Ansa

Un Recovery per Kyiv

L'Europa si è dotata di strumenti per aiutare l'Ucraina, ma serve di più

David Carretta

Il fronte degli Eurobond: chi è a favore a un debito comune per gli aiuti e la difesa europea. La posizione dell’Italia

Bruxelles. I ministri degli Esteri dell’Unione europea ieri hanno deciso di creare un nuovo fondo all’interno della European Peace Facility per finanziare le armi all’Ucraina e di usare i proventi straordinari dei beni russi congelati a favore dello sforzo di guerra. Il primo strumento sarà dotato di 5 miliardi di euro per il 2024, anche se le risorse a disposizione potrebbero ridursi se grandi paesi come la Germania chiederanno di scontare i loro contributi bilaterali. Il secondo potrebbe mettere a disposizione di Kyiv 3 miliardi di euro l’anno da usare per gli acquisti di munizioni e armamenti, ma manca una proposta concreta della Commissione e l’unanimità non è scontata. Otto miliardi di euro non cambieranno il corso della guerra, soprattutto se verrà a mancare l’aiuto militare degli Stati Uniti. La questione dei “soldi” europei è sempre più urgente. Lentamente e con molte opposizioni preventive, si sta facendo strada l’idea degli Eurobond per la guerra e l’industria europea della difesa. 

 

La proposta di uno strumento di debito comune dell’Ue è stata lanciata dalla premier estone, Kaja Kallas, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco in febbraio. Rispetto al debito emesso separatamente dai singoli paesi, gli Eurobond “potrebbero avere un impatto molto più grande”, ha detto Kallas. Alla Conferenza di Parigi di fine febbraio è arrivata la benedizione del presidente francese, Emmanuel Macron. “Ci sono diverse piste che sono sul tavolo e che la Francia sostiene, quella per esempio della premier dell’Estonia, che propone di avere delle emissioni di debito comune per finanziare le nostre iniziative militari di sostegno all’Ucraina e di dare visibilità alle nostre industrie”, ha detto Macron. Il contante europeo per finanziare lo sforzo di guerra sta diventando un problema. La Repubblica ceca ci ha messo due mesi a raccogliere 1,5 miliardi tra gli altri stati membri per comprare 800 mila munizioni in paesi extra Ue da trasferire a Kyiv. Il contante serve anche per aumentare la capacità di produzione di armi e munizioni nell’Ue, una necessità considerata impellente di fronte alla minaccia del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Il commissario Thierry Breton ha stimato a 100 miliardi di euro il fabbisogno finanziario, ma la Commissione ha a disposizione appena 1,5 miliardi per la strategia sull’industria della Difesa. 

Quattordici paesi – Finlandia, Bulgaria, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Romania e Svezia – hanno scritto una lettera per chiedere di usare la Banca europea per gli investimenti per il settore della sicurezza e della difesa. Attualmente la Bei può finanziare solo progetti su beni a uso duale (civile e militare). Occorre modificare le regole interne e “riconsiderare la politica di prestito all’industria della difesa”, dicono i firmatari. La nuova presidente della Bei, la spagnola Nadia Calviño, ha dato la sua disponibilità. Tuttavia le risorse rimarrebbero limitate e concentrate sull’industria europea, non sull’Ucraina.

Come all’inizio della pandemia di Covid-19 di fronte alla proposta di Recovery fund, ci sono forti resistenze agli Eurobond. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha detto che ci sono risorse sufficienti “all’interno del bilancio dell’Ue”. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, è contrario. La Germania è già il primo paese europeo per contributi bilaterali all’Ucraina. Scholz deve anche tenere a bada il ministro delle Finanze, Christian Lindner, leader del partito liberale Fdp, che cerca di recuperare terreno nei sondaggi presentandosi come un falco sulle finanze dell’Ue. La scorsa settimana, il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, si è mostrato scettico. “Ci sono molte visioni diverse su come la spesa per la difesa possa essere finanziata. Il mio giudizio personale è che almeno nel breve periodo si farà con decisioni nazionali”, ha detto Donohoe a Bloomberg. 

Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è favorevole agli Eurobond per l’Ucraina e la difesa, ma non ritiene che ci siano le condizioni per un dibattito che possa produrre risultati al vertice dei capi di stato e di governo di giovedì e venerdì. Tuttavia il campo di favorevoli si sta allargando, anche ad alcuni paesi frugali. Il governatore della Banca centrale finlandese, Olli Rehn, ha proposto di utilizzare il Mes per allocare 80 miliardi per l’Ucraina in nome di “un’urgenza esistenziale”. La Lettonia è l’ultima a salire a bordo del progetto: “Dobbiamo guardare al denaro europeo, per esempio uno strumento di debito comune o un bond per aiutare l’Ucraina e per aiutare anche ad avviare il rafforzamento dell’industria della Difesa europea”, ha detto ieri il suo ministro degli Esteri, Arturs Krišjanis Karinš: “Siamo molto bravi in Europa a trovare soluzioni tecniche per i nostri obiettivi politici”. Secondo il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, “dobbiamo lavorare tutti quanti assieme con due obiettivi. Uno è quello di garantire la difesa dell’Ucraina. Se si può insieme fare di più, bene. Per quanto riguarda la difesa europea, anche l’idea di Eurobond può essere buona”. Secondo il commissario Paolo Gentiloni, “la difesa è un settore in cui il finanziamento comune sarebbe necessario. Sappiamo che è una discussione difficile. Spero che per una conclusione positiva non avremo bisogno di una nuova crisi”.

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