti di propaganda culturale che travalicano le barriere nazionali, diffondendo capillarmente l’ideologia filorussa in tutto l’occidente, si accelera l’operazione di “infiltrazione culturale”. Già nel 2008, viene lanciato Geopolitika.ru, il portale ideologico diretto da Aleksandr Dugin, che diffonde contenuti in inglese, tedesco, francese e spagnolo e altre lingue, promuovendo l’idea di una “guerra santa multipolare” contro l’Occidente liberale.

 

Poco dopo, nel 2010 nasce in Svezia Arktos Media, fondata da Daniel Friberg, figura di spicco dell’estrema destra nordica, con l’obiettivo di pubblicare testi identitari, tradizionalisti e filorussi. Successivamente la casa editrice trasferisce la propria sede in Ungheria, paese sempre più vicino all’orbita politica di Mosca. Accanto a queste piattaforme principali, anche realtà come Heliodrom (Slovenia) e Hermes Edizioni (Italia) contribuiscono attivamente alla diffusione dell’ideologia duginiana e della narrativa identitaria in Europa centrale e meridionale, rafforzando il “fronte culturale” filorusso attraverso pubblicazioni, traduzioni e collaborazioni accademiche. Nonostante le sanzioni europee contro i media di propaganda filorussa, su tutte le principali piattaforme continua a operare EuroSiberia, un podcast internazionale nato nel 2020, che riunisce voci della cosiddetta “destra identitaria” da Austria, Francia, Germania, Portogallo, Danimarca e Italia. Affiancandosi alla “macchina culturale” della nuova destra europea e all’imperialismo del Cremlino, EuroSiberia diffonde una narrativa comune: presentare la Federazione Russa — impropriamente chiamata “Russia” per celarne la natura imperiale — come unico baluardo contro la “decadenza morale” dell’Europa democratica. Attraverso libri, riviste, podcast, conferenze e collaborazioni con ambienti accademici, questi strumenti culturali penetrano università, think tank, associazioni culturali e canali d’informazione alternativi, insinuando l’idea che l’autoritarismo russo sia una “nuova via” per la salvezza “identitaria europea”.

 

In Italia, Lorenzo Maria Pacini si impone come figura chiave di questa rete: accademico, autore, traduttore e promotore di eventi culturali incentrati sul “multipolarismo”, sulle critiche alla democrazia liberale e sull’esaltazione dell’identità spirituale “eurasiatica”.

Pacini attraverso convegni, pubblicazioni e collaborazioni con think tank come il Suworow Institut, EuroSiberia, si fa portavoce di un pensiero che si propone come “alternativo”, ma che di fatto legittima la visione imperialista del Cremlino. La nuova propaganda non si manifesta più con slogan gridati: si insinua nelle università, nei seminari, nei festival culturali, utilizza il linguaggio dei diritti per distruggere i diritti, utilizza la libertà di espressione per predicare l’autoritarismo. La sinistra democratica, aggrappata ai miti antifascisti del Novecento, non vede che oggi abbraccia la narrativa della nuova destra, legittimando chi vuole distruggere libertà e diritti in nome di un nuovo imperialismo. Oggi a 10 anni di distanza, la marcia dei Night Wolves su Berlino nel 2015, orchestrata dal Cremlino, ha reso visibile la falsificazione: la vittoria contro il nazismo è stata riscritta come trionfo dell’autoritarismo russo sull’Europa libera.

 

Non si può più fingere: l’odio contro l’Europa, contro l’occidente e contro i suoi princìpi è stato coltivato con cura, da decenni, dal Cremlino insieme ai suoi alleati dell’estrema destra, ma anche di sinistra. Chi si illude di non vedere il pericolo, chi finge che il burattinaio sia altrove, non fa che spalancare le porte all’avanzata del nuovo totalitarismo. Il concetto di “remigrazione” — presentato come una battaglia della destra identitaria — fa parte dello stesso spettacolo: dividere, distrarre, confondere, mentre l’odio si organizza e avanza. Se permetteremo che il Summit dell’Odio si svolga a Milano, se non avremo il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, allora il 17 maggio 2025 entrerà nella storia come il giorno in cui l’Europa avrà lasciato vincere di nuovo l’odio contro l’umanità.

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