Parigi ripiomba nell'incubo del terrorismo islamista

Mauro Zanon

A Parigi un turista tedesco è stato ucciso da un uomo armato di un coltello e un martello, al grido di “Allah Akbar”. Diveva di essere stufo "di vedere dei musulmani morire in Palestina e in Afghanistan”

Parigi. Sono le 21.15. È una serata fredda, ma piacevole. Il cielo stellato, l’atmosfera natalizia e il profumo di crèpes nell’aria attorno alla Tour Eiffel. Fino a quando sul Quai de Grenelle, un individuo, armato di un coltello e un martello e al grido di “Allah Akbar”, si scaglia con una violenza inaudita contro un turista tedesco che stava passeggiando con la moglie: lo accoltella a più riprese e lo lascia in fin di vita in un bagno di sangue. Un tassista assiste alla scena, prova a fermare l’aggressore che attraversa tutto il ponte di Bir Hakeim fino a avenue du président Kennedy, attaccando altre due persone, un turista inglese, preso a martellate mentre stava camminando con la moglie e il figlio, e un francese di sessant’anni. Le forze dell’ordine presenti nell’area riescono a bloccarlo dopo una lunga fuga che si conclude in avenue du Parc de Passy e l’utilizzo a due riprese del taser. “Sono stufo di vedere dei musulmani morire in Palestina e in Afghanistan”, “Allah Akbar”, grida l’attentatore al momento dell’arresto, dicendo di aver agito in reazione a quanto accade a Gaza e accusando la Francia di essere “complice di quello che sta facendo Israele”.

Parigi ripiomba nell’incubo del terrorismo islamista, a poche settimane dall’attentato di Arras, dove un professore di lettere, Dominique Bernard, è stato sgozzato davanti agli occhi dei suoi studenti da un ex allievo radicalizzato,

Mohammed Mogouchkov. “Le mie condoglianze alla famiglia del cittadino tedesco morto questa sera in occasione dell’attacco terroristico. Il mio pensiero va alle persone ferite e attualmente sotto le cure dei medici. I miei ringraziamenti più sinceri ai soccorritori che hanno permesso di fermare rapidamente il sospetto”, ha dichiarato il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, attualmente in trasferta in Qatar.

Ma qual è il profilo dell’aggressore? Nato a Neuilly-sur-Seine nel 1997 da genitori iraniani non musulmani che avevano lasciato l’Iran per sfuggire al regime dei mullah, Armand Rajabpour-Miyandoab si è convertito all’islam in Francia, dopo essere stato a contatto con una delle figure più influenti della jihadosfera francese, Maximilien Thibaut. Nel 2016, aveva manifestato la volontà di combattere nelle fila dello Stato islamico nel territorio siro-iracheno e aveva progettato un attentato all’interno di un centro commerciale del quartiere d’affari della Defense, a ovest di Parigi: fu bloccato in tempo e condannato a quattro anni di prigione. Uscito nel 2020, era un sorvegliato speciale della Dgsi, ossia l’intelligence interna parigina, tanto da essere inserito nel registro degli schedati “S”, ossia degli individui considerati una minaccia per la sicurezza dello stato. Ma non è tutto. Oltre a Maximilien Thibaut, Armand Rajabpour-Miyandoab era in stretto contatto con l’attentatore di Magnanville, Larossi Abballa, che nel giugno del 2016 uccise una coppia di poliziotti presso il loro domicilio, Adel Kermiche, uno dei due jihadisti che ha sgozzato il prete di Saint-Étienne-du-Rouvray, Jacques Hamel, sull’altare della sua chiesa, ma anche con Abdoullakh Anzorov, il jihadista ceceno che ha decapitato il professore di storia e geografia Samuel Paty nell’ottobre del 2020. Insomma, c’erano tutti i segnali per pensare che prima o poi Armand Rajabpour-Miyandoab sarebbe passato all’atto.

In più, come riferito dal ministro dell’Interno Gérald Darmanin, soffriva di forti disturbi psichiatrici e da alcuni mesi aveva smesso di assumere i medicinali atti a contenere i suoi squilibri. È il “cauchemar français”, l’incubo francese, come ha scritto il vice direttore del Figaro Vincent Trémolet de Villiers nel suo editoriale. “La Francia è un paese dove si rischia di morire con una coltellata a qualsiasi ora, in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo. L’adolescente che va a una festa di paese e vi perde la vita. Un turista che contempla la Tour Eiffel e viene accoltellato davanti alla moglie, il professore che sta andando a scuola e viene ammazzato a sangue freddo. Questi crimini hanno motivazioni diverse, ma tutti sono generati da quel nido di vipere dove si uniscono il lassismo migratorio, la disintegrazione culturale, la delinquenza sistemica, il jihadismo d’atmosfera e la debolezza giudiziaria”.

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