(foto EPA)

In francia

L'ecologismo apocalittico è ridicolo, ma può anche diventare pericoloso

Giulio Meotti

Cosa c'è dentro al manifesto dello studente assassino di Nantes, che accusava la globalizzazione per aver trasformato "il nostro sistema in una macchina per decomporre gli esseri umani"

Cosa passava per la testa di Justin P., studente liceale di Nantes, prima di seminare il terrore nel suo liceo Notre-Dame-de-Toutes-Aides? Giovedì 24 aprile, poco dopo le 12.30, l’adolescente ha accoltellato quattro compagni di classe. Una delle sue vittime, Lorène, è morta. Un elemento ha catturato l’attenzione degli investigatori: un sorprendente documento che Justin ha inviato via email alla sua scuola quindici minuti prima dell’attacco. Racconta il Monde che è “una sorta di manifesto di ecologia radicale, antitecnologia e antimodernità, in cui non vi è alcun riferimento al nazismo o all’estrema destra”. Le sue azioni sembrano avere più a che fare con il suo stato mentale e la sua bassa autostima che con qualsiasi ideologia. Ma il suo “manifesto” è lì, a rivelare dove la sua mente si era persa. In tredici pagine, lo studente che ha ucciso una compagna di liceo accusa la “globalizzazione” di aver trasformato “il nostro sistema in una macchina per decomporre gli esseri umani.”. Denuncia tre aggressioni globali: “l’ecocidio globalizzato”, ovvero la “somma delle azioni umane che distruggono, frammentano, avvelenano o mercificano tutti gli esseri viventi”. Contro questo sistema distruttivo, il documento mette in luce le “risposte immunitarie” che svolgono il ruolo di “anticorpi sociali”: “Popoli indigeni, attivisti ambientalisti radicali, dissidenti culturali, eremiti, sabotatori e individui antisociali”, la cui funzione è necessaria attraverso “strategie di ritiro” o “scontro diretto”. 

 

Come “seconda aggressione”, il manifesto denuncia “l’alienazione sociale”, una sorta di “sottomissione mentale”. Justin sottolinea in particolare il ruolo della “città moderna disumanizzante”, dove “l’umanità diventa un’unità economica”. “La solitudine non è più uno stato passeggero, è diventata una struttura”. Il testo poi condanna lo “sradicamento” che è una “disintegrazione” e la “resistenza” che è “psichiatrizzata e criminalizzata”. 
Il testo pullula di riferimenti filosofici, da Ivan Illich, citato direttamente nel testo, a Hans Jonas, passando per la psichiatrizzazione e la criminalizzazione dei dissidenti ecologici o marginali denunciate  dal filosofo Michel Foucault. L’intera critica dell’ecocidio e la visione della terra come “un grande corpo malato” e dei suoi abitanti  come anticorpi o cellule cancerose si riferiscono  direttamente all’“ipotesi di Gaia” ideata dallo scienziato James Lovelock, il quale diceva che l’uomo “si comporta come le cellule di un tumore”. Justin seguiva anche il gruppo ecologista radicale americano Movement for the Voluntary Extinction of Humanity, che perora l’estinzione demografica.

 

Si esibiscono in marce e sit-in, attaccano l’arte, i passanti, gli automobilisti; finché l’epilogo folle della disobbedienza per salvare il mondo non diventa tragico, come nel caso di Nantes. Michael Meacher, ex ministro del Labour inglese, ha definito l’uomo un “virus”. La “logica” conclusione è quella del comandante Cousteau, idolo di tanti ecologisti, che ha dichiarato: “Dovresti uccidere 350mila uomini al giorno per ritrovare l’equilibrio”. Il mondo non finirà oggi, ma qualche invasato ecologista può pensare di arrivare anche a uccidere per salvarlo.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.