
(Ansa)
verso il conclave
Il nuovo Papa ci aiuti a riflettere sul senso e sul significato dell'occidente
L'Europa deve fare il possibile per rompere quello che viene definito il "Trumputinismo". Auguriamoci che il nuovo pontefice, incoraggi l'occidente a riprendere in mano la propria storia e la propria tradizione contro le chiusure nazionaliste
Archiviata la grande commozione per la morte di Papa Francesco, è tempo di ritornare con i piedi per terra. I cardinali che si apprestano ad entrare in Conclave conoscono bene la condizione della Chiesa, probabilmente tremano all’idea che qualcuno di loro debba mettervi mano, ma possono sempre contare sull’aiuto dello Spirito Santo, sulla consapevolezza di non essere “i padroni della vigna” e che comunque le porte degli inferi non prevarranno. Ci vuole fede, ma è così. Per i molti capi di stato presenti al funerale di Francesco la situazione è invece tutt’affatto diversa. Non è soltanto una questione di sentirsi invischiati in un gioco che non controllano o controllano solo in parte, di dover prendere decisioni in un contesto sempre incerto e rischioso, del quale si può avere soltanto una conoscenza “grossolana e approssimativa” (Aristotele). A differenza dei cardinali che entrano in Conclave e del papa che eleggeranno, essi non hanno alcuna garanzia che comunque vada lo stato che governano sopravviverà a tutti i loro possibili errori. Non solo. Essi debbono anche mettere nel conto l’eventualità che tra di loro ci sia un criminale qualsiasi che decide di usare i carri armati per annettersi un altro stato sovrano. E qui non c’è fede che tenga. Come sanno bene gli ucraini, o si è forti abbastanza per resistere, o qualcun altro ci aiuta, o si soccombe.
Questo dovrebbe insegnarci il vento che muoveva il vangelo posto sopra la bara di papa Francesco. La foto di Trump e Zelensky assorti uno di fronte all’altro dentro la basilica di San Pietro passerà sicuramente alla storia; potrebbe essere addirittura il grande miracolo di un Papa che, pur con qualche grave errore, ha perseguito la pace più di ogni altra cosa; ma al momento non possiamo ancora saperlo, né possiamo farci illudere dalla bellezza e dalla grandiosità del luogo dove la foto è stata scattata, esaltate ancora di più dall’inquadratura bassa, verso il pavimento della chiesa. Al momento Putin continua infatti a bombardare l’Ucraina, e Trump, almeno pochi giorni prima del funerale di Francesco, ha minacciato di tirarsi indietro, lasciando l’Ucraina al suo destino. Considerando che gli europei, senza gli americani, non riusciranno a garantire a Zelensky gli aiuti militari di cui avrà bisogno, non mi sembra uno scenario incoraggiante. C’è poi la guerra a Gaza. Netanyahu non ha mandato neanche le condoglianze per la morte di Papa Francesco. Nel frattempo Hamas non sembra avere alcuna intenzione di liberare gli ostaggi israeliani che tiene prigionieri da un anno e mezzo e l’esercito israeliano continua a bombardare Gaza. Una devastazione della quale non si intravvede la fine.
E’ come se la comunità internazionale non esistesse più. Si moltiplicano i mediatori più o meno improvvisati, ma nel giro di breve tempo tutto finisce inesorabilmente in un nulla di fatto. Ogni volta si assiste a una sterile recita a soggetto che sembra avere come unico scopo quello di lasciare le cose come stanno, consentendo ai più forti di avvantaggiarsene, senza che si intravveda una via d’uscita dall’impasse nella quale il mondo sembra essersi cacciato. Che fare dunque? Domanda troppo complicata, della quale però vedo un risvolto che mi sembra decisivo: la riaggregazione dell’occidente. L’Europa e gli Stati Uniti non possono continuare a giocare due partite differenti, altrimenti ad avvantaggiarsene saranno soltanto Russia e Cina. L’Europa in particolare deve fare tutto il possibile per rompere quello che viene definito il “Trumputinismo”. Ma deve farlo volando alto, riprendendo in mano la propria storia e la propria tradizione, che sono poi le stesse che hanno fatto grande l’America, e sperare che, se non si ravvede Trump, si ravvedano almeno gli americani.
A questo proposito sia l’Europa che gli Stati Uniti avrebbero bisogno di una sorta di catarsi politico-culturale sia sul fronte conservatore che su quello progressista. Ai fautori delle chiusure nazionaliste e a quelli dell’ideologia woke andrebbe ricordato da dove veniamo. Atene, Gerusalemme, Roma, Parigi, Filadelfia: nessuna di queste città può stare senza l’altra; tutte si sono potute avvantaggiare grazie alle loro reciproche influenze e tutte possono avvantaggiarsi dell’incontro con le altre città del mondo. E’ questo l’occidente su cui dobbiamo tornare a riflettere, senza strumentalizzazioni di sorta né sciovinismi, ma semplicemente per ridare a noi stessi e al mondo ciò di cui tutti abbiamo estremamente bisogno: in estrema sintesi, un’idea di uomo dotato di incommensurabile dignità e libertà, che trova nella tradizione cristiana la sua principale condizione di possibilità. Auguriamoci che un aiuto in tal senso possa venire anche dal nuovo Papa. In fondo tra i suoi titoli, ormai in disuso, c’era anche quello di Patriarca dell’occidente.