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la sentenza

L'Europa non è contro i simboli religiosi

Pasquale Annicchino

L’imposizione di una neutralità assoluta negli spazi pubblici può giustificare il divieto di indossare sul luogo di lavoro qualsiasi segno che riveli convinzioni filosofiche o religiose, ha detto la Corte di giustizia Ue. Ma allo stesso tempo i giudici hanno lasciato un ampio margine di discrezionalità agli stati

L’imposizione di una neutralità assoluta negli spazi pubblici può giustificare il divieto di indossare sul luogo di lavoro qualsiasi segno che riveli convinzioni filosofiche o religiose. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha così stabilito che la ricorrente, di fede musulmana, nel caso contro il comune belga di Ans, così come deciso dall’amministrazione di appartenenza mediante regolamento, non potrà indossare il velo nonostante le sue mansioni siano svolte principalmente senza contatto con gli utenti del servizio pubblico. La Corte di giustizia, con una sentenza che lascia un ampio margine ai giudizi nazionali per adattare l’applicazione del diritto dell’Unione ai diversi contesti, in quanto “dev’essere riconosciuto un margine di discrezionalità nella concezione della neutralità del servizio pubblico che esso intende promuovere sul luogo di lavoro”, pilatescamente riconosce anche la possibile legittimità di “un’altra pubblica amministrazione, a seconda del contesto suo proprio e nell’ambito delle sue competenze, a favore di un’altra politica di neutralità, quale un’autorizzazione generale e indiscriminata a indossare segni visibili di convinzioni personali, in particolare filosofiche o religiose, anche nei contatti con gli utenti, oppure un divieto di indossare siffatti segni limitato alle situazioni che implicano contatti”.

Come accade con la Corte di Strasburgo, anche la Corte del Lussemburgo apre la fisarmonica del margine di discrezionalità per garantire margini di manovra agli stati. Così facendo, la manovra prevale sulla sostanza. Altrimenti dovremmo riuscire a capire come un divieto assoluto di indossare segni che rivelino convinzioni filosofiche o religiose, esteso anche ai dipendenti che non hanno contatto con il pubblico, possa mai conciliarsi con una sana nozione di neutralità e con il rispetto del diritto individuale alla libertà di pensiero, coscienza e religione.
 

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