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Medio Oriente

La Cina sta a guardare mentre Iran e Pakistan si bombardano. Qual è il solo nemico comune

Francesca Marino

Il Pakistan deve ricompattare il paese in vista delle prossime elezioni. L’Iran deve convincere della sua lotta contro il terrorismo. La Cina, che ufficialmente invita i due alla calma, tiene mano a entrambi in nome degli investimenti

I fatti: lo scorso 16 gennaio l’Iran lancia 14 missili e 7 droni suicidi nella zona di Panjgur, nel Belucistan pachistano per colpire, secondo quanto dichiarato da Teheran, postazioni della Jaish-ul-Adl. Sempre secondo Teheran, l’attacco dell’esercito iraniano è avvenuto come rappresaglia per la morte di 11 membri delle Forze di polizia iraniane, uccisi dalla Jaish il mese scorso. Il Pakistan risponde dopo meno di quarantotto ore attaccando “nascondigli di terroristi del Balochistan Liberation Front e del Balochistan Liberation Army” nel Sistan-Balochistan in territorio iraniano. 

Secondo i comunicati ufficiali, i “bombardamenti di precisione” di entrambi gli eserciti hanno mancato clamorosamente il bersaglio ammazzando, in compenso, un certo numero di donne e bambini. La Cina, la Turchia e, clamorosamente, i talebani, si affrettano a invitare Tehran e Islamabad alla calma. Che tornerà con tutta probabilità a regnare visto che, quasi certamente, entrambi i governi hanno ottenuto ciò che volevano. Tra i due bombardamenti, sono successe un paio di cose interessanti: la Jaish-ul-Adl ha emesso un comunicato per spiegare  che gli iraniani volevano in realtà bombardare il Sistan-Balochistan (in Iran) e hanno sbagliato il tiro. E gli Hezbollah twittavano (per poi ritirare il tweet omettendo il rifermento al Pakistan) che le Guardie Rivoluzionarie “stanno compiendo un notevole lavoro contro il terrorismo globale. Questa volta colpendo (di concerto con l’esercito pachistano) il gruppo finanziato da Israele della JaishUl-Adl”. 


Per capire, bisogna fare un passo indietro. Considerare che in tutta l’area geopolitica, i rapporti tra gruppi eterogenei di guerriglia sono quantomeno fluidi e non obbediscono a rigorose leggi ideologiche ma, sempre più spesso, a pure logiche di profitto e ad alleanze momentanee nate per colpire obiettivi specifici in un certo momento particolare. E che i governi della regione, in particolare governi di stati che, come l’Iran e il Pakistan, non si fanno scrupolo di usare come proxy gruppi terroristici vari, giocano su più tavoli contemporaneamente. Il Balochistan è una regione di importanza fondamentale. È stato diviso in due nel XIX secolo: una parte è diventata una provincia dell’Iran, l’altra è stata indipendente fino al 1948, quando è stata invasa dal Pakistan. Sia in Iran che in Pakistan, il Balochistan è estremamente ricco di gas, oro, rame, uranio e petrolio. Eppure, in entrambi i casi, la regione ha il reddito pro-capite più basso del paese e l’80 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Sia in Pakistan sia in Iran, nell’area sono state installate moltissime basi permanenti dell’esercito (il Pakistan ha in Belucistan le sue installazioni nucleari) e si è incoraggiata l’immigrazione interna per tenere  eventuali rivolte sotto controllo. Secondo dati ufficiali, infatti, più della metà delle esecuzioni capitali iraniane avviene ai danni di cittadini beluci mentre nella parte pachistana migliaia di persone scompaiono ogni anno senza lasciare traccia. Il che ha fatto nascere un certo numero di gruppi armati separatisti in Pakistan e di gruppi armati in rivolta contro il governo in Iran. Teheran accusa apertamente ormai da anni i sauditi, gli israeliani, gli americani e anche il Pakistan di finanziare i gruppi beluci per destabilizzare il governo. Islamabad accusa da anni Tehran di chiudere un occhio sugli sconfinamenti dei gruppi armati pachistani all’interno del Sistan-Balochistan, e accusa l’India di fomentare la guerriglia beluci in Pakistan. 


Non deve quindi sorprender più di tanto l’ennesima scaramuccia tra Islamabad e Teheran: ammazzare beluci è, in entrambi gli stati, una specie di sport nazionale privo di conseguenze. E sia Teheran sia Islamabad in questo momento hanno interesse a un “diversivo”. Il Pakistan ha bisogno di ricompattare il paese intorno all’esercito in vista delle prossime elezioni. L’Iran deve mostrare i muscoli e convincere i suoi cittadini della sua lotta vincente “contro il terrorismo”. E la Cina, che ufficialmente invita i due litiganti alla calma, tiene mano a entrambi in nome degli investimenti: dell’accordo economico valido 25 anni firmato lo scorso anno con Teheran, e del China-Pakistan Economic Corridor. Pechino occupa di fatto economicamente (e in parte anche militarmente) il Belucistan pachistano: i militanti ammazzati dall’Iran gli fanno comodo, così come gli fa comodo la possibilità che i gruppi beluci colpiscano il porto di Chabahar (costruito dall’India) nel Sistan-Balochistan, a pochi chilometri dal porto di Gwadar costruito dai cinesi.
 

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