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Draghi all'Ue: riformare i meccanismi decisionali. Le sfide globali

Stefano Cingolani

Un fondo d’investimento europeo per gli obiettivi comuni, difesa compresa. Coinvolgendo anche i privati. A cosa sta lavorando l'ex presidente della Bce nel suo rapporto sulla competitività

Lo strumento migliore è emettere debito comune per finanziare gli obiettivi comuni, a cominciare dalla difesa. Ma non c’è accordo tra i principali paesi della Ue. L’idea di un vero “fondo sovrano” non è praticabile almeno per il momento: la sovranità europea fa venire l’orticaria e non solo al di là dell’Elba e del Danubio. Allora emerge un piano B: creare un fondo d’investimento pubblico-privato con un ruolo importante della Bei, facendo leva anche sul bilancio europeo. A questo sta lavorando Mario Draghi. Un percorso più accidentato tecnicamente, ma più realistico politicamente perché sarebbe d’accordo anche il ministro delle finanze tedesco, il liberale Christian Lindner. Sono ancora solo indiscrezioni a proposito del rapporto Draghi sulla competitività che si è già ampliato cammin facendo. 

Non c’è una difesa comune e non c’è un mercato comune dei capitali, ma l’Unione europea si sta avviando su una “terra incognita” proprio come fece Draghi alla Bce. Ieri l’ex presidente del Consiglio italiano si è recato al Parlamento europeo invitato da Bernd Lange presidente dell’organismo che coordina le commissioni. L’incontro si è svolto a porte chiuse e i contenuti del rapporto sono ancora riservati. Draghi ha esordito sottolineando i successi ottenuti negli anni scorsi, compresa la riduzione della dipendenza dal gas russo. Adesso si tratta di affrontare tre tendenze convergenti – ha detto –. Primo la rapida accelerazione della digitalizzazione e una profonda innovazione tecnologica” con il loro impatto sull’organizzazione del lavoro (basti pensare all’impatto dell’intelligenza artificiale). Secondo, il cambiamento climatico spinge tutti ad accelerare la transizione. Terzo, “un contesto geopolitico caratterizzato da una più grande tendenza al conflitto, sia economico sia militare, costringe l’Unione europea a riesaminare il suo approccio alla globalizzazione”. Tutto ciò, ha aggiunto Draghi “rende urgente una riflessione complessiva sulle leve per rilanciare la competitività europea”. Ci sono mezzi e strumenti già a disposizione, ma occorre metterne in campo altri. “Ripensare le nostre politiche economiche per aumentare la nostra crescita della produttività e la nostra competitività è essenziale per preservare il modello sociale europeo”. 

Draghi ha rivolto ai parlamentari tre domande chiave: come mobilitare una spesa pubblica migliore per sostenere gli investimenti privati che guidano la doppia transizione; cosa possiamo fare per stimolare e accelerare innovazioni che siano all’avanguardia; come possiamo colmare il divario di competenze europeo. “Sono qui per ascoltare i vostri punti di vista”, ha aggiunto e ha chiesto di entrare nel merito con proposte specifiche nei vari settori. Non ha negato le difficoltà per le istituzioni europee e i governi nazionali di compiere scelte ardue. “Sarà essenziale costruire il consenso politico del quale c’è bisogno per raggiungere un accordo sulle questioni cruciali”. 

La discussione ha messo in luce tutte le difficoltà. Molti parlamentari hanno lamentato che le loro proposte trovano nel Consiglio europeo “un muro di gomma”. E Draghi ha sottolineato che bisogna riformare i meccanismi decisionali dell’Unione, non ha parlato in modo esplicito di superare l’unanimità per passare al voto a maggioranza, ma questo è il grande ostacolo da superare. La Ue che continua a chiedere riforme ai paesi membri, è ora che riformi se stessa, ha detto in sostanza Draghi. Di fronte all’elenco un po’ sconsolato delle proposte cadute in corso d’opera, l’ex presidente della Bce ha invitato a non dire sempre no a tutto, ma a rivolgere uno sguardo a quel che si può fare in concreto. E di cose da fare senza attendere una futura grande riforma ce ne sono tante. Perché il tempo stringe. Ha colpito l’accento messo da Draghi sulle guerre e sulla difesa, è questa la terza grande sfida che si è aggiunta a quella ambientale e a quella tecnologica. Ormai sovrasta le altre due e rende ancor più urgente trovare le risorse e gli strumenti per mobilitarle. Draghi ha sottolineato molto il coinvolgimento del mercato dei capitali e il nesso pubblico-privato. E’ l’ispirazione del possibile fondo europeo. Ma non solo. “La Ue va alla guerra con gli eurobond”, ha ironizzato il manifesto sulla proposta di  Paolo Gentiloni che vuole affiancare al Sure, il finanziamento contro la disoccupazione alimentato da obbligazioni europee, uno strumento simile dedicato a sostenere la Difesa. Draghi all’Ecofin di Gand ha parlato di “ingenti somme”. E la sicurezza sta diventando tutt’uno con la competitività.

 

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