Solidarietà miopi

Com'è che gli houthi affascinano così tanto

Paola Peduzzi

La milizia yemenita colpisce una nave americana e una petroliera. I costi di questi attacchi sono tutti sui conti europei. Eppure gli houthi sono popolari, sono considerati gli unici che fanno qualcosa per la causa palestinese. Lo stato disastroso dello Yemen, la propaganda delle milizie e chi ci crede

Gli houthi, i miliziani che governano in Yemen, hanno lanciato ieri un missile balistico contro l’Uss Carney, il cacciatorpediniere americano che pattuglia il Golfo di Aden e che ha abbattuto il missile. Poi hanno colpito una petroliera britannica, la Marlin Luanda, che avrebbe preso fuoco. Sono gli ultimi attacchi da parte degli houthi che, in nome del loro sostegno alla causa palestinese, ricevono elogi internazionali invero miopi, hanno reso il Mar Rosso non navigabile, con un impatto sul commercio internazionale – in particolare destinato all’Europa – molto costoso.

Persino la Cina, che pure gode di una specie di lasciapassare da parte degli houthi che tengono al riparo dai loro missili i mezzi russi, cinesi e ovviamente iraniani (l’Iran è il loro principale sponsor), sta facendo pressioni su Teheran per fermare gli attacchi. Una fonte iraniana anonima ha detto alla Reuters che ci sono stati dei colloqui in cui Pechino è stata esplicita con i funzionari della Repubblica islamica: “Se i nostri interessi sono messi a rischio, ne risentiranno i nostri affari con voi. Quindi dite agli houthi di fermarsi”.

Una delegazione della milizia yemenita è stata anche a Mosca, ma secondo gli scarni resoconti lì non ci sarebbero stati rimproveri da parte del Cremlino, ma conversazioni su come continuare a sostenere Hamas contro Israele.

I danni al commercio internazionale sono grandi, Confartigianato ha pubblicato delle cifre allarmanti sul commercio italiano, l’Ispi ha valutato che i costi di trasporto di un container “tipico” da Shanghai a Genova sono aumentati del 350 per cento nelle ultime sei settimane: la crisi è considerata per ora regionale e non globale – la regione che soffre è la nostra – ma “gli effetti sull’inflazione potrebbero essere significativi soprattutto per l’Europa”, scrive il centro studi, con un aumento generale dei prezzi nel continente dell’1,8 per cento entro 12 mesi e dell’inflazione “core” dello 0,7 per cento “rispetto a uno scenario senza crisi”.

Eppure gli houthi raccolgono un grande consenso: sono considerati gli unici che fanno davvero qualcosa per la causa palestinese, capitalizzano sull’ostilità generalizzata nei confronti di Israele e delle sue operazioni a Gaza, producono video e musiche che ammiccano al loro coraggio e alla determinazione ad andare “fino alla fine” nella loro difesa dei palestinesi oppressi. Oltre ai cosiddetti “influencer pro houthi” sui social – il più famoso è Rashed al Haddad, giovane e carino, bandito da TikTok ma rifugiatosi su Instagram e X – ci sono anche i politici yemeniti, come Mohammed al Bukhaiti, che si è messo a postare in inglese con l’obiettivo di raggiungere un pubblico più ampio e che dice: “La vittoria nella battaglia del riconoscimento è più importante della vittoria sul campo di battaglia”.

Gli esperti raccontano che la macchina della propaganda degli houthi è diventata sofisticata durante la guerra civile iniziata nel 2014 quando la milizia si ribellò al governo – per questo sono ancora definiti ribelli, anche se sono sempre stati una milizia e oggi controllano la maggior parte del paese e le sue istituzioni. Si ponevano come una forza anticapitalista, contro la corruzione e le ingerenze straniere (oggi al Bukhaiti consiglia di leggere Noam Chomsky), nelle piazze urlavano il loro motto: “Morte all’America, morte a Israele, maledetti siano gli ebrei”, e sono riusciti a sopravvivere agli attacchi mortali dei sauditi, il che li ha resi ancora più popolari.

La guerra civile ha causato la catastrofe umanitaria più grave e meno raccontata del pianeta, l’80 per cento della popolazione ha bisogno degli aiuti internazionali per sopravvivere – aiuti che gli houthi distribuiscono in modo arbitrario e che in grande parte tengono per sé – e una città, Taizz, è sotto assedio e contesa da nove anni, in condizioni spaventose.  Ma come spesso accade con la propaganda, il problema non è soltanto chi la fa, ma anche chi ci crede. Questo presunto romanticismo affascina moltissimo e si salda con il sostegno alla causa palestinese contro Israele e l’America (America che ha reinserito gli houthi nella lista dei terroristi, ha messo delle sanzioni e che, assieme al Regno Unito, ha colpito le basi militari houthi a difesa in particolare degli interessi commerciali europei), al punto che molti dicono: per fortuna che ci sono loro.

La fortuna, per gli yemeniti, è questa: oltre alla povertà e alla fame, i bambini vengono arruolati come soldati (secondo il Panel di esperti dell’Onu sullo Yemen redatto l’anno scorso, ne sono morti duemila tra il 2020 e il 2021) oppure indottrinati nelle scuole legate agli houthi perché le famiglie non hanno altri modi di far studiare i loro figli; le donne vengono vendute, muoiono di parto a un tasso straziante, e vengono condannate a morte, come è accaduto a una attivista la scorsa settimana, per “spionaggio”.

Gli houthi dovrebbero occuparsi del paese che governano ma invece usano i soldi a loro disposizione per attaccare Europa, America e Israele e si beano del sostegno di chi li considera coraggiosi e romantici. 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi