in russia

Una risposta a tutte le volte che si domanda: che interesse avrebbe avuto Putin?

Micol Flammini

Navalny, l'avvelenamenyto di Salisbury, l'omicidio di un separatista ceceno a Berlino. Le reazioni da parte del capo del Cremlino sono sempre le stesse e la risposta è una sola

Alla tomba di Alexei Navalny, nel cimitero moscovita Borisovskoe, tutti i giorni ci sono cittadini con i fiori in mano. L’oppositore è morto più di un mese fa, i funerali si sono tenuti l’ultimo giorno di febbraio e i russi continuano ad andare alla sua tomba, un posto molto sorvegliato. La morte dell’oppositore ha colpito anche chi non aveva mai pensato di votarlo, semmai fosse stato possibile visto che non gli è mai stato concesso di candidarsi. Anche chi era convinto, per fedeltà incrollabile nei confronti delle istituzioni russe, che qualcosa di sbagliato dovesse pur averlo fatto se era in prigione. Vladimir Putin ha capito che la morte del suo oppositore aveva valicato i confini del dissenso e la notte della sua elezione farsesca non soltanto ha pronunciato per la prima volta il suo nome, ma ha confermato la tesi dei collaboratori di Navalny.  Per Maria  Pevchikh e altri della squadra dell’oppositore,  il Cremlino aveva acconsentito a uno scambio con Vadim Krasikov, condannato a Berlino per omicidio. Putin, che non usa la parola “prigione” ma preferisce la perifrasi “posti di deprivazione della libertà”, ha detto che non appena una persona glielo ha proposto, non gli ha neppure permesso di finire la frase che già aveva acconsentito. La “persona” sarebbe l’oligarca Roman Abramovich, i collaboratori di Navalny hanno approfittato delle parole del presidente per dire: avevamo ragione. Gli Stati Uniti però non hanno mai confermato l’esistenza di uno scambio imminente, hanno detto che c’era stata una proposta, ma l’accordo era in una fase embrionale, lungi dal concretizzarsi a breve. Non hanno smentito il fatto che ci siano trattative che riguardano altri prigionieri americani, come il giornalista Evan Gershkovich arrestato per spionaggio un anno fa e l’ex marine Paul Whelan che è in una prigione russa dal 2018. Putin ha usato lo scambio non confermato di Navalny per dimostrare che nei “luoghi di deprivazione della libertà” si muore ovunque, anche negli Stati Uniti – e secondo la giornalista americana Julia Ioffe il riferimento era a Jeffrey Epstein – e lui che interesse avrebbe avuto a uccidere Navalny se già aveva acconsentito a lasciarlo andare? 

Quando nel 2018 due agenti del Gru, l’intelligence militare russa, andarono a Salisbury, in Gran Bretagna, per avvelenare una ex spia chiamata Sergei Skripal, il ritornello del Cremlino era sempre: che interesse avrebbe avuto Putin a sollevare un polverone per un ex colonnello dimenticato? Per la prima volta venne usato il Novichok, un nervino più facile da portare fuori dai confini, Skripal e sua figlia sopravvissero. Morì una donna che con gli Skripal non aveva nulla a che fare, ma era entrata in contatto con il Novichok. I due agenti del Gru vennero individuati subito, si erano comportati in modo poco prudente, esponendo anche al ridicolo un’agenzia di intelligence ritenuta leggendaria. Nel 2019, Vadim Krasikov era in Germania, il 23 agosto, montò in bici, si mise una parrucca bionda e uccise nel centro di Berlino Zelimkhan Khangoshvili, cittadino georgiano di origine cecena che aveva combattuto contro l’esercito russo. Putin disse che Khangoshvili era ricercato da Mosca, che era un assassino sanguinario accusato di attentati, “ma non so cosa sia successo a Berlino”. Anche quella volta il Cremlino voleva far passare l’idea che al presidente non sarebbe convenuto un assassinio del genere, perché mai avrebbe dovuto volerlo. Cinque anni dopo, nel 2024, rivuole Krasikov a Mosca. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.