
la sentenza
La democrazia falsificata in Argentina, prima di Milei
Condannato a tre anni per manipolazione dei dati sull'inflazione il ministro dei governi Kirchner. Per un decennio il governo ha fornito statistiche false sull'economia, caso unico tra i paesi democratici, ma ora le cose sono cambiate
Alle nostre latitudini, mai come dalla fine della dittatura militare, si sente parlare di democrazia a rischio in Argentina, minacciata dal nuovo presidente libertario Javier Milei. Questa visione, abbastanza comune, è però molto distorta soprattutto se si guarda al passato recente dominato dalla sinistra peronista e populista. Una notizia di cronaca giudiziaria che arriva da Buenos Aires fornisce l’occasione per capire meglio il contesto. Ieri la Camera federale di Cassazione ha confermato la condanna a tre anni di reclusione per Guillermo Moreno, ministro del Commercio dal 2006 al 2013, durante la presidenza di Néstor Kirchner prima e della moglie Cristina poi, per aver manipolato i dati sull’inflazione dell’Indec, l’istituto nazionale di statistica.
Nella narrazione comune sembra quasi che prima in Argentina governasse una sinistra democratica e progressista, simile quasi alla socialdemocrazia scandinava, e poi inspiegabilmente all’improvviso è entrato alla Casa Rosada un fascista con la motosega che vuole distruggere lo stato e la credibilità delle istituzioni. La condanna di questi giorni, l’ennesima di un esponente di spicco del peronismo, racconta una storia molto diversa.
Dopo la drammatica crisi del 2001, dal 2003 il governo di Néstor Kirchner aveva potuto garantire anni di relativa stabilità macroeconomica e crescita del pil, soprattutto grazie al boom delle commodity. In breve, però, la bonanza delle materie prime venne sperperata in aumento di sussidi e spesa pubblica che portarono a un surriscaldamento dell’economia argentina.
Il governo, anziché affrontare le cause dell’inflazione crescente, decise di rompere il termometro. Così nel 2007 il potente ministro Guillermo Moreno, attraverso ufficiali dell’Indec a lui legati, iniziò a distorcere i dati sull’inflazione dell’istituto di statistica. Tutta la strategia del governo peronista si è basata su metodi poco ortodossi, come il controllo dei prezzi, poi il controllo dei capitali, le minacce alle imprese e, infine, la manipolazione delle statistiche ufficiali. Contemporaneamente, l’Argentina aveva rotto l’obbligo con l’Fmi delle consultazioni Articolo IV che avrebbero mostrato le manipolazioni: si tratta infatti del report annuale del Fondo per valutare le politiche economiche e finanziarie in ogni paese membro (gli altri governi a rifiutare la missione Articolo IV erano di paesi come Eritrea, Venezuela, Siria e Somalia).
A queste manipolazioni si aggiungevano metodi ancora più autoritari. Il ministro Moreno perseguitava con sanzioni le società di consulenza private che pubblicavano dati sull’inflazione (veri) che contraddicevano quelli dell’Indec (falsi). Moreno era arrivato anche a manipolare il prezzo del Big Mac, il celebre panino di McDonald’s usato dall’Economist per elaborare il Big Mac Index, un indice che confronta il potere d’acquisto nei vari paesi del mondo: il governo aveva costretto la società di fast food a tenere artificialmente basso il prezzo del panino per far figurare meglio l’Argentina nella classifica dell’Economist, con il risultato che in Argentina il Big Mac costava la metà degli altri panini ma era impossibile comprarlo perché McDonald’s non lo vendeva in perdita.
La falsificazione dei numeri divenne un metodo statistico che, dall’inflazione, si estese poi necessariamente ai dati su pil, commercio estero e povertà. Il governo aveva un’utilità politica, dal punto di vista dell’immagine, nel presentare un’inflazione molto più bassa del reale, ma anche un evidente beneficio economico: significava ridurre notevolmente i pagamenti su debito, pensioni e salari che erano tutti indicizzati all’inflazione. Secondo Alejandro Werner, ex direttore del dipartimento per l’Emisfero occidentale dell’Fmi, la sottostima dell’inflazione dal 2007 al 2015 (anno in cui si insediò il liberalconservatore Mauricio Macri) “fu dell’ordine di 330 punti percentuali” In nove anni l’Indec pubblicò un’inflazione accumulata del 159% anziché una reale del 476%. Nel 2012 l’Indec calcolava un livello di povertà al 5,4%, quando in realtà era del 24,5%: dall’anno dopo, il governo decise di sospendere del tutto la pubblicazione dei dati sulla povertà perché definiva “stigmatizzante” la misurazione. “Il caso argentino era il primo in cui un paese democratico e per un periodo molto prolungato ha distorto le sue statistiche economiche”, scrive Werner nel suo libro sui rapporti tra Fmi e Argentina.
E la situazione attuale com’è? È ora possibile credere ai dati dell’Indec che mostrano un crollo dell’inflazione e, addirittura, una povertà diminuita dopo i feroci tagli alla spesa di Milei? E se anche adesso i dati fossero truccati dal governo? La situazione è ora molto diversa. In primo luogo perché tutti i dati ufficiali sono in linea con quelli di società private ed esperti indipendenti. Inoltre Milei, forse proprio per evitare polemiche, non ha sostituito il vertice dell’Indec: il direttore è rimasto l’economista Marco Lavagna, figlio del primo ministro dell’Economia di Néstor Kirchner Roberto Lavagna e politicamente legato a Sergio Massa, avversario di Milei alle elezioni presidenziali. Infine ora l’Indec sta rivedendo la sua metodologia di misurazione dell’inflazione, aggiornando il paniere dei consumi che è vecchio di una ventina d’anni.
È paradossale che a dare credibilità alle istituzioni sia un presidente anarco-capitalista, ma è surreale che ci sia chi si preoccupi solo oggi dello stato di salute della democrazia argentina dopo un ventennio di silenzio su corruzione, manipolazione dei dati e inflazione.
