dopo le europee
Per salvare il green deal in Europa è ora di toglierlo ai socialisti
Sarà fondamentale l’atteggiamento dei Popolari europei. Oltre a questo è necessario introdurre alcuni correttivi. Quali? Prima di tutto ri-stabilire il principio della neutralità tecnologica. L’obiettivo deve essere quello di ridurre le emissioni climalteranti e non di imporre per legge questa o quella tecnologia
A forza di tirarla la corda si è rotta. Quante volte questo giornale ha messo in guardia da un approccio estremistico alle questioni ambientali che avrebbe inevitabilmente prodotto contro reazioni che puntualmente sono arrivate. A farne le spese prima di tutto i Verdi tedeschi e il modo sconsiderato con cui hanno gestito la crisi energetica post Ucraina. Compresa la chiusura di 3 centrali nucleari perfettamente funzionanti e il costo dell’energia per le famiglie tedesche fra i più alti d’ Europa. Ma anche il successo delle destre nei maggiori stati europei è in parte dovuto alla reazione di rigetto per politiche green di provenienza europea inutilmente prescrittive, con obbiettivi irraggiungibili e molto costose. Adesso si tratta di salvare l’ispirazione fondamentalmente corretta del “green deal”. Evitare che la reazione di rigetto uccida il paziente. Significherebbe vanificare molti sforzi fatti e buttare a mare investimenti importanti che guardano all’orizzonte della sostenibilità. Sarà fondamentale l’atteggiamento dei Popolari europei che già nell’ultima fase avevano manifestato un certo disagio nei confronti di Ursula von Der Leyen per la sua subalternità a Frans Timmermans, ex commissario europeo per il clima, che ha dettato tempi e modi della transizione verde.
Certamente diversi correttivi andranno introdotti. Quali? Prima di tutto ri-stabilire il principio della neutralità tecnologica. L’obbiettivo deve essere quello di ridurre le emissioni climalteranti e non di imporre per legge questa o quella tecnologia. Il caso più scottante è certamente quello dell’auto dove andrà rivisto e allungato il termine dell’uscita di scena del motore a scoppio e soprattutto reso possibile l’uso di combustibili alternativi a cominciare dai bio combustibili.
Così come deve essere pienamente sdoganata ogni tecnologia, a cominciare dal nucleare e dalla “carbon sequestration”, in grado di ridurre l’impatto del settore energetico. Più in generale vanno poi corretti tutti quei provvedimenti che pretendono di normare meticolosamente interi settori economici e civili, quando vi sarebbe invece bisogno di semplicità e di lasciare agli Stati e ai diversi settori economici la possibilità di trovare le soluzioni più convenienti.
Vi è poi un problema di risorse perché fino ad oggi lo slogan della transizione “giusta” che non avrebbe dovuto pesare su famiglie e ceti popolari si è in realtà tradotta in politiche fiscali fortemente regressive, che hanno caso mai favorito i ceti più abbienti. Vedi in Italia il caso dei finanziamenti alle rinnovabili che gravano interamente sulle bollette elettriche e del superbonus 110. Va affrontato infine il problema del deficit tecnologico europeo nei confronti di praticamente tutte le tecnologie che servono alla transizione. Dal nucleare alle rinnovabili, dalle batterie ai materiali critici per la transizione.
E la si smetta con i toni drammatici e catastrofisti che dovrebbero convincere a fare ciò che non è possibile fare. Quella della green transition può e deve essere una strada ricca di opportunità e non c’è bisogno di fare leva sulla paura. Un’ultima annotazione. In Italia l’unica forza esplicitamente verde ha ottenuto un buon risultato. Apparentemente, perché AVS, l’Alleanza Verdi e Sinistra guidata da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, appartiene più al campo delle forze anticapitalistiche che a quello dell’ambientalismo che guarda pragmaticamente alle soluzioni da trovare. Ma se le tematiche ambientali sono usate come una scorciatoia verso il socialismo di strada se ne fa ben poca.
Isteria migratoria